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PATTI LATERANENSI: 90 ANNI E NON SENTIRLI
Il Concordato tra Stato e Chiesa è da lodare per molti motivi, nonostante la campagna anticlericale
di Rino Cammilleri
 

Quest'anno ricorrono i novant'anni della storica firma dei Patti Lateranensi. Era il 1929 e quel giorno, 11 febbraio, fu da allora festa nazionale. La data ricordava anche le apparizioni di Lourdes e fu considerata una coincidenza provvidenziale. Il papa di allora, Pio XI, commentò: «E forse ci voleva un uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare, un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale». Quell'uomo era Mussolini, allora capo del governo, e la frase di Pio XI finì col diventare, a suo tempo, lo slogan con cui i malevoli dimostravano la complicità della Chiesa col fascismo. Ci volle un altro «uomo della provvidenza», nel 1984, per rinnovare quei Patti: Craxi, che non a caso le vignette comuniste dipingevano sempre in pose da Duce. Al di là della propaganda politica, tuttavia, l'era di Craxi declassò la Festa Nazionale della Conciliazione tra Stato e Chiesa a giorno feriale qualsiasi, Era il tempo in cui la narrazione politica in auge sosteneva che gli italiani lavorassero poco rispetto alle Nazioni Più Avanzate (cioè, quelle di cultura protestante), cosi parecchie feste religiose vennero abolite. Non era, in realtà, che una riedizione della vecchia vulgata ottocentesca che descriveva i popoli cattolici come sottosviluppati perché bigotti e dediti alla festa. Ne avevano fatto le spese, a volte in modo sanguinoso, la Spagna, il Portogallo, la Francia, il Messico, l'Austria. E anche l'Italia, che nel 1870 aveva visto il Papa preso a cannonate e il Concilio in corso interrotto manu militari. Come risultato della perdita di indipendenza politica per la Chiesa, per esempio, durante la Grande Guerra i rappresentanti diplomatici presso la Santa Sede dei Paesi nemici dell'Italia dovettero andarsene. E ci volle una lunga e defatigante trattativa perché i chierici e i seminaristi fossero assegnati alla Sanità anziché alla trincea. Coi Patti, invece, durante la Seconda guerra mondiale i diplomatici poterono restare, e il \/aticano poté accogliere anche gli antifascisti che vi si rifugiarono (e gli ebrei).

IDEE CHIARE
La vecchia classe dirigente liberale italiana era così intrisa di mentalità anticlericale che al trattato di Versailles nel 1919 si era preoccupata soprattutto di non far partecipare la Santa Sede al tavolo negoziale, unico incasso di una vittoria per il resto «mutilata». L'Italia, nel 1929, aveva voluto siglare l'importantissimo momento dei Patti inaugurando addirittura una lunga strada in Roma, quella Via della Conciliazione che porta a San Pietro. Come ha ricordato Gennaro Malgieri su Formiche.net (11 febbraio 2019), Mussolini aveva in materia le idee chiare fin dal suo esordio in Parlamento nel 1921. In quell'occasione disse senza mezzi termini: «La tradizione latina e imperiale di Roma è oggi rappresentata dal cattolicesimo. (...) io penso e affermo che l'unica idea universale che oggi esiste a Roma è quella che si irradia dal Vaticano». Mussolini era allora un semplice deputato, uno dei tanti. E sapeva bene così facendo di rinnegare il suo passato di socialista anticlericale. Sapeva anche di inimicarsi i laicisti di ogni schieramento e perfino la componente del suo fascismo «intrinsecamente avversa al confessionalismo e in alcuni settori legata alla massoneria». Aveva ben chiaro che, senza la risoluzione una buona volta della Questione Romana, l'Italia sarebbe rimasta quel «regno di terz'ordine» che aveva fatto scuotere la testa a Dostojewski all'ora della Breccia di Porta Pia. Stessa lungimiranza ebbe, e stesso scandalo suscitò, Togliatti quando, alla Costituente, votò a favore dell'inserimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione della Repubblica (il famoso articolo 7).

1) IL TRATTATO
I Patti constavano di tre parti. La prima, il Trattato, stabiliva che il cattolicesimo era religione di Stato. Come nel vecchio Statuto di Carlo Alberto, ciò non significava che l'Italia diventava uno stato confessionale come, per esempio, l'Arabia Saudita odierna. Ma solo che quando lo Stato avesse deciso di accompagnare le sue cerimonie e ricorrenze con un rito religioso, questo doveva essere quello cattolico. L'Italia riconosceva, anche, Città del Vaticano come stato indipendente e sovrano. Ciò ripristinava, di fatto, il vecchio Stato Pontificio, anche se ridotto alle dimensioni di soli quarantaquattro ettari. Con buona pace di quanti andavano ripetendo, da quasi un secolo, che la Chiesa spogliata di ogni possedimento terreno avrebbe meglio effettuato la sua missione spirituale. Lo sapeva anche il vecchio rivoluzionario Proudhon (1809-1865), l'autore dello slogan «la proprietà è un furto», che la Chiesa senza un suo posto in cui poter stare senza dipendere da nessuno si sarebbe dissolta in poco tempo. E lo diceva proprio perché incoraggiava la spoliazione.

2) IL CONCORDATO
La seconda parte, il Concordato, indicava le festività religiose che venivano riconosciute civilmente, riconosceva validità civile al matrimonio religioso e l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Infine, i titoli rilasciati dalle scuole cattoliche venivano parificati a quelli delle scuole statali.

3) LA CONVENZIONE
La terza parte, la Convenzione, riguardava gli accordi finanziari tra Chiesa e Stato, comprendendo i risarcimenti per le espropriazioni inflitte alla Chiesa durante tutto il Risorgimento; ai preti con «cura d'anime» veniva riconosciuto un emolumento statale, la cosiddetta «congrua». Non fu facile ricucire lo strappo che si era creato tra la politica e il popolo italiano, un popolo composto quasi interamente da cattolici. I quali da troppi decenni erano frastornati da un processo unitario che si era svolto interamente contro la religione nazionale. La firma di quegli accordi forse evitò all'Italia una «guerra di religione» come quella avvenuta in Messico dal 1926 al 1929 e quella spagnola di dieci anni dopo, anche se qualcosa del genere accadde nella guerra civile che seguì l'armistizio del 1943. La firma sancì quella coesione nazionale che le classi dirigenti «piemontesi» non erano riusciti mai a procurare, perché «fatta l'unità, restava da fare gli italiani». Impresa impossibile, perché volevano farli a modo loro, giacobini e possibilmente atei. Nel 1984, infatti, quantunque ci fosse già stato il Sessantotto, i Patti furono semplicemente rivisti, non certo aboliti L'accordo, detto di Villa Madama, fu firmato il 18 febbraio, non l'11, perché il leader dei socialisti era da tempo bersaglio di critiche, soprattutto da sinistra. Per esempio, agli slogan governativi contro l'evasione fiscale («Io pago le tasse, e tu?») rispondeva il comico Beppe Grillo, estromesso dalla Rai per un suo sketch («Se in Cina sono tutti socialisti, a chi rubano?»). La Chiesa ebbe il suo famoso 8xmille e il cattolicesimo cessò di essere la religione dello Stato. Nel 1933 la Chiesa stipulò un Concordato anche con la Germania di Hitler: fu, non a caso, l'unico accordo internazionale tedesco sopravvissuto al nazismo.

 
Titolo originale: I Patti Lateranensi
Fonte: Il Timone, aprile 2019 (n.183)