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NELL'ACCOGLIENTE SVEZIA L'85% DEGLI STUPRI (SPESSO DI GRUPPO) SONO COMMESSI DA IMMIGRATI
Ma il Governo corre ai ripari: vieta alla polizia e ai giornalisti di dire la provenienza e la religione degli stupratori e, come soluzione, diffonde un video multi-lingue per l'educazione sessuale degli immigrati
di Rino Cammilleri

La Svezia, da sempre patria del sesso libero, ha un problema. No, questa volta non si tratta delle molestie, perpetrate da un francese ai danni di una ventina di donne altolocate, che hanno indotto l'Accademia svedese a non assegnare quest'anno il premio Nobel per la Letteratura. No, è qualcosa di più terra-terra: gli stupri per strada.
L'85% degli abusi, in particolare la violenza sessuale di gruppo, da quelle parti sono perpetrati da immigrati. Le statistiche ufficiali non riportano la nazionalità dei responsabili, per non suscitare rigetti xenofobi. Ma quelle ufficiose sì. Anche perché si tratta di un segreto di pulcinella. Svezia e Danimarca sono in testa a tale odiosa classifica e non si fa fatica a immaginare il meccanismo che porta a questo.

LA SOLUZIONE?
Sui barconi dall'Africa vengono soprattutto giovani maschi, dell'età in cui il testosterone è a mille. Catapultati dall'oggi al domani nei paradisi della libertà sessuale, non resistono. Evidentemente, le svedesi e le danesi a loro non si concedono facilmente, da qui i raptus. Naturalmente, i terzomondiali si sposano solo con donne della loro stessa etnia, donne «serie», mica con le disinibite europee, buone solo per una sveltina.
Ora, come si cerca, in Svezia, di ovviare al problema? Spendendo mezzo milione di euro per una serie di undici video animati che spiegano agli immigrati come si fa sesso. Ci sarebbe da offendersi, perché gli immigrati vengono trattati da poveri beoti, dimenticando che i televisori con parabola e i cinema ce li hanno anche a casa loro. L'Associazione svedese per l'educazione sessuale è un'organizzazione filantropica e opera di concerto con la ministra degli Affari sociali, che ha illustrato l'iniziativa in tivù. I video mostrano praticamente tutte le posizioni erotiche, anche quelle da performare con handicappati in carrozzina. Roba da kamasutra. L'audio è in molte lingue, dall'arabo al persiano, dal somalo all'urdu e al curdo. I migranti, che in Svezia rappresentano nientemeno che il 26% della popolazione, più di un quarto, gradiranno e faranno tesoro? O quei video serviranno solo a titillare ulteriormente le loro brame? Già qualcosa del genere era stato tentato in Germania, dove a illustrare agli immigrati il modo corretto di fare sesso in Europa era un sito internet.

NESSUN RISULTATO
Ma le (brutte) statistiche non si sono mosse di una virgola. E' il peccato originale dell'educazione sessuale: si ritiene che basti spiegare il meccanismo perché le cose vadano a posto da sé. Peccato che l'essere umano non sia una macchina. Le regole di comportamento non le ha rispettate nemmeno il fotografo francese che ha inceppato il premio Nobel, ed era uno di cultura europea, anzi di cultura alta viste le sue frequentazioni. Lo stesso si può dire per Harvey Weinstein, abituato al jet set di Los Angeles.
Per quanto riguarda i giovani immigrati, hai voglia di dir loro «si guarda e non si tocca»: gli ormoni sono più forti. E poi, a confermarli nell'idea che «le svedesi sono facili» ci sono gli episodi in cui operatrici dell'accoglienza di mezza età hanno intrattenuto relazioni sessuali con giovanotti immigrati, usandoli come gigolò. L'ultimo caso ha addirittura prodotto un'inchiesta, con tre di queste donne che hanno dovuto rassegnare le dimissioni. Già, perché i gigolò erano tutti minori. Anche se, va detto, quasi tutti quelli che sembrano minori non lo sono: dichiarano un'età inferiore per lucrare i vantaggi che l'accoglienza offre ai minorenni.
In Svezia se ne sono accorti di recente, ma come si fa a sapere esattamente quanti anni ha un migrante? Così, ventenni che sembrano diciassettenni vengono immessi nel bengodi sessuale. E volete che stiano buoni ad accontentarsi dei video?

