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Caro padre Angelo Bellon,
in questi giorni ho letto un'affermazione che mi ha lasciato male.
Ecco l'affermazione: "E se proprio uno è gravato da una colpa mortale e vuol fare la Comunione, già il Concilio di Trento gli dà il permesso, a patto che prima compia un atto di contrizione perfetta col proposito di confessarsi dopo la Messa".
Chiestane privatamente una delucidazione ecco quanto mi ha risposto: "il passo del Tridentino si trova nella Sess. XIV, c.4 (Denz 1677). Del resto, il principio su cui mi baso è tradizionale nella prassi ecclesiale, e Lei stesso ne cita un'applicazione in riferimento al sacerdote che deve dir Messa e si accorge di essere in stato di peccato mortale.
Se è perdonato lui senza confessarsi prima, lui, che consacra il corpo del Signore, a maggior ragione potrà essere perdonato il fedele che si limita ad assumere il corpo del Signore già consacrato.
È vero che è diverso il caso del sacerdote che deve dir messa senza poter essere sostituito, da quello del fedele, che effettivamente può fare la Comunione in un'occasione successiva. Tuttavia, la suddetta prassi non ha nulla a che vedere col sacrilegio, a patto che il soggetto emetta un atto di sincera contrizione. Infatti Dio può dar la grazia anche senza i sacramenti, se nel soggetto c'è sincero pentimento".
Le sarei grato se potesse mandarmi una risposta chiarificatrice in merito.
La ringrazio e Le auguro buon lavoro.
RISPOSTA DEL SACERDOTE
Carissimo,
sì, è vero. Il Concilio di Trento afferma che "la contrizione può essere resa perfetta dalla carità e riconciliare così l'uomo con Dio già prima che questo sacramento sia realmente ricevuto.
Tuttavia questa riconciliazione non è da attribuirsi alla contrizione in se stessa senza il proposito, incluso in essa, di ricevere il sacramento" (DS 1677).
Per questo è sempre giusto e doveroso pentirsi in qualsiasi momento dei propri peccati per poter essere riconciliati con Dio, rendere meritorie le nostre azioni e non lasciarsi sorprendere dalla morte improvvisa senza il dovuto pentimento.
Tuttavia per fare la Santa Comunione il medesimo Concilio di Trento dice che "la consuetudine della Chiesa dichiara che quell'esame è necessario, perché nessuno consapevole di essere in peccato mortale, per quanto si creda contrito, si accosti alla santa eucaristia prima della confessione sacramentale" (DS 1647).
Dunque il Concilio di Trento dichiara che per fare la Santa Comunione non è sufficiente la contrizione, per quanto perfetta, ma si esige la Confessione.
È tutto il contrario di quanto ha detto quel teologo.
Pertanto non è vero quanto egli ha scritto: "Del resto, il principio su cui mi baso è tradizionale nella prassi ecclesiale". No, la prassi della Chiesa obbliga a fare il contrario. Anzi obbliga a fare quello che tu hai sempre creduto.
A proposito della consuetudine della Chiesa ecco che cosa dice San Tommaso: "La consuetudine della Chiesa, che sempre e in tutto deve essere seguita, ha la massima autorità.
Poiché lo stesso insegnamento dei Santi Dottori Cattolici riceve la sua autorità dalla Chiesa. E quindi si deve stare più all'autorità della Chiesa, che a quella di S. Agostino, di S. Girolamo, o di qualunque altro dottore" (S. TOMMASO, Somma teologica, II-II,10,12).
Y. Congar afferma che "i teologi hanno sempre considerato la Praxis Ecclesiae come normativa quando è costante ed implica una presa di posizione riguardante la fede" (Y. CONGAR, La fede e la teologia, p. 161).
Il Concilio di Trento dopo aver dichiarato quanto ho riportato aggiunge: "Il Santo Sinodo stabilisce che questa norma debba essere sempre osservata da tutti i cristiani, anche dai sacerdoti obbligati alla celebrazione in ragione del loro ufficio, a meno che non manchino di un confessore. Se poi, per necessità il sacerdote celebrasse senza essersi prima confessato, si confessi al più presto" (DS 1647).
Concede dunque un'eccezione per i sacerdoti per i quali manchi un confessore e abbiano l'urgenza di celebrare. Diversamente si creerebbe uno scandalo nel popolo.
Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che "chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione" (CCC 1385).
E il Codice di diritto canonico: "Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa né comunichi al Corpo del Signore senza premettere la confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave (nisi adsit gravis ratio) e manchi l'opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi che è tenuto a porre un atto di contrizione perfetta, che includa il proposito di confessarsi quanto prima" (can. 916).
Pertanto anche per i fedeli che abbiano commesso un peccato mortale non è sufficiente la contrizione, ma - come per il sacerdote - si richiedono le due altre condizioni: il grave motivo di fare la Comunione e la mancanza dell'opportunità di confessarsi.
In passato si diceva che ci deve essere l'urgenza di celebrare: urgeat. E per il sacerdote è proprio così perché si lascerebbero i fedeli senza la celebrazione della Messa.
In secondo luogo, oltre alla gravis ratio deve mancare la possibilità di confessarsi (deficiat opportunitas confitendi).
Ordinariamente è difficile che manchi l'opportunità di confessarsi. Con un po' di buona volontà un sacerdote lo si trova, soprattutto quando si vive in città.
Infine non è vero che fare la Santa Comunione con la sola contrizione "non ha nulla a che vedere col sacrilegio... Infatti Dio può dar la grazia anche senza i sacramenti, se nel soggetto c'è sincero pentimento".
Perché se è vero che Dio può dare la grazia anche fuori del sacramento, tuttavia il disprezzo della legge della Chiesa che chiede in maniera così forte di premettere la confessione sacramentale non è cosa da poco conto.
Anche la disobbedienza alle leggi della Chiesa in materia grave è peccato grave e in questo caso si tratterebbe di sacrilegio. Dispiace, e molto, che in materia così grave con tanta leggerezza vengano fatte affermazioni per cui si dice che è secondo la prassi della Chiesa quello che la Chiesa ha sempre condannato e tuttora condanna.
Per questo Giovanni Paolo II nell'enciclica sull'Eucaristia ha detto: "Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell'apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell'Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale»" (Ecclesia de Eucharistia 36).
10. A questo punto Giovanni Paolo II rimanda in nota a quanto ha detto il Concilio di Trento con riferimento a DS 1647 e in 1661. Ti ho già riportato quanto si legge in DS 1647.
Ed ecco adesso quanto si legge in DS 1661: "E perché un così grande sacramento non sia ricevuto indegnamente e, quindi, per la morte e la condanna, lo stesso santo sinodo stabilisce e dichiara che quelli che sanno di essere in peccato mortale, per quanto si credano contriti, devono accostarsi prima (necessario praemittenda esse) al sacramento della penitenza, se vi è l'opportunità di confessarsi (habita copia confessarii).
Se poi qualcuno crederà di poter insegnare, predicare o affermare pertinacemente il contrario, o anche difenderlo in pubbliche discussioni, sia perciò stesso scomunicato" (DS 1661).
Ti ringrazio della fiducia, ti ricordo al Signore e ti benedico.
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