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UNA GENERAZIONE DI ORFANI
La maggior parte dei genitori, distratti dal lavoro e dalla propria realizzazione, lasciano i figli in balia di se stessi, della scuola, del cellulare, dei coetanei, ecc.
di Luciano Leone
 

Il bambino, iperprotetto nei primi anni, viene trastullato nella sua infanzia, assorbito quindi dalla scuola pubblica. La scuola pubblica costituisce un grande mezzo di omologazione della popolazione («L'Italia è stata fatta, occorre fare gli Italiani», disse Massimo D'Azeglio), più palesemente sotto i regimi più autoritari, più subdolamente nei Paesi cosiddetti democratici, dove peraltro il ministero definisce programmi scolastici e dove il governo (francese o svedese) può imporre una cittadina islamica quale ministro della pubblica istruzione per tutti i sudditi.
Per educare è necessario che l'educatore non solo interagisca con l'alunno, riconoscendone carattere, inclinazioni, attitudini, capacità, debolezze, ma anche che l'educatore abbia ben presenti i principi e le finalità della sua opera: quali sono gli scopi fondamentali della vita (il poeta greco Mimnermo poneva la domanda: «Cosa è dunque la vita?»)?
Privato della chiara direttiva dell'insegnamento di Gesù Cristo, l'individuo è ripiombato nella condizione dolorosamente espressa (sette secoli prima della Rivelazione Cristiana da Mimnermo; «Davanti agli dei non sapendo che cosa sia bene, che cosa sia male»).
Nella scuola pubblica il bambino, sottratto alla famiglia, viene così immesso in un sistema che può soltanto impartire alcune nozioni programmate dal ministero (o eventualmente diseducare al gender), non può "educare" perché sia gli insegnanti sia gli alunni hanno concezioni disparate della vita. Però la scuola pubblica assorbe gli alunni sino almeno ai 16 anni senza insegnare un mestiere e senza consentire a coloro che hanno attitudine agli studi di sviluppare presto e bene le loro capacità («Rapidamente, con sicurezza e con gioia»: motto attribuito ad Asclepiade di Prusa).
Intanto, con notevole frequenza, i bambini crescono incantati dai videogiochi, vengono precocemente ipersocializzati, acquistano presto una specie di autonomia, che consente ai genitori, distratti dal lavoro o purtroppo in rotta tra loro, di lasciare gli adolescenti in ampia balia di se stessi (della Tv e di internet) e del gruppo. Li incroci per la strada in gruppetti, all'interno dei quali tuttavia la comunicazione è spesso ridotta o assente: uno telefona, un altro digita un sms, un terzo pur deambulando riesce a fare un videogioco, un quarto consulta Google Maps.
L'adolescente è con grande frequenza e con grande facilità lasciato a se stesso, oppure reclama una autonomia per la quale non è ancora pronto, ed è quindi esposto a grandi pericoli. L'atteggiamento adolescenziale tende inoltre a perpetuarsi anche in età adulta a causa della mancata assunzione di ruoli sociali, della carente o, all'opposto, dell'eccessiva disponibilità economica, dell'assenza di uno scopo definito per la vita: il divertimento fa parte degli equilibri della vita, ma la vita non è divertimento.
Le prospettive di vita sono avvolte nella nebbia cosi come il mondo non è più una società ben strutturata. l genitori, anche quelli più responsabili, trovano difficoltà ad indirizzare i figli: gli studi non assicurano gratificazione di ruolo sociale e di retribuzione; i lavori, a fronte dell'impegno che hanno sempre richiesto, non sono più gratificanti; le figure più quotate per il successo sembrano essere calciatori e veline. Ma ovviamente a pochi è dato assurgere a tali fasti.
Si comprendono quindi manifestazioni minori di disagio sociale, che sembrano tuttavia diffusissime: abuso di sistemi tipo Facebook, autoscatto (detto selfie), tatuaggi: per acquisire una identità, per uscire dalla omologazione e dall'anonimato l'individuo ricorre a questi sistemi identificativi esteriori, costruisce non la personalità, bensì una immagine di facciata e propala ogni genere di informazioni, che sarebbe assai meglio custodire nell'intimo e condividere soltanto con persone care.
Si è pervenuti a questi risultati attraverso una serie di rivoluzioni (protestantesimo, rivoluzione francese, capitalismo e comunismo, Sessantotto, rivoluzione nelle comunicazioni sociali, gender, ecologismo, mondialismo, migrazioni incontrollate), dietro le quali, ovviamente, si nascondono interessi profondamente diversi da quelli dichiarati, interessi palesemente anti-cristiani e quindi disumani.
Presa coscienza cli questa situazione, l'impegno di ogni persona ragionevole è in primo luogo quello di sottrarsi alle spire delle rivoluzioni, in secondo luogo operare affinché si attui una inversione di tendenza. [...]

Nota di BastaBugie: per leggere la prima parte dell'articolo, che descrive la ben diversa situazione nel Medioevo rispetto alla situazione di oggi, si può cliccare nel seguente link. Le due parti dell'articolo si illuminano a vicenda per cui, per una visione d'insieme, consigliamo di leggerli entrambi.

TUTTO QUELLO CHE NON CI HANNO DETTO SUL MEDIOEVO
L'uomo del Medioevo non era mai solo (non esisteva la depressione), fin da bambino era educato a graduali responsabilità ed era libero poiché ricopriva con soddisfazione il suo ruolo sociale (VIDEO: Il Medioevo)
di Luciano Leone
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5925

 
Titolo originale: Sfogliando il libro di storia
Fonte: Notizie Provita & Famiglia, n. 79 (novembre 2019)