Nota di BastaBugie: Lorenza Formicola nell'articolo sottostante dal titolo "L'ultima dell'Onu: accusa la Svezia di razzismo" racconta dell'Onu che è da poco andata in Svezia ed ha redatto un rapporto e bacchettato (per razzismo) il Paese dell'accoglienza. Il rapporto della polizia svedese di quest'anno, al contrario, fotografa una realtà in cui lo Stato sta perdendo il controllo di intere aree, finite nelle mani di criminali e radicali islamici.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 maggio 2018:
L'Onu è da poco andata in Svezia, ha redatto un rapporto e bacchettato il Paese simbolo per eccellenza dell'accoglienza e della generosità statale nei confronti degli immigrati. Per le Nazioni Unite gli svedesi sarebbero, infatti, colpevoli di eccessivo razzismo e discriminazione ai danni dei nuovi arrivati a cui il Paese ha aperto le porte ormai oltre quindici anni fa. Musulmani e rumeni sarebbero le vittime per eccellenza in una spirale di crimini d'odio razzisti che si è imposta in Svezia.
Il rapporto disegna scenari da incubo per le donne musulmane ora residenti in Svezia e per gli islamici in generale, ormai non più al sicuro nemmeno nelle moschee, perché vittime di una visione della realtà troppo "stereotipata". L'Onu, allora, ha invitato i giornalisti che usano scrivere di immigrazione, ad essere meno duri, per evitare di risultare, poi, colpevoli di anche "reati d'odio online". Il rapporto a firma Onu chiede, inoltre, che gli immigrati non siano più discriminati in termini di occupazione. Le Nazioni Unite hanno infatti criticato il Paese per la bassa assunzione di rumeni e per il fatto che i campi rom non sono in buone condizioni. Il che "non è accettabile", dicono. Alla Svezia, quindi, è stato concesso un anno di tempo dalla pubblicazione del rapporto per cambiare radicalmente il clima nazionale.
Eppure solo lo scorso anno la polizia svedese rendeva pubblico un altro rapporto destinato a denunciare l'esistenza di ben sessantuno 'no-go-zone'. Aree senza legge abitate da "immigrati non occidentali, principalmente musulmani" - si legge - e nelle quali sono stati individuati ben 5000 criminali. Ventitré, in particolare, delle sessantuno risultano più pericolose: sono i bambini, di soli 10 anni, ad essere coinvolti in gravi crimini. Un nuovo rapporto pubblicato, invece, proprio in questi giorni dal Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità (BRÅ) - che fa capo al Ministero della Giustizia - e riguardante i primi mesi del 2018, ha mostrato il pericolo di queste aree in cui è ormai vietato rivolgersi alla polizia e muoversi liberamente: i residenti temono ripercussioni dei criminali locali, e non solo contro loro stessi, ma anche contro le proprie famiglie. Secondo il BRÅ, oltre ad un vero e proprio "sistema giuridico parallelo", è "l'omertà" ad essere "norma consolidata" per chi abita quelle zone off limits. Una vera e propria mafia islamica. Il rapporto, d'altronde, rivela che è a questi 'criminali' che ormai i residenti si rivolgono, invece che alle autorità, quando hanno bisogno di qualcosa. Per quanto riguarda, poi, ogni tipo di questione riguardo divorzi, custodia dei minori e problemi familiari, è direttamente la moschea locale ad occuparsene. 
Di recente, un tribunale svedese si è pronunciato secondo principi allineati alla legge della sharia, quando la corte - che aveva come imputati due musulmani - ha giudicato come "comune" che una donna, violentemente abusata da suo marito, mentisse sugli abusi. E la giuria le ha anche rimproverato di aver coinvolto la polizia, invece di risolvere il problema consultando la famiglia del marito. Sempre recentemente la stampa ha raccontato la storia di una dodicenne musulmana, residente in Svezia, portata con la forza in Iraq e costretta a sposare suo cugino di 22 anni, che, secondo quanto riferito l'avrebbe anche precedentemente violentata. Dopo essere tornata in Svezia, ha dato alla luce due gemelli, ma la famiglia ha deciso che la soluzione migliore fosse, a quel punto, il divorzio e che i bambini crescessero con il padre in Iraq.
