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«No, Vasco, no, Vasco, io non ci casco...». Così cantava qualche anno fa Jovanotti (un'altra «icona» della gioventù contemporanea da qualche decennio) e così verrebbe di cantare anche a me se non fosse che ho la stessa età del Rossi (il cognome nazionale) e, a differenza di lui, di cantare non mi va più. A sessantacinque anni un uomo normale sente tutto il peso della vita, vita la cui gran parte ha ormai alle spalle. E pure lui dovrà pur sentirlo, perché l'anagrafe è spietata. Anche se, per esigenze di copione, deve continuare a fare quel che fanno i dinosauri del rock, che a settant'anni seguitano ad agitarsi sul palco (come notava Ernesto Galli Della Loggia in un suo vecchio editoriale sul Corsera).
Gianni Morandi, settantadue, dal palco c'è pure caduto l'altroieri (ma poi ci è risalito: the show must go on). Il Gianni, pur con le rughe, ha conservato nell'aspetto una faccia e una silhouette giovanilistica, e pure la folta pettinatura, che per ovvi motivi ha dovuto tingere di rosso tiziano. Con Vasco Rossi il dna è stato più inclemente: pancetta accentuata, calvizie da nascondere sotto il cappellino e che il pizzetto brizzolato invano cerca di compensare. Ma che importa ai fans? Se uno è dio, è dio.
Esageriamo? No: «divo» vuol dire proprio divinità. E qualche anno fa mise a rumore il web il post di alcune ragazzine che, avallate dal padre divertito e compiaciuto, inneggiarono a Vasco in tal senso («Sei un dio»). E non c'è divinità (o «idolo», fate voi) che non richieda sacrifici. Nel megaconcerto di Modena i fans (da «fanatic») i sacrifici li hanno fatti, eccome. Dalle sei della mattina in piedi sotto il sole, per un «evento» che cominciava alle otto e mezza di sera. Restrizioni a non finire, perché la polizia, giustamente, non voleva situazioni alla Torino (panico e gente calpestata, anche a morte) o, peggio, alla Manchester (terrorismo). Così, anche le bottigliette d'acqua dovevano essere prive di tappo e la gente ha dovuto depositare pure le chiavi di casa. Più di duecento sono stati colpiti da malore, uno è perfino morto d'infarto [leggi: VASCO ROSSI LA VITA SPERICOLATA PRESENTA IL CONTO di Costanza Miriano, clicca qui, N.d.BB].
Ma per Vasco questo e altro. Confesso che conosco poche canzoni del Rossi nazionale. Ricordo soprattutto la prima, Vita spericolata, che fece dire a Nino Manfredi, presente a quell'edizione di Sanremo: «Ahò, se questo vuole una vita piena di guai, gliene dâmo un poco de li nostri!». E' arrivato in elicottero, come il papa. E, come il papa (Wojtyla) ha esortato a non avere paura. Be', non ha torto: ci sono almeno duecentotrentamila persone che pendono letteralmente dalle sue labbra, e quel che dice Vasco per loro è vangelo [leggi: ANTONIO SOCCI RISPONDE A VASCO ROSSI, clicca qui, N.d.BB].
Nei primi anni Settanta il cantautore scozzese Donovan fu processato (anche lui) per droga. Il giudice gli disse pressappoco così: lei ha una grande influenza sui giovani, cerchi di usarla per il bene. Donovan ne rimase molto impressionato e, scontata la condanna, pubblicò un album doppio contro l'uso delle droghe. Naturalmente, da quel momento il suo successo intraprese la via del declino. Tanto che, di quello che era considerato a quei tempi l'anti-Dylan, oggi è scomparso perfino il ricordo. E dire che, ai suoi tempi, veniva utilizzato perfino per la pubblicità del dentifricio («Are you a Donofan?») e, quanto a creatività, altro che Vasco. Epperò a quei tempi i concerti andavano a farseli in località deserte come Woodstock o l'isola di Whigt, e nessuno si sognava di interrompere le messe e i funerali o paralizzare una città intera per quelle che, la si giri come si vuole, sono solo canzonette.
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo sottostante dal titolo "Arriva Vasco e il parroco cancella la messa" riflette sul ruolo della Chiesa. Sempre più sembra prona al mondo: la messa è ormai un servizio a consumo slegato dal culto a Dio, un happening da cancellare se ci sono appuntamenti più importanti. E il Blasco, evidentemente, lo è. Peraltro anche il comune per Vasco dopo aver chiuso tutte le strade, costretto centri commerciali ad abbassare le serrande e invitato i modenesi a "fuggire" dalla città e a gettare la spazzatura il giorno prima, il Comune vieta anche i funerali. Così l'amministrazione toglie la libertà ai suoi cittadini con la scusa della super efficienza.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 giugno 2017:
Via la messa, arriva Vasco. Da diversi giorni a Modena non si parla d'altro. Il Modena Park si candida a diventare un concerto storico. Vasco Rossi celebra i quarant'anni di carriera e per l'occasione la sua città si sta prodigando in tutti i modi per omaggiarlo. Il concerto che si terrà sabato al Parco Enzo Ferrari ha già battuto ogni record, basti dire che saranno presenti più 220mila fan del rocker di Zocca. Insomma: un evento di quelli da ricordare per sempre.
