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Il profeta Isaia, nella prima lettura, ci parla dell'amore di Dio per il suo popolo e paragona quest'amore a quello di uno sposo per la sua sposa: «Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo Creatore; come si rallegra lo sposo per la sua sposa, così il tuo Dio si rallegrerà in te» (Is 62,5). L'amore di Dio per noi sue creature è davvero infinito, va al di là di qualsiasi immaginazione. La beata Giuliana di Norvich una volta fu presa dal desiderio vivissimo di conoscere quanto Gesù avesse amato gli uomini. Tanto insistette nella supplica, che Gesù volle esaudirla. La Beata dovette interrompere subito quella contemplazione perché vide che stava letteralmente per impazzire alla vista dell'amore di Gesù; e per tutta la vita ella accusò se stessa di aver commesso una vera pazzia a chiedere di conoscere l'immensità dell'amore di Gesù. Dio ha tanto amato le sue creature da farsi Lui stesso uomo e morire in Croce per loro. Gesù stesso disse una volta a santa Margherita Maria Alacoque che non riusciva più a contenere le fiamme della sua ardente carità. Il Vangelo ci presenta l'episodio delle Nozze di Cana. Gesù e Maria sono invitati anche loro, probabilmente gli sposi erano loro parenti. E qui Gesù compie il suo primo miracolo, per intercessione della Madre sua. Il miracolo potrebbe sembrare come qualcosa di materiale: erano rimasti senza vino e Gesù viene incontro al loro imbarazzo. Ma c'è ben di più in questo miracolo. Con il cambiamento dell'acqua in vino Gesù ha voluto simboleggiare il passaggio dall'Antica alla Nuova Alleanza. La salvezza promessa nell'Antico Testamento ora si realizza con Gesù. Non era ancora giunta la sua ora, l'ora della Croce, della Redenzione, ma Egli vuole dare ugualmente un segno di questa salvezza ormai imminente. La risposta di Gesù alla Madonna potrebbe sembrare quasi di disprezzo. In realtà era solo una prova. Ella era certa della Bontà e Misericordia del suo Figlio e disse ai servi: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Come Lei, anche noi tante volte siamo provati nella fede e non vediamo il frutto sperato delle nostre preghiere, e tutto ci sembra inutile. Non scoraggiamoci, continuiamo a pregare. La preghiera non è mai inutile e solo in Paradiso scopriremo quante grazie abbiamo ottenuto senza che noi ce ne rendessimo conto.
La Madonna ha interceduto per ottenere il primo miracolo ed è sempre Lei, con la sua intercessione, ad ottenere ogni grazia da Gesù. Per cui Dante Alighieri diceva: chi vuol grazia e a Maria non ricorre e come chi vuol volar senz'ali. Ed è soprattutto con il Rosario che si ottengono una moltitudine di grazie.
Nella vita di san Giovanni Maria Vianney si racconta un episodio molto bello sulla potenza del Rosario. Una volta il Santo fu inviato a predicare in un paese. Per prima cosa egli chiese al parroco se tra i fedeli ci fosse qualcuno disposto a pregare intensamente. Il parroco gli indicò una povera mendicante, buona solo a dire Rosari. Il Santo avvicinò subito la poveretta e la pregò di voler recitare continuamente Rosari per tutto il tempo delle prediche. La mendicante ubbidì e le predicazioni andarono benissimo. Le conversioni si moltiplicavano e il Santo attestava con gran giubilo: «Non è opera mia, ma della Madonna invocata dalla mendicante con i Rosari».
L'episodio delle Nozze di Cana deve farci riflettere su un'altra cosa: ogni matrimonio deve essere benedetto dalla presenza di Gesù e di Maria. Il Signore benedice le famiglie dove si prega, dove si compiono bene i propri doveri civili e religiosi, dove si è fedeli agli impegni presi nel giorno del matrimonio, impegni che riguardano la fedeltà, l'indissolubilità e l'apertura al dono della vita. Purtroppo questi valori spesso vengono dimenticati e la famiglia, che giustamente è stata definita la cellula della società, è in crisi. Di conseguenza anche la società ne risente negativamente oggi più che mai. Si pone allora il dovere di pregare per le famiglie affinché ritrovino, nella fedeltà al Signore, la loro salvezza e felicità.
Termino questa omelia con la straordinaria testimonianza di una giovane mamma, di nome Maria Cristina, la quale nel 1995 preferì morire piuttosto che sopprimere la vita del bimbo che portava in grembo. A 18 anni venne operata di tumore e il male, purtroppo riapparve durante la sua ultima gravidanza. Aspettava il terzo figlio. Il dottore le consigliò di abortire, ma lei si oppose e preferì portare a termine la gravidanza. Diede alla luce un bel bambino che chiamò Riccardo. Lei intanto stava sempre peggio e si avvicinava alla morte. Prima di morire scrisse una lettera per il piccolo Riccardo, così che una volta cresciuto la potesse leggere. Tra le altre cose c'erano queste bellissime parole: «Riccardo, sei un dono per noi. Quando ti muovesti per la prima volta sembrava che tu mi dicessi: grazie, mamma, che mi vuoi bene! E come non potremmo non volertene? Tu sei prezioso e quando ti guardo e ti vedo così bello... penso che non c'è sofferenza al mondo che non valga la pena per un figlio. Il Signore ha voluto ricolmarci di gioia: abbiamo tre bambini stupendi. Non posso che ringraziare Dio perché ha voluto farci questo dono grande. Solo Lui sa come ne vorremmo altri...».
Nota di BastaBugie: brevi spunti per l'omelia delle Messe feriali si possono leggere ogni giorno nella rubrica "Schegge di Vangelo" pubblicata sul sito de La Bussola Quotidiana.
Ecco il link:
http://lanuovabq.it/it/schegge-di-vangelo
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