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IL VINCITORE DI SANREMO 2019 E' MUSULMANO E STRIZZA L'OCCHIO AI GAY, MA SOPRATTUTTO...
Mahmood è un nome tipicamente musulmano che deriva dalla stessa radice di Maometto... ma soprattutto Sanremo ha sdoganato il maledetto genere trap che causò la tragedia di Corinaldo (ve la ricordate?)
di Andrea Zambrano
 

"Sanremo specchio del Paese" l'hanno titolato alle ore 1 e 44 poco dopo l'incoronazione di Mahmood. E da lì è stato un continuo, suggellato dalla colossale sentenza di Aldo Cazzullo: "Ci vorrebbero più Mahmood, è l'inevitabile integrazione che arricchisce l'Italia in perenne calo demogafico". La notizia ha occupato le prime pagine dei siti e dei giornali per tutta la domenica, manco fosse un terremoto in Appennino con 100 vittime. Poi si è iniziato con i test d'ingresso: gli immigrati? Prova superata: è di padre egiziano e madre sarda e nella canzone c'è una frase in arabo che non è un proclama jhiadista, ma una frase di una mamma a un figlio; i diritti lgbt? Pure: ha rilasciato un'intervista a gay.it in cui sembrava fare coming out; le famiglie non tradizionali? Fatto, la canzone vincitrice del 69esimo Festival di Sanremo "Soldi", parla proprio di questo. Il Pd esulta: "Abbiamo trovato l'erede di Berlinguer".
E' il Morocco pop la cornice entro la quale si muove il 24enne vincitore a sorpresa di Sanremo: sonorità arabeggianti, muezzin e trap, tanta trap a suggellare uno stile musicale che è destinato a imporsi da qui ai prossimi anni. Per le allodole abituate a specchiarsi è la rivincita della vera Italia integrata contro l'Italia sovranista, becera, razzista. L'Italia che avrebbe votato Il Volo. L'Italia che Salvini sta conducendo alla catastrofe. Che strano: l'anno scorso sul palco dell'Ariston ha trionfato Ermal Meta, il quale è albanese, ma non si ricordano impazzimenti generali sul versante politico.

SANREMO NASCONDE ABILMENTE I PERICOLI PER I NOSTRI FIGLI
Invece, ma quasi era scontato, adesso sembra che Mahmood sia la risposta a quel satrapo di Salvini. Il quale, divertito, non ci ha pensato due volte a scrivere che avrebbe preferito Ultimo con la sua I tuoi particolari. Si procede di provocazione in provocazione, per allietare la domenica pomeriggio del popolino. Ma così si perde di vista il dato significativo di questa vittoria e soprattutto il perché è stata strumentalizzata da più parti.
Mahmood in realtà è la tempesta perfetta per imporre il genere trap nell'empireo del mondo musicale. Da genere maledetto e di periferia, pericolo per i nostri figli, a motivetto da canticchiare tra le corsie del Carrefour: il passo è breve e il passo è Mahmood.
In pochi lo sanno, ma chi mastica di trap, pur non conoscendo nulla di Mahmood, il quale fino a ieri era un perfetto sconosciuto, ha capito tutto quando ha visto il post di Charlie Charles. "Vincere Sanremo? Fatto". Chi è Charlie Charles? Soltanto noi siamo così stranieri nel mondo del rap da non sapere che Charlie Charles, al secolo Paolo Monachetti è il principale producer dei trapper più famosi del panorama italiano: da Izi a Sfera Ebbasta, da Tedua a Ghali. Influente? Di più: con Sfera e Ghali sono amicissimi tanto da aver fondato insieme una etichetta. Insomma: Charlie Charles, che ultimamente viene invitato nelle dirette dei grandi network radiofonici come vero e proprio nume tutelare del genere trap è ormai il produttore indiscusso del settore. E anche il giovane Alessandro Mahmoud è entrato nel suo giro da quando ha chiesto proprio al rapper di lavorare insieme all'arrangiamento del brano sanremese. Ecco perché Charlie Charles si è intestato poi l'indomani mattina quel merito. Che non deve avere tutti quei significati politici che oggi le marevenier e gli aldicazzullo vorrebbero dargli. Ma che sono comunque funzionali alla causa.

