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«La Raggi si è fatta braccio esecutivo di una sensibilità che riguarda una minoranza, come minimo non percepita come una priorità»: parole che non lasciano spazio a dubbi, quelle che la giornalista e scrittrice Costanza Miriano usa per descrivere quanto deciso e disposto dal sindaco di Roma. Si riferisce ovviamente alla campagna contro l'utero in affitto promossa da Pro Vita e Generazione Famiglia: manifesti e camion vela su cui campeggia sempre un bambino col codice a barre, per ribadire che i bambini non si vendono e non si comprano e le donne non si affittano perché l'essere umano non è una merce di scambio. Manifesti, neanche a dirlo, puntualmente censurati dal Comune di Roma. Atto gravissimo che ha meritato, a sua volta, la denuncia del presidente di Pro Vita, Toni Brandi e del presidente di Generazione Famiglia, Jacopo Coghe, contro l'amministrazione capitolina, per il reato di abuso d'ufficio.
Ecco cosa ne pensa Costanza Miriano.
Come valuta la campagna di Generazione Famiglia e Pro Vita contro l'utero in affitto, lanciata su Roma, davvero offende la dignità della persona, in questo caso il bambino nella foto, come è stato sottolineato dall'Istituto di autodisciplina pubblicitaria (IAP) dopo la memoria di Giunta del Comune di Roma?
«I sostenitori dell'utero in affitto sostengono che comprare un bambino è un atto d'amore, quindi dal loro punto di vista l'immagine di quel bambino non dovrebbe essere un'offesa, e chi valuta pessimo quel manifesto valuta pessimo l'utero in affitto, dunque inviterei questi censori a far pace con le loro posizioni. O l'utero in affitto è un atto di amore e un gesto di civiltà quindi quel bambino è molto fortunato oppure è un atto offensivo ma prima di prendersela con i manifesti bisognerebbe prendersela con i sindaci e le amministrazioni locali che lo stanno ratificando. Di conseguenza è evidentemente offensiva la pratica e non la pubblicità».
Costanza Miriano darebbe mai l'utero in affitto e perché?
«Ovviamente no: pensare di mettere in vendita la propria capacità di maternità e il proprio figlio, mi sembra offensivo dire che non lo farei per tutto l'oro del mondo. È semplicemente inconcepibile. Non lo farei per nessun motivo mai, perché sono un essere umano e non c'è bisogno nemmeno di far ricorso a motivazioni di fede. Sono un essere umano, una madre, una donna dotata di viscere, ma basterebbe essere anche dei semplici animali per non farlo: pensiamo all'ordinanza della Cirinnà che vietò di separare i gattini dalla propria madre».
I manifesti denunciano una pratica vietata e sono stati censurati sono di Pro Vita e di Generazione Famiglia. Vorrebbe dire qualcosa al sindaco di Roma, in proposito?
«Al sindaco di Roma vorrei dire che si tratta di un reato. In Italia ci sono agenzie che forniscono servizi per l'utero in affitto e ci sono pubblicità che istigano a questo reato e questi sono appunto manifesti che condannano un reato, credo che sia la prova, esattamente come la vicenda delle DAT, che conferma che il diritto sia morto. Nel momento in cui si tolgono i punti fermi anche il diritto diventa un terreno soggettivo, dove la percezione del sentire comune diventa di fatto più forte del diritto. Voglio dire al sindaco di Roma che ci sono così tanti problemi in questa città che è ormai allo sfacelo che cose più urgenti di cui occuparsi ce ne sono davvero tante. Se proprio ci si volesse occupare della questione dei manifesti, ce ne sono alcuni ai limiti della pornografia che vengono puntualmente affissi che sono molto più offensivi per la mia sensibilità di donna e di madre. La verità è questa: oggi il faro del pensiero comune non è la difesa della persona né del diritto ma l'autodeterminazione in campo sessuale e quindi tutto ciò che contrasta questa autodeterminazione e l'impero del desiderio eletto a legge, viene percepito come dittatoriale, offensivo. Non vengono presi seriamente in considerazione altri diritti: al lavoro, all'igiene, ai trasporti dignitosi, a non girare per strada con una salvietta profumata per non vomitare. Roma è una città davvero allo sbando, ma quelli dei cittadini romani non sono riconosciuti come diritti. E poi quanto offende le pupille dei nostri bambini, andare a scuola su marciapiedi invasi da rifiuti, topi, dai divani lasciati per strada e tra cassonetti rovesciati per strada? Questo vuol dire che viviamo in un mondo dove lo spazio comune non è rispettato e l'igiene non è considerata un valore e ciò offende molto di più di un manifesto che dice che i bambini non si comprano, ciò che offende quel bambino è la realtà stessa, non quella foto».
