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E' oramai diventata un vero e proprio caso nazionale la vicenda del "ritiro dei libri gender" che coinvolge il neosindaco di Verona, Federico Sboarina. A mettere in moto la macchina da guerra LGBT contro la nuova amministrazione veronese è il punto del suo programma elettorale in cui si prevede il «contrasto alla diffusione delle teorie del gender nelle scuole» e il «ritiro dalle biblioteche e dalle scuole comunali o convenzionate (nidi compresi) dei libri e delle pubblicazioni, che promuovono l'equiparazione della famiglia naturale alle unioni di persone dello stesso sesso».
Che la famiglia fosse una delle priorità d'azione di Sboarina si evince chiaramente anche in un altro passaggio dello stesso programma dove si legge che la nuova giunta si sarebbe impegnata «a respingere ogni iniziativa (delibere, mozioni, ordini del giorno, raccolta firme, gay pride, ecc.) in contrasto con i valori della vita, della famiglia naturale o del primario diritto dei genitori di educare i figli secondo i propri principi morali e religiosi».
LE REAZIONI
All'indomani dell'elezione del nuovo sindaco di centrodestra tutti sembrano dunque essersi improvvisamente accorti che le sue linee programmatiche ponevano al centro la famiglia naturale oggi pesantemente minacciata da ogni fronte.
Tra i primi ad insorgere vi è stata l'Associazione italiana biblioteche, che ha parlato di «minacce di censura», subito spalleggiata dal presidente dell'Associazione Italiana Editori (Aie), Ricardo Franco Levi, che ha inviato una lettera alla neo presidente dell'Aib, Rosa Maiello, nella quale sottolinea come una società pluralista debba lasciare spazio a qualsiasi tipo di pubblicazione al di là del contenuto: «le parole ritiro dei libri dalle biblioteche, dalle scuole e persino dai nidi d'infanzia non sono mai accettabili per nessuna ragione. Mi auguro che il sindaco di Verona riveda il suo programma. Invece del ritiro dei libri, potrà impegnarsi a fornire le risorse per arricchire le collezioni delle biblioteche, comprese quelle scolastiche. E per la scelta dei libri si fiderà della professionalità, sensibilità pluralista, competenza e passione dei bibliotecari e degli insegnanti veronesi».
Secondo Alex Cremonesi di Arcigay Verona il diktat relativista è un "fatto" del quale dobbiamo farci una ragione: "Invitiamo il neosindaco a riflettere e a rispettare i principi laici e plurali della nostra Costituzione alla quale il suo ruolo lo chiama a rispondere. Che al primo cittadino piaccia o meno, le molteplici forme dell'essere famiglia e della genitorialità, le differenze razziali e religiose, le diversità di orientamento sessuale e di genere sono un fatto, anche a scuola, può scegliere solo se rispettarle o meno". [...]
La polemica dei "libri gender" ha raggiunto anche il Parlamento dove il portavoce alla Camera per il Movimento 5 Stelle Mattia Fantinati è intervenuto, rivelando ancora una volta la posizione dei grillini in materia: "Bandire i libri che trattano di famiglie cosiddette gender da scuole, asili e biblioteche è da mentalità retrograda, medioevale e ricordano gli inizi di una delle più becere dittature in cui si vietano da subito i libri e la libertà di espressione. Le idee vetuste, folli ed anacronistiche del sindaco Sboarina non possono essere accettate".
L'unica voce fuori dal coro è stata quella del consigliere comunale Alberto Zelger che ha espresso la sua solidarietà al nuovo sindaco evidenziando quello che è il cuore del problema: "Sboarina è stato votato dalla maggioranza dei veronesi anche per questa sua decisa presa di posizione contro ogni tentativo di indottrinamento dei bambini a favore dell'ideologia del gender, che vorrebbe equiparare la famiglia formata da un uomo e una donna, all'unione di due persone dello stesso sesso. Qui non si tratta di mandare al rogo dei libri ma di investire il denaro pubblico, destinato alle scuole e alle biblioteche, per veicolare modelli familiari in linea con la Costituzione e con il comune sentire dei nostri cittadini".
TOLLERANZA A SENSO UNICO
Le parole di Zelger centrano perfettamente il nocciolo della questione. Sboarina ha incentrato la sua campagna sul tema della famiglia ed è stato votato "dalla maggioranza dei veronesi anche per questa sua decisa presa di posizione contro ogni tentativo di indottrinamento dei bambini a favore dell'ideologia del gender". Le sue intenzioni, una volta eletto, erano scritte nero su bianco nel proprio programma elettorale e quindi non si capisce dove sta il problema.
A ben vedere, il problema consiste nel fatto che i paladini della "tolleranza" e della "diversità" non accettano che venga messo in discussione il loro diktat etico relativista che, in nome del principio di "non discriminazione", mette sullo stesso piano e chiama "famiglia" qualsiasi tipo di unione, arrivando, in maniera abile ed indiretta, a distruggere l'unico modello vero di famiglia composto da un uomo e una donna.