QUALCOSA DI RASSICURANTE
Ricordate la tragedia di Corinaldo? Sfera Ebbasta massacrato da tutti per le sue canzoni tra sesso e droga? I ragazzini in preda all'orco? I genitori disarmati? Che diamine è mai questa trap che sta avvelenando i nostri figli? Niente paura. Ci pensa Sanremo, che da sempre consola e consacra. Ecco prima Achille Lauro, ma il pubblico non è ancora pronto per questi poeti maledetti [vedi nota in fondo a questo articolo].
Ci vuole qualcosa di rassicurante, condito di immigrazionismo, buoni sentimenti e conformismo. L'obiettivo è far digerire la trap non solo ai ragazzi, ma soprattutto ai genitori. Charlie Charles e il suo clan non ci hanno pensato un attimo. Ecco a voi Mahmood: faccia pulita, low profile e soprattutto appetibile dal mainstream che lo ha immediatamente accalappiato per fargli dire tutto ciò che serve per tenere alta la bandiera della Sinistra radical perennemente alla ricerca di salvatori della patria.
Intanto, con questo piccolo capolavoro, la tragedia di Corinaldo è dimenticata. C'è una trap che funziona anche al Bagno Silvano mentre ordiniamo il Calippo. E che è rassicurante e politicamente corretta. Punta alla mitologia dell'integrazione con cantanti nati qui ma di origini magrebine. Il sottobosco musicale dei ghetti di Settimo Milanese consacrato dai giornalisti e dalla giuria di qualità di Sanremo, in opposizione a quella popolare che avrebbe voluto infatti Ulitmo. Se non è l'incontro perfetto tra la Sinistra à la page e i nuovi barbari questo, dite voi che cosa dovrebbe esserlo. In quanto alla musica, al canto e queste altre sottigliezze, vabbè... ma se fai musica mica devi andare a Sanremo, questo lo sapevamo già.

