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LA TOLLERANZA NON ESISTE (NESSUNO E' TOLLERANTE)
Chi ha almeno una convinzione farà di tutto per farla prevalere: anche chi si dichiara tollerante usa le maniere forti contro chi non la pensa come lui (l'esempio tragicomico della Nivea)
di Rino Cammilleri
 

Quando ho letto l'aforisma che la benemerita agenzia cattolica Zenit.org ha posto a esergo del suo lancio del 2 marzo 2017 ho fatto un salto sulla sedia. Eccolo: «La tolleranza è la virtù dell'uomo senza convinzioni». Sarà sfuggito di penna in un'agenzia in genere pacata e clericalmente corretta che, lodevolmente, mai si discosta dallo stile della conferenza episcopale italiana? Boh.
L'aforisma in questione l'ha scritto Gilbert K. Chesterton (1874-1936). Lo scrittore profetico (non a caso c'è chi ne propugna la beatificazione) aveva anche previsto che spade sarebbero state sguainate per sostenere che l'erba è verde e il cielo è azzurro. Infatti - tanto per dirne una - in Spagna le autorità hanno multato e sequestrato un autobus che recava la scritta «I bambini hanno il pene e le bambine hanno la vagina». Sì, perché l'ovvio non si può più dire: è reato di «intolleranza».

LA TOLLERANZA PRODUCE GALERA, LINCIAGGI E MORTE CIVILE
Come il goyano sonno della ragione produce mostri, così la c.d. tolleranza produce galera, quando non linciaggi e morte civile. Per forza: se ho una convinzione, vuol dire che io ho ragione e chi non la pensa come me ha torto. Tanto più forte sarà la mia convinzione, tanto più dura sarà la mia reazione contro chi non è d'accordo. Chi ha una convinzione forte farà di tutto per mettere a tacere chi si permette di dissentire. E' nella natura delle cose.
La «tolleranza» è una forzatura, non ha senso. Infatti, la natura si ribella e rimette le cose a posto. Qualche tempo fa il principe britannico William, figlio di Diana Spencer, fu visto a una festa - privata - mascherato da nazista e successe il finimondo. Era il massimo dell'autoironia in un inglese, ma venne costretto ad abiurare come Galileo. Se si fosse mascherato da khmer rosso nessuno avrebbe avuto da ridire; anzi, nessuno se ne sarebbe accorto.
Potremmo produrlo, ma sarebbe inutile, perché lo conoscono tutti: c'è un elenco preciso di cose che, se le fai o le dici, finisci in galera, e va sotto il nome generico di «politicamente corretto». E' la dimostrazione che la «tolleranza» non esiste, è stata solo un grimaldello dialettico usato per disarmare gli avversari, ora non serve più. Il famoso detto attribuito a Voltaire? Sì, quello che recita: non sono d'accordo con quel che dici ma darò la vita perché tu possa dirlo. Balle, non solo Voltaire non l'ha mai detto, ma gli insulti riservati a chi non la vedeva come lui dimostrano pure che si sarebbe guardato bene dal dirlo.

NEMMENO I TOLLERANTI TOLLERANO IL DISSENSO
Sì, perché chi ha una convinzione chiara, precisa e decisa non «tollera» dissenso. Al massimo lo sopporta momentaneamente. Basta vedere che fine fanno quelli che si permettono di dissentire col papa della «misericordia». Papa Francesco, infatti, ha una convinzione ben precisa e, come tutti quelli che ne hanno una, cerca di imporla. Bando alle ipocrisie, anche io farei lo stesso.
Chesterton ha avuto la vista lunga e ci aveva avvertiti che il re è nudo, ma lo abbiamo ascoltato - ahimè vanamente - soltanto noi «intolleranti», colpevoli solo di avere le idee chiare. E ancora, tanto per cambiare, la Chiesa si ritrova come è sempre stata, con due nemici da combattere, uno interno e l'altro esterno. Quello esterno è, ari-tanto per cambiare, l'islam. Quello interno è il «politicamente corretto», che invoca, a scopo autodemolitorio, il «dialogo» e la «tolleranza», due concetti cioè che - ci si faccia caso - fanno a cazzotti tra loro.