Cosa ne pensa del fatto che una minoranza come la lobby gay riesca in 24 ore a ingiungere a un sindaco la rimozione di questi manifesti ottenendola immediatamente dopo, com'è stato ammesso dal presidente del Circolo Mario Mieli durante una trasmissione radiofonica?
«Mi sembra la conferma di quanto sia appunto una lobby, capace di arrivare ai vertici del potere più alto anche perché c'è gente che si è bevuta la balla della persecuzione omofobica. Si vive con un ridicolo e ingiustificato senso di colpa nei confronti delle persone con tendenza omosessuale perché accogliere, non giudicare, non significa permettere certe carnevalate e la compravendita di bambini. Io penso che persone con tendenza omosessuale che siano oneste e leali ce ne sono tantissime, persone che vivono anche con sofferenza la propria condizione e che vengono accolte come tutti. Io credo che loro non siano d'accordo né con le pagliacciate dei gay pride né con l'utero in affitto che, bisogna sottolineare, non riguarda solo le coppie omosessuali ma anche quelle eterosessuali, anche se il bambino comprato da un uomo e da una donna almeno avrà una figura maschile e una femminile di riferimento».
Infine, cosa pensa della denuncia contro l'amministrazione capitolina, per il reato di abuso d'ufficio, presentata da Jacopo Coghe e Toni Brandi, i quali sottolineano come la censura dei loro manifesti non abbia alcun fondamento giuridico?
«Il buonsenso mi dice che c'è una scelta ideologica alla base del gesto del sindaco e non si tratta della punizione per un reato compiuto, siamo di fronte all'esposizione di un'opinione che peraltro, come hanno dimostrato i Family Day e le recenti elezioni, è un'idea ampiamente condivisa. Insomma la bocciatura avuta dal governo che ha fatto delle unioni civili la propria bandiera è stata molto sonora e significativa, sicuramente non è stata dovuta solo a una disapprovazione delle unioni civili ma alla percezione diffusa tra le persone che quella che è stata vissuta dal governo come una priorità era, come minimo, una cosa che non interessava a nessuno, la maggior parte della gente non la sente come una battaglia di civiltà ma come una cosa quantomeno irrilevante, contraria al sentire comune. Sono certa che le mamme che frequentano le scuole dei miei figli se potessero scegliere se togliere il manifesto con una donna seminuda e quello con il bambino nel carrello, sceglierebbero il primo. La Raggi, insomma, si è fatta braccio esecutivo di una sensibilità che riguarda una minoranza, come minimo non percepita come una priorità».
Nota di BastaBugie: nel seguente video si può vedere su YouTube una "intervista doppia" a Pro Vita e a Vladimiro Guadagno, in arte Luxuria.