Se i teorici del Sessantotto proclamavano la "morte della famiglia", gli ideologi del gender celebrano dunque la comparsa di diverse forme di famiglia per proclamare che "tutto è famiglia": uno slogan astuto e dall'evidente sapore ideologico per dire che "niente è famiglia". Si tratta di un chiaro stratagemma che, equiparando i diversi modelli di unione, punta a minare l'identità dell'istituto famigliare naturale, svuotandolo della sua peculiarità e specificità.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).
ANDREW GARFIELD: SONO GAY SENZA L'ATTO FISICO
Andrew Garfield in passato ha interpretato Spider-Man. Ora veste i panni di Prior Walter, newyorkese omosessuale affetto dall'AIDS, nel nuovo adattamento teatrale di Angels in America di Tony Kushner. Per prepararsi ha guardato molte stagioni del serial America's Next Drag Queen, il cui interprete è appunto una Drag Queen.
Al termine di questa full immersion ha dichiarato: "Sono un uomo gay adesso, ma senza l'atto fisico". Il mondo LGBT è insorto. Sui social sono piovute critiche: «Non si diventa gay guardando una serie tv»; «Bene, allora io sono lesbica senza compiere l'atto fisico perché guardo Ellen DeGeneres», infine è stato accusato di «appropriazione culturale».
Una reazione quanto mai curiosa sia perché dimostra che l'omosessualità non è condizione intesa socialmente come inferiore ad altre bensì uno status sociale di prestigio la cui appartenenza è vincolata da norme severe; sia perché è la prova che l'omosessualità non può prescindere dall'atto sessuale e l'aspetto emotivo è relegato in secondo piano; sia perché contraddice uno dei cardini del pensiero gender: come la percezione di essere donna pur essendo maschio mi fa diventare donna, così parimenti dovrebbe valere per l'omosessualità: se mi sento gay chi potrà contraddirmi?
(Gender Watch News, 7 luglio 2017)
UNIVERSITÀ DI BRESCIA: PIÙ DI UN MILIONE DI EURO DALL'UE PER RICERCHE PRO GAY
L'università statale di Brescia ha vinto il progetto europeo «Call It Hate: Raising Awareness on Anti-LGBT Hate Crime» incentrato su politiche persuasive collettive per convincere che esiste una campagna d'odio contro le persone omosessuali. Più di un milione di euro si è portato a casa il dipartimento di Giurisprudenza. L'anno scorso ottennero un finanziamento di 700mila euro per aver vinto un altro progetto europeo: «Come Forward: Empowering and Supporting Victims of Anti-LGBT Hate Crime», teso ad aiutare le presunte vittime LGBT dei cd "crimini d'odio".
Un paio di considerazioni: se andiamo a vedere altri progetti europei su altre tematiche, ben più importanti, i finanziamenti sono assai inferiori. Tenuto anche conto che le persone omosessuali sono l'1-2% della popolazione, perché investire milioni di euro? Ovviamente solo per scopi ideologici. In secondo luogo sarebbe meglio spendere metà della metà di quella cifra per scoprire che non esiste nessun fenomeno di "omofobia" e così risparmiare in ricerche sui "crimini d'odio" che rappresentano solo campagne pro gay.
(Gender Watch News, 4 luglio 2017)
AVANTI CATTOGAY, A COLPI DI MENZOGNE
Non ci sono soltanto i gay praticanti a far parte di quella lobby che - come dicevamo pochi giorni fa citando l'allora cardinale Ratzinger - ha l'obiettivo di sovvertire l'insegnamento della Chiesa in materia di sessualità. Ci sono anche tanti vescovi e laici che in nome del discernimento e del "non giudicare" favoriscono e favoreggiano i rapporti omosessuali, facendo finta di non approvarli. Di esempi ce ne sono molti anche in Italia, ma in questi giorni - oltre al caso di Sant'Arcangelo di Romagna che presentiamo oggi in un altro articolo - ce ne è stato offerto uno dall'arcivescovo di Gorizia, Carlo Alberto Maria Redaelli, spalleggiato dal quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, Avvenire, nella persona dell'ormai irrefrenabile Luciano Moia.
Tutto nasce da quanto accaduto a Staranzano, paesone di 7mila abitanti nella diocesi di Gorizia, dove un educatore scout (Agesci) convola in unione civile con il suo convivente; il parroco lo invita opportunamente a lasciare il suo ruolo di educatore in parrocchia, ma il vice parroco - che è anche l'assistente scout - non è d'accordo e partecipa anche all'unione civile del suddetto. Dopo averci pensato ben 20 giorni, interviene finalmente il vescovo che, dice compiaciuto Avvenire, «spiazza tutti».
