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Domenica scorsa gli animalisti milanesi si sono ritrovati in piazzale Cuoco, all'esterno del Circo Orfei, per protestare contro l'utilizzo degli animali nei circhi. Il sit in si è svolto praticamente in contemporanea con lo spettacolo: gli attivisti si sono presentati con megafoni e cartelli, su uno c'era la fotografia che mostrava un elefante in catene e la scritta «lo trovi divertente?». Con loro Luigi Piccirillo, consigliere regionale lombardo del Movimento 5 Stelle, che si prepara a presentare una mozione sul tema e che su Facebook ha commentato così: «Nei pochi minuti di spettacolo in pista vengono nascosti i quotidiani, faticosi e umilianti momenti dell'addestramento; volti a piegare l'animale alla volontà dell'uomo che li costringe ad esibirsi in quanto di più lontano dalle caratteristiche etologiche».
GLI ANIMALI HANNO DIRITTI?
Lo stesso giorno moriva a 75 anni il filosofo Roger Scruton, tra i più autorevoli esponenti del pensiero conservatore di matrice anglosassone dell'ultimo mezzo secolo, protagonista del dibattito culturale nel mondo di lingua inglese e non solo. Un cristiano anglicano, che in un'intervista disse: «Sono sempre stato attratto dalla Chiesa cattolica per il suo rispetto per la tradizione, per la continuità apostolica che rappresenta e per i suoi tentativi di infondere sacramenti nella vita ordinaria». Tra i temi di cui l'eclettico Scruton si è occupato non ultimo è stato quello condensato in un libro uscito anche in italiano, dal titolo "Gli animali hanno diritti?" (Raffaello Cortina). Ecco alcuni estratti:
«I partigiani della "liberazione degli animali" hanno enfatizzato e reiterato il punto che gli animali soffrono quanto noi: provano dolore e paura, sentono fame e freddo e quindi, come sostiene Peter Singer, hanno "interessi" che formano, o dovrebbero formare, parte della questione morale Anche se ciò è vero è comunque solo una parte della verità» [...] Dobbiamo comunque fare tre distinzioni e precisamente tra:
1) infliggere deliberatamente dolore fine a se stesso e in modo da poter godere dello spettacolo della sofferenza;
2) infliggere deliberatamente dolore in modo da raggiungere un altro scopo, per ottenere il quale il dolore è un mezzo necessario;
3) la scelta deliberata di agire in un modo del quale il dolore è un sottoprodotto inevitabile, ma non voluto. [...]
ANCHE LA CORRIDA È ETICAMENTE CORRETTA
Devono essere condannati senza appello i combattimenti fra cani e fra cani e orsi, poiché comportano una sofferenza deliberatamente inflitta, fine a se stessa e con l'obiettivo di godere del risultato. Tuttavia non tutto il dolore inflitto deve essere paragonato in questi casi. Gli animali non possono essere addestrati senza una punizione occasionale, che deve essere dolorosa per ottenere l'effetto voluto, ma che non è inflitta per provocare sofferenza fine a se stessa bensì per ottenere il risultato desiderato: se fosse possibile ottenerlo senza dolore sarebbe allora giusto scegliere la maniera che non lo comporta. Però nel momento in cui l'addestramento di un cavallo o di un cane risulti migliore con un sistema punitivo, infliggergli qualunque forma di dolore sia necessaria a tal fine non è crudeltà, ma gentilezza».
Scruton arriva a parlare della corrida di cui dice: «Potrebbe essere condannata ipso facto solo se l'interesse degli spettatori fosse crudele e sadico, e bisognerebbe chiedersi se, in generale, i tori vivano meglio in una società che pone fine alla loro vita in un'arena o in una società dove non sono utili se non come carne di manzo».
Scritte nel 1996 (titolo originale Animal Rights and Wrongs) come verrebbero accolte le sue parole oggi? Passerebbero il vaglio del politicamente corretto che inneggia alla libertà solo quando non si infrangono certi tabù?
Nota di BastaBugie: per approfondire il motivo per cui la corrida non è contraria alla morale, si possono leggere i due articoli seguenti.
