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Ci indignano, giustamente, molti aspetti barbarici e liberticidi dell'Islam. Ma pochi sanno di un cristianesimo assimilabile, in certi aspetti concreti, al comportamento di chi segue ciecamente il Corano. Nella Russia degli zar, cioè sino al 1917, le conversioni al cattolicesimo costituivano un reato gravissimo, paragonabile alla diserzione in guerra e al parricidio. L'abbandono della tradizione ortodossa per qualunque altra religione - anche per una confessione cristiana - era punito dallo Stato con il sequestro di tutti i beni, la perdita dei diritti civili e dei titoli nobiliari, per chi ne aveva, e prevedeva la reclusione a vita in un monastero o l'esilio in quella Siberia da cui ben pochi tornavano vivi. Tra i russi, anche illustri, soggiornanti all'estero si verificarono numerose conversioni al cattolicesimo o (seppur di rado) al protestantesimo: questo significava il non poter più tornare in patria, per non essere arrestati già alla frontiera, ma significava anche rappresaglie penali sulla famiglia del "traditore". Non siamo lontani, dunque, dalle condanne a morte dei musulmani per chi lasci la umma, la comunità islamica, la "chiesa" dei credenti in Muhammad ultimo profeta.
ORTODOSSI E ISLAMICI: LA STRETTA UNIONE TRA STATO E CHIESA
La violenza ortodossa viene da una concezione simile a quella dei maomettani, cioè la stretta unione tra Stato e Chiesa, l'intreccio inestricabile, la complicità tra autorità civili e religiose. Lo scisma orientale è figlio di Bisanzio, dove non esisteva distinzione tra Cesare e Dio. Non si dimentichi che i Concili erano voluti, convocati, indirizzati se non diretti dagli imperatori di Costantinopoli. A questi è stata subordinata la Chiesa degli inizi.
Questo schema è stato applicato anche dagli Zar di Mosca e poi di San Pietroburgo, capi anche religiosi, abituati a dare ordini alla gerarchia ortodossa, fino al punto di ottenere da essa la rottura del segreto del confessore se il peccatore gli aveva confidato cose che potevano nuocere alla monarchia assoluta. Ci si è meravigliati perché, alla caduta dell'Unione Sovietica, la Chiesa russa non ha chiesto conto ai comunisti della terribile persecuzione religiosa che portò, tra l'altro, all'uccisione di almeno 20.000 sacerdoti e alla distruzione del 90 per cento delle chiese. Il fatto è che quando il regime sovietico (dopo Kruscev, bonario nell'aspetto, in realtà sanguinario persecutore di quel che restava della Chiesa) quando il regime, dunque, abbandonò il programma della estirpazione totale di ogni religione, quel poco che restava dell'ortodossia riprese la sua tradizione millenaria. Quella, cioè, di essere docile scudiera del potere politico del tempo. Se, alla caduta dell'Urss, non ci furono rese di conti con il regime caduto, fu proprio perché le autorità religiose erano legate strettamente ad esso. Tutta la gerarchia era stata nominata dalle autorità comuniste e ad esse obbediva. Non era certo possibile chiedere conto dei massacri e delle terribili persecuzioni da parte di coloro da cui il brandello superstite di Chiesa dipendeva, servendo i despoti, con fedeltà a tutta prova. Ora, secondo la sua vocazione e la sua storia e senza neppure accennare al suo tragico passato sotto i soviet, la chiesa russa si è intrecciata con Vladimir Putin e lo sarà certamente con i potenti che seguiranno.
Non siamo dunque lontani, anche qui, dalla prospettiva islamica, dove non c'è distinzione tra religione e politica, tra fede e Stato.
L'INTOLLERANZA DEI PROTESTANTI ANABATTISTI
Abbiamo visto quale fosse l'intolleranza degli Zar e della loro Chiesa verso chi non aderisse o abbandonasse il culto di Stato. Visto che siamo in tema, vale la pena di dar conto di quanto trovo su un ritaglio che mi viene per mano. È un episodio storico non sospettabile di manipolazione apologetica cattolica: in effetti, sta su Riforma, il settimanale ufficiale della Comunità Valdese e di quella Metodista. Si parla degli Anabattisti, coloro che, radicalizzando la predicazione dei primi tempi del protestantesimo, rifiutavano il battesimo dei bambini perché ritenevano che potesse essere amministrato solo a chi fosse in grado di assumere consapevolmente un impegno di fede. Sul piano logico, non avevano torto: se, come affermavano Lutero e Calvino, la salvezza veniva unicamente dalla scelta per Cristo e dalla fedeltà al suo insegnamento, come si poteva pretendere questa adesione da dei neonati? Questi predicatori "eretici" per gli altri protestanti (che si erano affrettati a creare una copia della aborrita Inquisizione cattolica) si caratterizzavano anche, stando ai loro proclami, per pacifismo e non violenza: rifiutavano di portare armi ed erano contrari a ogni guerra. Ma, lo si sa, i buoni sentimenti, quando sono messi in pratica, non portano necessariamente a buoni risultati. Lasciamo così la parola alla pastora protestante che, sul giornale che dicevo, rievoca i fatti di quel tempo: "Mentre l'anabattismo iniziava a diffondersi in maniera significativa, proprio degli anabattisti abbandonarono la nonviolenza e si impadronirono con la forza di Münster, città cattolica della Renania, dove fu imposto il battesimo a tutti i cittadini adulti. Coloro che rifiutarono questa violenza vennero cacciati dalla città, come anche lo furono quelli che non volevano condividere i propri beni con gli altri cittadini o leggere libri diversi dalla Bibbia, unico testo che non fosse bruciato". Gli storici parlano di "sevizie abominevoli" per i cattolici dissidenti e ricordano che, avendo proclamata la poligamia, il capo degli anabattisti, dicendo di avere avuto il permesso dal Cielo attraverso una visione (esattamente come aveva fatto Maometto a proposito di mogli: al massimo quattro per tutti gli islamici, soltanto per lui, per una speciale concessione di Allah, un numero illimitato sia di consorti che di concubine), volle per sé ben quattordici donne, ovviamente scelte tra le più giovani e belle della sventurata città. Insomma, qui pure, una sorta di scenario "islamico".
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