E la città si è adeguata alle scomodità che l'arrivo di così tanta gente comporta. Il Comune ad esempio, dopo aver detto che il concerto risveglia il senso di appartenenza ad una comunità ha avvertito quanti volessero arrivare sabato sotto la Ghirlandina per fare altro che non sia partecipare al concerto: state fuori da Modena; anche il Ministero dell'Istruzione ha pensato bene di sospendere le prove orali della maturità nei due istituti del quartiere che gravitano attorno al parco Ferrari. Insomma: tutti sono così ben disposti ad assecondare l'evento che non ci si preoccupa più di tanto dei disagi dei cittadini.
Poteva la Chiesa rimanere indifferente a tanto clamore di sudori e euforia? No che non poteva. Infatti la parrocchia che si affaccia sull'ex autodromo dove il Drake provava le prime "Rosse", ha pensato bene di non "offuscare" l'evento, mettendosi, diciamo così, umilmente in disparte. Come? Cancellando la messa prefestiva prevista come ogni settimana per il sabato alle 18.
E' così che la Parrocchia di Gesù Redentore, fatti due conti e analizzata la situazione dei disagi di parcheggi e caos di chitarre e batteria pronte ad essere sguainate, ha annunciato che la messa salterà. Proprio così. Il parroco, premuroso lo ha deciso e lo ha anche scritto sul bollettino parrocchiale, affinché nessuno si trovi impreparato e si presenti in chiesa quel giorno: "A causa del concerto la messa delle 18 è sospesa", recita l'avviso pubblicato sul notiziario parrocchiale.
Ma il parroco non vuole passare per il solito guastafeste, uno di quelli che grida allo scandalo se i doveri verso Dio vengono messi in secondo piano. No. Infatti nell'avviso chiarisce le sue buone, anzi ottime intenzioni: "La comunità parrocchiale di Gesù Redentore - si legge sul foglietto degli avvisi distribuito dalla parrocchia - nel cui territorio parrocchiale si trova il luogo della manifestazione musicale, pur essendo consapevole dei disagi che l'evento provocherà ai residenti, apprezza vivamente che la musica diventi occasione per riunire insieme migliaia di persone in un evento che vuole essere prima di tutto di fraternità e di pace".
Insomma: tutti insieme appassionatamente nel nome del Blasco che fa il tifo per le cause Radicail. Vabbè, sono i tempi. Cioè: ci costringete a cancellare una messa, ma noi siamo contenti lo stesso perché la musica è un evento di pace e noi siamo del mondo e nel mondo, anche se un po' proni. Bisogna vedere se il titolare, che viene così sorpassato per importanza dal rocker di Zocca, sia contento, ma questo è un altro discorso.
Ovviamente la notizia non poteva non suscitare l'indignazione del web. E ovviamente non è mica colpa di Vasco, d'altra parte la decisione è stata presa dal parroco. E senza consultare il vescovo. "No, è una decisione che ho preso autonomamente - ha spiegato al telefono con la Nuova BQ il parroco don Fabio Bellentani -. D'altra parte ho deciso per ragioni di opportunità, sabato ci sarà molta confusione. Però domenica le messe si svolgeranno regolarmente". E ci mancherebbe altro!
In effetti il vescovo sembra non essere stato informato come ci ha confermato il suo segretario. Ma che cosa pensa mons. Erio Castellucci di questa soppressione forzata? "Lo impariamo ora da voi e comunque il vescovo di solito non interviene su queste questioni", ci fa sapere la sua segreteria particolare. D'altra parte che cosa potrebbe dire? Non siamo mica gli americani, verrebbe da dire. Sarà colpa d'Alfredo, allora. Ma in serata, voilà: l'ufficio diocesano delle comunicazioni ci comunica che «la decisione è stata presa di comune accordo col parroco perché raggiungere la parrocchia sarebbe davvero proibitivo e poi non ci sarebbe il clima di raccoglimento adatto per una messa».
Ecco che in due e due quattro la messa diventa un happening come un altro: un semplice servizio da spostare a piacimento se viene surclassato da altri happening più importanti in quel momento. O se per scomodità non si crea il clima adatto, a causa di un idolo, quello ben pagato del rock. Alla faccia di chi pensa che la messa debba essere celebrata sempre come fosse l'ultima e l'unica. Suvvia. O un servizio a consumo da fare o da non fare non primariamente per Dio, ma per i bisogni di un pubblico a seconda del numero di partecipanti. Eppure con uno, dieci o mille fedeli, non fa differenza: resta pur sempre l'atto di culto supremo gradito a Dio. Non ha il valore della tortellata di San Giovanni, che può saltare se mancano gli iscritti o se minaccia pioggia.
Ormai trionfa la legge del panem et circenses, quell'altro, di Pane, può aspettare e comunque il forno è l'unico aperto di domenica, quindi non lamentatevi. Miracoli di una Chiesa che a forza di essere in dialogo col mondo sceglie di togliersi un pezzettino di sé. In quanto al parroco chiediamo se, vista l'ora libera che si è concesso, sarà anche lui a cantare sotto al palco a squarciagola Vita spericolata: "No, Vasco non è il mio genere", ci dice. Capito. Si vede che resterà sdraiato sul divano, a parlar del più e del meno. Come nelle favole.
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