Nota di BastaBugie: Rino Cammilleri nell'articolo sottostante dal titolo "Nivea, il politically correct fa un altro schiavo" parla del colosso Nivea che è costretto a ritirare uno spot che associa il bianco alla purezza. La casa produttrice cade vittima dei guardiani rossi del politically correct, che ai tempi del nazismo sarebbero stati in prima fila contro i giudei. Ma Nivea non vuol dire "come la neve"? Razzista anche quella?
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 07-04-2017:
La Nivea ha dovuto ritirare uno spot pubblicitario di un suo deodorante che recitava «Il bianco è purezza». Apriti cielo sui social. Vedete, ormai non ha più senso parlare di «dittatura» del politicamente corretto, perché sono gli stessi schiavi a volerla. Se qualcuno «sbaglia» a parlare, ecco che torme di plagiati insorgono e lo linciano. Ma nella civiltà della «comunicazione», dove valanghe di chiacchiere si incrociano ogni giorno nell'etere, come si fa a sorvegliare la lingua? La svista è facile, dal momento che il politicamente corretto fa a botte col buonsenso e quest'ultimo riaffiora continuamente.
E' come con l'asfalto: se non lo rispalmi di continuo, l'erba(ccia) riemerge, perché è più forte. Anzi, è naturale, mentre il bitume non lo è. Il colore bianco è stato da sempre (sempre!) associato alla purezza, ne fanno fede i paramenti liturgici (vecchi di duemila anni) e il fatto che, in Africa, i missionari devono vestire di bianco, non di nero, perché anche per i nativi il bianco è il colore del sacro e, dunque, del puro per eccellenza. Del resto, basta aver frequentato un poco l'Africa per sapere che, tra gli africani, più chiaro (di pelle) sei e più bello sei giudicato. Quando alla mia ex colf filippina nacque un nipotino, la prima cosa che mi disse per magnificarne le fattezze fu che era «molto bianco». Fatevi un giro tra le colf filippine e vedrete quanto uso fanno di creme sbiancanti. E le geishe giapponesi? Avete visto quanta biacca (bianca) sulla faccia? E non si venga a parlare di influsso culturale colonialistico, perché le geishe avevano la faccia dipinta di bianco secoli prima di vedere un europeo da quelle parti.
Niente, la Nivea, spaventata, ha ritirato la pubblicità e si è profusa in scuse: non intendeva offendere (i neri). Spot razzista? Ma per favore! E che dovrebbe fare, la Nivea, cambiare anche la sua ragione sociale? «Nivea» in latino vuol dire «come la neve». E la neve, mi spiace, ma è razzista: mai vista neve nera, se non a Hiroshima dopo la bomba. «La discriminazione deve essere esclusa in tutte le decisioni e in tutti i settori delle nostre attività - ha dichiarato un portavoce della ditta -. Siamo profondamente dispiaciuti per chiunque possa essersi sentito offeso». Ma caro portavoce, a sentirsi offesi sono solo gli imbecilli dei social, i quali sarebbe opportuno contarli, prima o poi. Si scoprirebbe che, magari, sono sempre i soliti nullafacenti pronti a sposare l'ultima moda per sentirsi esistenti.
Durante il nazismo sarebbero stati tutti con la svastica al braccio, solerti nel dipingere la scritta «juden» sui negozi ebraici. Sono le Guardie Rosse della rivoluzione politically correct, sono quelli che magari non usano deodoranti e, come cantava Battiato, «sono come sabbie mobili, tirano giù», verso il vuoto spinto del loro pensiero di plastica. Avviso ai bacchettoni trinariciuti dei social: esistono i film in bianco e nero. Protestate per quelli, così che avremo schermi interamente neri a prova di razzismo. Ma il problema non sono loro, il problema sono queste ditte che hanno paura perfino della loro ombra e si lasciano intimidire da quattro perditempo. Forza, Nivea, lascia perdere le creme, specialìzzati in abbronzanti.

 
Titolo originale: Elogio dell'intolleranza contro il politically correct
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06/03/2017