LA CORRIDA: STUPENDA TRADIZIONE LEGATA ALLA PASQUA
In Spagna ognuna delle 400 Plaza de Tores ha una cappella dove il torero riceve la benedizione dal prete prima di entrare nell'arena
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3024
UNA DECINA D'ANNI FA LA PRIMA TORERA ITALIANA
Eva Florencia ha affermato: ''Il torero ama il suo toro''
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3120
EUTANASIA PER ANIMALI NO, MA PER GLI UOMINI SÌ
Giuliano Guzzo nell'articolo seguente dal titolo "Il paradosso: eutanasia per animali no, ma per gli uomini sì" parla della dichiarazione del governatore della California, il democratico Gavin Newsom, di voler porre fine all'eutanasia praticata nei rifugi per animali. Nessuna preoccupazione, invece, per gli esseri umani, in uno Stato in cui il suicidio assistito è legale da anni. Uno strabismo etico che purtroppo, lungi dall'essere un fulmine a ciel sereno, ha radici lontane.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 17 gennaio 2020:
Basta eutanasia per gli animali, è una vergogna; per gli umani, invece, va benissimo, anzi già che ci siamo incoraggiamola. Certo, messa così la cosa può apparire una provocazione, eppure è precisamente in questa sconvolgente contraddizione che sta finendo lo Stato americano della California, il cui governatore, il democratico Gavin Newsom, in una conferenza stampa dei giorni scorsi - secondo quanto conferma la testata Sacramento Bee - ha dichiarato di voler porre fine all'eutanasia praticata nei rifugi per animali.
«Dobbiamo diventare uno Stato "no-kill"», sono state le parole esatte di Newsom, il quale, con l'occasione, ha pure annunciato uno stanziamento una tantum di 50 milioni di dollari a supporto di un programma per rifugi per animali. Il che, beninteso, è del tutto in linea con la politica del governatore della California, che già nell'ottobre 2019, firmando la AB44, una delle leggi più stringenti a difesa dei diritti degli animali, aveva fatto del suo Stato il primo in cui, a partire dal 2023, sarà vietata la vendita e la produzione di nuovi prodotti di pelliccia animale.
Dunque, tutto bene? Non proprio. Infatti, nella California che si vuole "no-kill" verso gli animali, analogo impegno non vale nei confronti degli esseri umani. «Ironia della sorte», ha notato in tal senso National Review, «mentre il governatore lavora per salvare gli animali dalla morte, la California non solo ha legalizzato il suicidio assistito, ma consente anche di incoraggiare il suicidio ai malati terminali». Il riferimento è all'Assembly Bill n. 282, che in buona sostanza stabilisce che se qualcuno - poniamo un familiare in attesa di eredità, un caregiver esausto, un tifoso della «dolce morte» o addirittura un medico o un' infermiera - si rende persuasore e aiuta attivamente una persona morente a farla finita, ebbene costui - fa osservare sempre National Review - non è punibile.
Un paradosso? Certo che lo è. Ma non una novità. Esiste difatti un filone culturale consolidato che dimostra ampiamente come alla cura verso gli animali non corrisponda sempre, per usare un eufemismo, rispetto verso la vita. Si pensi al filosofo Friedrich Nietzsche, il quale una volta ebbe - com'è noto - pietà per le pene d'un cavallo, eppure non riservava grande rispetto verso gli uomini poco prestanti. «I deboli e i malriusciti devono perire», scrisse infatti Nietzsche ne L'Anticristo, subito aggiungendo: «Questo è il principio del nostro amore gli uomini [...]. Che cos'è più dannoso di qualsiasi vizio? Agire pietosamente verso tutti i malriusciti e i deboli».
Analogamente, per venire ai giorni nostri, il celebre oncologo Umberto Veronesi, scomparso nel 2016, da un lato era favorevole alla legalizzazione di droghe leggere, aborto, eutanasia e provetta, dall'altro, oltre a dichiararsi vegetariano convinto, giungeva ad essere - come scrisse nel suo La libertà della vita (Raffaello Cortina, 2006) - estimatore dell'intelletto e della spiritualità degli elefanti: «Se gli elefanti di cui parlava Montaigne potessero parlare, sarebbero quasi come noi... Magari ci racconterebbero i contenuti delle loro preghiere [...]. Probabilmente ne concluderebbero che non vi è alcuna ragione evolutiva che li induca necessariamente a credere».
Tutto questo per dire che lo strabismo etico di certo animalismo e del governatore della California - dove il suicidio assistito è legale da anni - non è affatto un fulmine a ciel sereno. Al contrario, non fa che confermare l'incapacità di certo animalismo di mettere a fuoco il fatto che battersi per il diritto alla vita di cani, gatti e non solo, per poi chiudere gli occhi dinnanzi alla vita umana più fragile non rende solo poco credibile chi sposa un simile atteggiamento. Danneggia e soprattutto impoverisce i concetti stessi di diritto e di umanità.
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