Nota di BastaBugie: nella foto in alto Mahmood è a sinistra (Mahmood è un nome tipicamente musulmano che deriva dalla stessa radice di Maometto, e ha il suo stesso significato, ossia "degno di lode"), mentre nella foto a destra c'è il "cantante" che ha partecipato a Sanremo 2019 di cui parla l'articolo seguente dal titolo "Il giovanilismo degli adulti che si meritano Achille Lauro". Andrea Zambrano racconta come anche Famiglia Cristiana parla di lui cercando di minimizzare l'impatto che avrà sui giovani. Tutto per nascondere la bomba atomica esplosa in faccia di fronte ai nostri figli.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 9 febbraio 2019:
Se vincerà o no il 69 esimo Festival di Sanremo in fondo non gli importerà granché. Achille Lauro ha già raggiunto il suo obiettivo: diventare famoso, e quindi ricco propagando il sacro verbo della musica trap che tanto piace ai giovani e che oggi gli adulti stanno scoprendo con quel misto di giovanilismo compiaciuto. Una star, finalmente, penserà di se stesso. Niente di più facile. E la grancassa mediatica che da ieri si è abbattuta su di lui non farà altro che alimentarne l'autorevolezza e il conto in banca.
Già ha pubblicato un libro per Rizzoli chiamato "Sono io Amleto". Chissà se conosce il destino tragico del principe di Danimarca dato che in un'intervista ha ammesso, quasi vantandosene, di non aver studiato. Al secolo Lauro De Marinis, Achille Lauro oggi dispensa interviste dal palco di Sanremo con un passato da pusher in una vita ai margini che la musica, come in una favola moderna, ha riscattato. Eppure non è tutto oro quello che luccica, neppure l'oro del lusso che ostentatamente esibisce come tutti gli altri trapper di giro. La sua canzone si chiama Rolls Roys ed è un inno al lusso finalmente conquistato con i guadagni ottenuti facendosi conoscere anzitutto dai 13enni che lo hanno scaricato milioni e milioni di volte su Youtube.
Però in fondo è un prodotto commerciale, esattamente come quelli che giocavano a fare la rivoluzione e poi si ritrovarono con un posto in banca (cit. Venditti). Adesso si parla del fatto che la sua canzone è un inno nascosto all'ecstasy. Possibile? Perché no? Lui nega, ma Striscia la notizia che lo ha smascherato lo inchioda. La Rolls Royce infatti è detta anche Spirit of ecstasy (è la vittoria alata che svetta sul cofano dell'auto lussuosa per eccellenza). Ebbene, come mostrano le cronache Spirit of Ecstasy è un tipo di allucinogeno a base di mdma che è stato recentemente sequestrato in un'operazione di polizia. Droga, insomma. Come droga è il comune denominatore, assieme alla musica, dei divi citati nella sua canzone: da Jim Morrison a Hendrix, da Billie Joe a Amy Whinehouse etc...
La stessa droga che Achille Lauro racconta di aver venduto in passato (ha appena 28 anni!) facendolo diventare ricco. "Entrai in contatto con famiglie criminali. Compravo chili di droga che facevo vendere a una squadra di spacciatori che avevo creato. Divenni ricco, avevo una bella vasca idromassaggio", racconta nelle interviste. Uno spacciatore, dunque. A proposito, avrà mai pagato per quei reati? Sembra che si sia fatto qualche mese, ma il casellario giudiziale non viene fornito nelle schede artisti in Riviera.
Niente male. Ma in fondo nulla di nuovo sotto il sole, anche il fatto che la Rai, attraverso Sanremo lo spinga così, giocando sull'ambiguità della canzone, che, sempre perché niente di nuovo è sotto il sole, abbiamo già visto all'opera tante volte a cominciare da Lucy in the Sky with diamond dei Beatles (LSD).
Adesso i giornali fanno la gara a intervistarlo e a questo rito non si è sottratta neppure Famiglia Cristiana. Proprio il settimanale dei Paolini lo mette in copertina nel numero appena uscito assieme agli altri trapper che ascoltano i nostri figli. E che dice? Ecco il titolo: "Dormivo in auto, ora canto all'Ariston". Un cenerentolo finalmente riscattato. Il testo dell'intervista è un insieme di banalità e di non detti che fa paura. "La musica mi ha salvato", "La cosa peggiore non è la droga, è il non sapere che cosa fare della propria vita", "mia madre ci leggeva il Vangelo, poi crescendo si cambia".
Emerge nel corso dell'intervista col settimanale cattolico (sic!) un passaggio erroneo: "Siamo giovani e usiamo lo stesso linguaggio di chi ci ascolta". Sbagliato. Semmai sono i giovani che imparano a parlare ascoltando certi idoli. Nessun 13enne si sognerebbe il lusso, il sesso sfrenato e orgiastico, il potere e soprattutto soldi a palate se non ci fosse qualcuno che con le sue parole, il suo stile e la sua musica non lo imbeccasse a forza come un'oca d'allevamento.
Ma soprattutto manca nelle pagine e in quelle successive del servizio in cui si analizzano gli altri fenomeni trap del momento (Sfera Ebbasta, Ghali, Salmo etc...) un giudizio fermo sul messaggio che certi cantati-si-fa-per-dire veicolano. Eppure, basta leggere i testi delle canzoni per comprenderlo, ma Famiglia Cristiana si è fermata solo a quelle poche frasi senza parolacce. In un pretesco e un po' bigotto giovanilismo compiaciuto che non è in grado di dare ai genitori uno strumento soddisfacente per comprendere che cosa ascoltano i loro figli. Ascoltano porcherie. Porcherie del tipo, e qui siamo a Salmo, "dopo scopiamo, tu vieni sei volte. Cazzo diranno i vicini di me?".
Invece, dal taglio del settimanale cattolico questa ossessiva e malvagia sete di sesso, soldi, droga e potere non emerge. Si presenta come tutto sommato positivo un personaggio che ha fatto lo spacciatore e che ora grazie alla musica sembra redento. Redento da che cosa? Cosa offre in cambio per avere l'attenzione dei nostri figli? Quale redenzione ci potrà mai essere in un cantante che si presenta da ex spacciatore come se si trattasse di un passo naturale della gavetta? Come se fosse un rider di Foodora che dopo tanti sacrifici ce l'ha fatta. Di questo un giornale cattolico dovrebbe interrogarsi invece di cadere nella trappola del conformismo redentivo a prezzi di saldo.
Ci si ferma al fenomeno sociale, limitandosi al fatto che in fondo i genitori ascoltavano Vasco Rossi e i nonni i Rolling Stones. Peccato che nel frattempo sia completamente venuto meno il filtro della trasgressione che almeno faceva comprendere che di fronte a certi messaggi si entrava in un luogo proibito. Invece oggi quel limite del proibito non c'è più: tutto è fagocitato da un demone che ottenebra. E marchette discografiche come quelle del settimanale dei Paolini non fanno altro che confermare che il problema non è Achille Lauro, ma il mondo degli adulti che non si è accorto di quanto questi trogloditi musicanti stiano facendo male ai nostri figli.
Il problema non è quello che farà d'ora in avanti Achille Lauro: avrà la sua carriera di eccessi ritagliandosi un angolino nel comodo salotto dei cantanti dal cuore ribelle e dal portafoglio pieno. E' un percorso protetto di trasgressione istituzionalizzata. Il problema era prima, quando noi adulti non lo conoscevamo, ma nel frattempo i nostri figli lo ascoltavano al riparo dei loro smartophone dandogli loro stessi con i loro "innocui" "mi piace" la golden share diretta per il palco dell'Ariston.


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Titolo originale: Mahmood, tempesta perfetta per ripulire la maledetta trap
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/02/2019