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Avevo appena cliccato salva quando il plin del cellulare mi ha distratto. E' un sms del mio amico x, che sta facendo un cammino di guarigione, per delle sofferenze che hanno messo in crisi - passeggera ma dolorosa - la sua identità sessuale. "Carissima amica - mi scrive - in tutta questa confusione soffro molto, nuovi dubbi si fanno strada dentro di me. Soprattutto in questi giorni in cui Martin e seguito fanno tremare la terra sotto i piedi alle persone "come me". Ciò che mi rincuora è sapere che la Verità abita il nostro cuore, anche il mio. Di fronte alla confusione del mondo e della Chiesa posso incontrare la Verità in me stesso, come insegna sant'Agostino".
Ecco, caro padre Martin, lupo travestito da agnello, lei è responsabile della sofferenza del mio amico, e le mie viscere materne ribollono. Lei finge di avere pietà del mio amico, ma il mio amico non se ne fa niente del suo abbraccio, di essere accolto in parrocchia e abbracciato e magari di avere qualche ruolo, tipo leggere dall'altare o dirigere il coro. Queste soddisfazioni da quattro soldi non interessano nessuno, se le tenga pure. Il mio amico vuole l'amore e una vita piena e feconda, vuole sapere chi è.
Io voglio molto bene al mio amico, quasi come a un figlio, ed è per lui che mi arrabbio da morire con Martin, con chi lo ha fatto parlare e con chi gli ha dato un ruolo in Vaticano (lo dico serenamente, anche i predecessori di Papa Francesco hanno preso delle cantonate clamorose nella scelta dei collaboratori).
LE SOFFERENZE DEI GAY
Martin usa le sofferenze delle persone che provano attrazione verso lo stesso sesso per perseguire i suoi fini ideologici, cioè costringere la Chiesa a dire che l'omosessualità è una semplice variante normale della sessualità umana. La vuole costringere col solito vecchio trucchetto: finora la Chiesa è stata crudele con gli omo, e loro stanno male per colpa della Chiesa. Martin non vuole ammettere che la sofferenza delle persone che provano, o meglio credono di provare, attrazione verso lo stesso sesso è una sofferenza interiore e radicata, e preferisce invece dare la colpa alla condanna sociale. Ma siccome gli ultimi ad avere il coraggio di dire che l'ASS è un disordine sono rimasti ALCUNI cattolici, sempre di meno, e il Catechismo della Chiesa Cattolica, l'equazione è presto fatta: la Chiesa deve smettere di essere cattiva e così quelle persone saranno finalmente felici.
Lo ha detto, nella sostanza, anche a Dublino, e lo ha fatto impunemente, nella sua relazione che gli è stata scandalosamente consentita davanti a una platea di famiglie che hanno bisogno di tantissimo sostegno e conforto e aiuto - sono le famiglie le vere emarginate della società - per di più in un momento in cui la questione dell'omosessualità nella Chiesa è deflagrata con incredibile potenza.
La sua narrazione è sempre quella, e da uno che appartiene a un ordine che rappresentava la crema intellettuale della Chiesa ci aspettavamo più raffinatezza. Il ritornello, variamente declinato, si ripete. Poverini gli omosessuali. Soffrono perché sono emarginati. Piangono. Si sentono esclusi. Sono vittime di stragi (peccato che quella di Orlando su cui ha scritto un libro è stata ad opera, si è poi scoperto, di un frequentatore del locale gay). Sono giudicati. Sono tagliati fuori (peccato che sono tantissimi nella Chiesa, e fanno carriere fulminanti, occupano seminari, hanno siti di incontri per preti gay pubblici, diventano cardinali).
La realtà è esattamente opposta a questa narrazione, e più gli omosessuali prendono potere nella Chiesa, più bisogna oscurare questa realtà ripetendo più e più volte la bugia che loro sono normali e la Chiesa è cattiva.