Dal 2005, quando è stato pubblicato il primo dei sopracitati rapporti del BRÅ, ci si è sempre rifiutati di rilasciare l'identità etnica dei 'criminali'. Solo recentemente si inizia a fare loro riferimento definendoli 'immigrati' e, per di più 'islamici'.
A febbraio, Peter Springare, ufficiale della polizia svedese, affermava che gli "stupri di gruppo sono un nuovo fenomeno culturale in Svezia, una conseguenza degli ultimi 10-15 anni di politica di immigrazione". Ma per queste considerazioni Springare è stato segnalato alla polizia e sottoposto ad un'indagine interna. "Troppo razzismo in quelle parole", è stato il commento di Anne Ramberg, segretario generale della Swedish Law Society. Del resto se è considerato "discutibile" in Occidente parlare delle conseguenze reali della immigrazione, in Svezia è da un pezzo considerato un vero e proprio crimine.
Intanto al governo svedese stupri e violenza non sembrano preoccupare troppo. Infatti, ai  9.000 minori non accompagnati e principalmente di sesso maschile - circa 7000 dei quali, secondo quanto riferito, risultano avere più di 18 anni e quindi niente affatto minori -, che hanno visto le domande di asilo respinte, è stato proposto il permesso di soggiorno temporaneo in Svezia, a patto che vadano a scuola. Sia la polizia che i tribunali migranti svedesi hanno fortemente criticato il governo, soprattutto perché la proposta è in netto contrasto con la legge svedese che richiede la possibilità d'identificare chi intende fermarsi nel Paese. E se questo requisito sarà sostituito con un fantomatico desiderio di istruzione, le autorità non sapranno mai più chi vive nel Paese. 
Sempre nelle ultime settimane la moschea della città di Bishop Modeus ha chiesto il permesso di trasmettere le sue chiamate alla preghiera in filodiffusione per le strade cittadine, per tre minuti, due volte al giorno, il venerdì. Del resto ci sono già due moschee in Svezia che lo fanno, una a Botkyrka - dove il permesso è stato concesso nel 2013 -, e una a Karlskrona. Il leader musulmano locale, imam Ismail Abu Helal, ha giustificato la pretesa dichiarando che l'invito alla preghiera consentirebbe ai musulmani d'integrarsi meglio nella società svedese. Il tipo di 'integrazione' che piace ai musulmani svedesi prevede, inoltre, l'invito a non partecipare alle feste religiose dei 'miscredenti' - i cristiani; parlare di ebrei come dei "nemici di Allah" e incoraggiare le donne a non vestirsi all'"occidentale", ma a "vestirsi decentemente fin dall'infanzia".
Ora resta solo da capire chi tra l'Onu o il BRÅ abbia prodotto il rapporto più fedele alla realtà. E comunque non è tutto. La Svezia, il paese europeo preso da tutti a modello per la sua generosa politica d'integrazione nei confronti dei richiedenti asilo, sta lanciando il suo disperato grido d'allarme anche in termini economici. Quel welfare sostenibile tanto celebrato e famoso per i generosissimi benefit ai nuovi arrivati, sta infatti oggi presentando il suo salatissimo conto. Quelli di Bloomberg segnalano che il Paese spera di aumentare la propria forza lavoro con, almeno, 207.000 persone. Eppure occorrerebbe un numero di gran lunga superiore per non mandare in bancarotta il suo "favoloso stato sociale". Il deficit di lavoratori potrebbe aggravare i servizi e aumentare, di tanto, i costi del lavoro. E le tasse.
L'invecchiamento della popolazione e la crescente integrazione degli stranieri stanno accumulando pressione sul suo stato sociale. Gli stranieri residenti, infatti, non hanno alcuna voglia di lavorare, anche perché, nel frattempo, è lo Stato che provvede.

 
Titolo originale: Svezia, il fallimento dell'educazione sessuale per immigrati
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18-05-2018