Poiché chi ha pubblicato il video ha ritenuto di dover tagliare parte delle dichiarazioni rilasciate da Francesca Romana Poleggi (presentata come fondatrice di Pro Vita, in realtà co-fondatrice, insieme al Presidente Toni Brandi e ad altre persone) ed ha lasciato l'ultima parola a Guadagno, vogliamo offrire nell'articolo sotto il video la possibilità di completare i discorsi che risultano appena accennati, e con l'occasione replicare alle affermazioni del suo interlocutore.
https://www.youtube.com/watch?v=YrNAhsaFtyM
UTERO IN AFFITTO, PRO VITA RISPONDE A VLADIMIR LUXURIA
di Francesca Romana Poleggi (Notizie Provita, 01/11/2018)
1- LA DECISIONE DELLA RAGGI DI CENSURARE E MULTARE I MANIFESTI CONTRO L'UTERO IN AFFITTO
Non solo, come ho detto, è discriminatoria nei confronti di chi esprime liberamente un'opinione e quindi lede l'art.21 Cost. La censura di quei manifesti compie una sorta di apologia di reato in quanto il messaggio palese di Pro Vita è la condanna di coloro che violano l'art.12, comma 6, l. 40/2004, che vieta - appunto - l'utero in affitto.
Da un lato, in quei manifesti non c'è alcun giudizio di valore sulle persone con tendenze omosessuali di per sé; dall'altro non esiste nella legge positiva e men che meno nella legge naturale, né per loro né per altri, il "diritto a un figlio". Perciò il manifesto non lede alcun diritto. Piuttosto esiste in natura il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre.
2- L'UTERO IN AFFITTO È UNA PRATICA VIOLENTA
Guadagno parla di «linguaggio violento che istiga all'odio»: ma non è il linguaggio del manifesto a essere violento. È l'utero in affitto una pratica violenta nei confronti di donne e bambini e quindi odiosa.
Quanto all'immagine "sconvolgente" del bambino che piange: ha mai protestato qualcuno per le fotografie pubblicate dall'Unicef che ritraggono i bambini africani scheletrici e con gli occhi pieni di mosche?
3 - È VERO, I BAMBINI NON SONO SUGLI SCAFFALI: VENGONO ASSEMBLATI SU ORDINAZIONE
Dice Guadagno che non esiste un «supermercato con i bambini sugli scaffali»: vero! Esistono i cataloghi dei venditori di ovuli e spermatozoi, con tanto di foto e caratteristiche genetiche. Lì i compratori scelgono "gli ingredienti". Se vogliono e se possono aggiungono del loro (se offrono loro stessi parte dei gameti) e poi il bambino viene assemblato su un vetrino. Ha quindi ragione, Guadagno: il bambino non sta sugli scaffali, viene fatto su misura, a richiesta. E - come ormai si usa in tutte le cliniche che fanno fecondazione artificiale - si producono un certo numero di bambini a livello embrionale, si scartano eugeneticamente quelli non graditi, se ne congelano alcuni "di riserva" e se ne impiantano due o tre, sperando che attecchiscano. Difficilmente si annideranno tutti. Anzi. La fecondazione artificiale riesce 1 o 2 volte su 10 tentativi (e di tutti quei morticini a nessuno importa). Ma nel caso poi se ne impiantassero troppi si procederebbe ad aborto selettivo (e la donna che ha dato l'utero in affitto non si può rifiutare).
4 - LA FALSA DISTINZIONE TRA UTERO IN AFFITTO E MATERNITÀ SURROGATA
Guadagno sostiene di essere contrario all'utero in affitto, ma favorevole alla maternità surrogata offerta da donne che, economicamente indipendenti, volontariamente, in Paesi dove venga garantito il rispetto delle regole, forniscano il loro utero per custodire e partorire un figlio a coppie sterili o omosessuali.
Mostra di essere molto poco informato:
- Donne che danno l'utero gratis non esistono: c'è sempre un più che congruo rimborso spese, in cambio: e "quei soldi servono per...", cioè c'è un bisogno, una necessità che le costringe. Se certi diritti sono "indisponibili" è proprio per tutelare i soggetti più deboli e fragili: perché, ad esempio, il diritto alle ferie del lavoratore è irrinunciabile?