LA COLPA PIÙ GRAVE
La cosa più grave della relazione di Martin, la colpa di coloro che lo stanno appoggiando, è che le persone che provano attrazione verso lo stesso sesso soffrono davvero. Se anche la Chiesa smette di dire loro la verità, non ci sarà via di uscita alla loro sofferenza. C'è in loro una ferita, e la loro attrazione è una risposta a quella ferita. Quelli come padre Martin li incoraggiano a stare in pieno nella loro ferita, invece che a cercare un percorso, a far passare attraverso quella ferita, nella castità e in un rapporto sempre più vero e reale con l'unico che ci ama in modo perfetto, un fiume di amore vero che risani e porti alla felicità. Quelli come padre Martin incoraggiano le persone a buttarsi, spesso con voracità, in relazioni false, incapaci di compiere il desiderio e la sete del loro cuore.
Secondo lui l'omosessualità è una condizione innata, e invoca la scienza a conforto di questa sua posizione. Ma non si può negare che sulla questione della genesi dell'omosessualità non ci sia unanimità. Allora perché a Dublino è stato invitato a parlare di questo solo un prete, con grande probabilità parte in causa nella questione, e non un qualche esperto, uno psichiatra, che sostenesse anche l'opinione contraria, cioè quello che dice il catechismo? Ce ne sono, ce ne sono molti. Perché almeno non si è fatto un contraddittorio?
Caro, tenerissimo amico x, ricordati: nella Chiesa, nonostante le gerarchie e i padri Martin, i cardinali stupratori seriali e i seminari teatri di orge, la Verità rimane custodita, ferma e salda, e voi non siete soli. Troverete sempre dei fratelli pronti ad accompagnarvi nel cammino verso la cima, e non a darvi, come fanno i pastori bugiardi, una spinta perché cadiate definitivamente nell'abisso.
Nota di BastaBugie: Giuliano Guzzo nell'articolo seguente dal titolo "Non tingete la Chiesa di arcobaleno" commenta l'intervento del gesuita James Martin all'incontro mondiale delle famiglie.
Ecco l'articolo completo pubblicato nel suo blog il 25 agosto 2018:
Troppo, per me. Ho più volte provato a leggere l'intervento del gesuita James Martin al World Meeting of Families, ma per me è troppo una relazione in cui il lessico arcobaleno surclassa quello cristiano (l'acronimo «Lgbt» ricorre 96 volte, parecchie di più di «Gesù», 26, e di «Cristo», nominato appena 3 volte, come fosse un refuso) e in cui soprattutto si fa una gran confusione. Mi spiego. Può essere capitato, anzi sarà senz'altro capitato, che dei battezzati, pure dei religiosi, abbiano assunto atteggiamenti di pregiudizio, se non peggio, verso persone con tendenze omosessuali, ma questo che significa? Che sono stati sbagliati quei singoli atteggiamenti, o che è sbagliato l'insegnamento morale della Chiesa? Padre Martin non arriva a dirlo apertamente, il coraggio non è il suo forte, ma è chiaro che è sulla seconda ipotesi che vuole andare a parare.
Inoltre, nel suo intervento affastella imprecisioni e bufale. Per esempio quando lascia intendere che l'orientamento omosessuale delle persone sia del tutto innato (cosa mai dimostrata) o quando afferma il legame tra suicidi di soggetti con tendenze omosessuali e religiosità familiare (cosa non dimostrata, infatti Martin parla di «uno studio», uno solo, e manco riporta quale). Ma soprattutto mi ha infastidito l'espressione, ripetuta allo sfinimento, «cristiani Lgbt», per il semplice fatto che, credo non l'unico, io sono un cattolico disorientato, uno spesso infedele, uno troppo spesso peccatore, ma un «cattolico etero» proprio no. Quest'insistito categorizzare infatti mi spaventa non solo perché risulta poco evangelico, ma perché è molto diabolico dato che il diavolo è proprio colui che divide. Ecco, fossi a Dublino chiederei a padre Martin perché al divisore e tentatore non ha fatto il minimo accenno, anzi no. Il gesuita ha già straparlato abbastanza.
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