E ci credo che spiazza tutti, il vescovo dice il contrario di quanto la Chiesa ha sempre insegnato; al magistero della Chiesa ci aveva già pensato il parroco che, sul bollettino parrocchiale, aveva scritto che ognuno può scegliere di fare quel che vuole secondo le leggi dello Stato, ma «come cristiano devo tener conto di quale sia la volontà di Dio». E siccome sulla famiglia, seguendo Cristo, «la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna», va da sé che il capo scout che celebra nozze omosessuale non testimonia ciò che è vero. Tutti sono accolti nella Chiesa, dice il parroco, ma le responsabilità educative richiedono almeno condividere e credere ciò che la Chiesa crede. Per la cronaca - questo Avvenire ovviamente non ve lo dirà mai - il parroco già da tempo aveva cercato (invano) di coinvolgere il vescovo, visto che le tendenze omosessuali e la convivenza dell'educatore scout erano ben note a tutti.
Fin qui il parroco, ma il vescovo no: lui fa parte della nuova Chiesa del Discernimento, per cui va «alla ricerca della grazia» anche in questa situazione; il che «vuol dire anche individuare la volontà di Dio per la propria vita nella concretezza della situazione in cui si trova». E guai a pretendere «sempre e comunque princìpi chiari, astratti e immodificabili».
Insomma, ci dice la Genesi che Dio creò l'uomo maschio e femmina, ma non si deve usare questo criterio per giudicare le singole situazioni - secondo il vescovo Redaelli e Avvenire - perché pare di capire che sia possibile che Dio si è pentito di aver ispirato quel principio astratto e magari nella situazione concreta vuole che il capo scout si unisca civilmente a un altro uomo. Perciò il diretto interessato, la direzione dell'Agesci, i parrocchiani tutti si devono mettere «in ascolto dello Spirito senza pretendere di trovare ricette preconfezionate nelle Scritture o nella tradizione canonica» (il cardinal Martini docet). «È il grande principio del massimo bene possibile qui ed ora - ci annuncia trionfante Moia - richiamato più volte in Amoris Laetitia».
Evito di dilungarmi ulteriormente sulle varie amenità che costellano articolo e dichiarazioni del vescovo. Tiriamo invece alcune brevi conclusioni che si possono trarre da questa vicenda, conclusioni esemplari che fanno capire su cosa poggi questa neo-Chiesa:
1. IL TRIONFO DEL RELATIVISMO
Il bene e il male, in quanto tali, non esistono più. Tutto dipende dalla singola situazione e dalla persona. Ciò che è male per uno, diventa il "massimo bene possibile" per un altro. La legge naturale, le azioni intrinsecamente malvagie, la certezza di ciò che è il bene a cui tendere, tutto spazzato via. È il trionfo del relativismo, la negazione di ciò che la Chiesa insegna da Duemila anni;
2. IL DISCERNIMENTO È LA MASCHERA PER COPRIRE LE REALI INTENZIONI
Il discernimento è la maschera per coprire le reali intenzioni delle guide della nuova Chiesa. Mai si dice quali siano i criteri del discernimento, né quale sia la meta di un cammino del genere. Non a caso: perché il discernimento è una forma ipocrita per far passare cambiamenti dottrinali senza avere il coraggio di dirlo apertamente. C'è un Catechismo che a proposito degli atti omosessuali parla di disordine intrinseco? E chi se ne frega, noi ignoriamo il Catechismo, parliamo di discernimento ed ecco che gli atti omosessuali - senza aver mai esplicitamente negato la dottrina - diventano accettabili, in alcuni casi addirittura provvidenziali;
3. MANIPOLAZIONE DELLE SCRITTURE
Ingrediente fondamentale è la manipolazione delle Scritture, a mo' di confessione protestante. Ne prendo un pezzo, lo tiro fuori dal contesto, evito di citare passi che possono contraddire quel che voglio affermare e così via. Il vescovo Redaelli, ad esempio, per giustificare la presenza della grazia in una unione omosessuale cita san Paolo nella Lettera ai Romani, dove dice che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio». Ma non solo nel capitolo 8 della Lettera ai Romani San Paolo fa questa affermazione a proposito delle sofferenze del tempo presente - cosa che non c'entra proprio nulla con la vicenda delle unioni gay -; nella stessa Lettera ai Romani, alla fine del primo capitolo san Paolo si era già scagliato contro gli omosessuali. Vale la pena riportare il brano:
«Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s'addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa» (nota per quelli che vedono omofobi dappertutto: San Paolo non parla di morte corporale ma di morte spirituale).
4. TEMATICHE INEDITE?
E questo risponde anche all'altro artificio retorico: affermare che si tratta di confrontarsi con «tematiche inedite che prima non esistevano o finivano sotto silenzio», ci dice Avvenire. Tematiche inedite? San Paolo sembra conoscerle molto bene, ma anche nell'Antico Testamento sono tematiche ben note (Moia, ricordi Sodoma?).
La realtà è che solo un cumulo di menzogne può sostenere certi atteggiamenti e la complicità con l'agenda omosessualista. Ma questo è oggi un pensiero che domina nella Chiesa. Che si sappia.
(Riccardo Cascioli, La Nuova Bussola Quotidiana, 14 luglio 2017)
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