- In qualche caso è capitato che, davvero gratis, qualche parente (madre , sorella) abbia offerto il grembo per la figlia o il fratello. Una volta nato il bambino si sono scatenate controversie aspre, anche legali: se già le nonne a volte discutono con i figli a proposito dell'educazione dei nipoti, immaginiamo in casi come questi cosa accade. E a quel bambino chi glielo spiega che lui è "figlio della nonna" e "fratello della mamma"?
- Guadagno dovrebbe andare a leggere i contratti che firmano "volontariamente" le madri surrogate nei Paesi "civili" dove l'utero in affitto è "regolato dalla legge": contratti capestro, che rendono la madre surrogata schiava dei committenti per tutta la durata della gravidanza.
E comunque i bambini non si comprano e neanche si regalano: non sono oggetti.
Infine, la Redazione di Blitz Quotidiano non ha tenuto conto delle gravi questioni neuro - biologiche che sorgono con l'utero in affitto, cui ho accennato durante l'intervista:
- La madre surrogata è bombardata di ormoni per poter favorire l'impianto di un embrione che non ha geneticamente niente che le appartiene.
- Lo stress e le elevate dosi di cortisolo rilasciate dalla madre surrogata (che fa del tutto per non affezionarsi al bambino che ha in grembo) vanno a danneggiare la psiche della madre stessa e l'apparato neurovegetativo del feto. Stress che si accentua al momento del distacco dopo la nascita, e per il piccolo nel momento in cui gli viene a mancare il contatto con la mamma e il suo latte.
Il bambino venduto (o regalato) a seguito di utero in affitto contrae vere e proprie patologie psichiatriche.
E tutto questo, se anche non ci fosse la psichiatria perinatale a spiegare certe patologie psichiatriche che insorgono nei bambini che subiscono alla nascita certi traumi, basterebbe il buon senso per capirlo.
Per tutti questi motivi, anche intellettuali omosessuali di rilievo hanno condannato l'utero in affitto. In Francia Jean-Mathias Sargologos, Sébastien de Crèvecoeur e Jacques Duffourg-Müller; in Usa, militanti gay di fama internazionale come Gary Powell e femministe storiche come July Bindel, hanno pubblicamente invitato la comunità LGBT a fare un passo indietro rispetto all'utero in affitto e a condannare questa turpe pratica senza se e senza ma.
Dovrebbero rendersi conto - e qualcuno magari lo potrebbe spiegare a Guadagno - che gli omosessuali sono strumentalizzati da chi ha vero interesse alla diffusione di questo ignobile mercimonio: l'industria della fertilità, che fa miliardi sulla pelle di donne e bambini e che manda avanti i gay - con la loro potenza mediatica per la rivendicazione dei "nuovi diritti" - per sdoganare l'utero in affitto, della cui legalizzazione beneficeranno anche tante coppie etero super ricche che garantiranno così per sempre ingentissimi profitti ai suddetti intermediari.
5 - UNA FAMIGLIA, GIURIDICAMENTE, NON È UN "NUCLEO AFFETTIVO", COME INVECE DICE GUADAGNO
Infine, un'ultima nota sul concetto di famiglia illustrato da Guadagno.
Nessuna norma italiana definisce la famiglia come un nucleo affettivo. Anzi, alla legge dell'affetto e dei sentimenti non importa proprio niente. Alla legge interessa solo il legame stabile di un uomo e una donna che decidono di procreare e allevare bambini (per motivi sociali e di ordine pubblico).
I "nuclei affettivi" sono comunità di vario genere che hanno la tutela giuridica riservata agli enti di fatto, ma che non sono famiglie.
Su una cosa ha ragione Guadagno: è vero che tutti possono dare affetto, medicine, libri e cantare ninne nanne ai bambini. Sono bravissimi a farlo anche gli assistenti sociali che operano negli orfanotrofi.
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