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IL DECALOGO DEL BUON PARROCCHIANO
Partendo dal Vangelo del buon pastore, chiediamoci: ''Chi è la buona pecora?''
di Don Yoannis Lahzi Gaid
 

Partendo dal Vangelo del "buon pastore" (Gv 10), spesso si elencano i caratteri e le doti che un pastore dovrebbe avere per essere chiamato "buon pastore", ossia: non abbandonare mai le pecore e non fuggire di fronte al lupo o ai pericoli; preoccuparsi delle pecore a differenza del mercenario a cui non interessa di loro; conoscere personalmente il proprio gregge; guidare le pecore ai pascoli erbosi; accompagnare anche le altre pecore, che non appartengono al recinto, per formare un solo gregge con un solo pastore e, infine, amare le proprie pecore sino al punto di offrire liberamente la propria vita per la loro.
Sono le doti, anzi gli obiettivi, che ogni pastore deve avere dinanzi ai propri occhi per cercare quotidianamente di raggiungere e misurare la propria fedeltà all'esempio dell'unico perfetto "buon Pastore", Gesù Cristo.
Però si trascura, quasi sempre, di elencare le doti che una pecora o un fedele dovrebbe avere per essere chiamato o chiamata "buon fedele". Partendo dall'immagine del pastore e delle pecore, guardiamoci nello specchio della verità e facciamoci questa domanda: chi è la "buona pecora"?
A questa domanda possono venirci in aiuto questi "dieci comandamenti del buon parrocchiano".

1. CONOSCERE IL PASTORE
Gesù stesso nel Vangelo di Giovanni disse: "lo sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me" (Gv 10,14). Una conoscenza reciproca e interpersonale che supera il rapporto superficiale e burocratico tra un "funzionario" e un "cliente". Trattare il pastore da persona di famiglia e non da estraneo - perfino sospettato - invitarlo e lasciarsi invitare da lui anche per una sana chiacchierata! Superare reciprocamente la timidezza che congela la conoscenza e valicare ogni tipo di pregiudizio che ostacola l'incontro.

2. FIDARSI DEL PASTORE
Avere fiducia nei nostri pastori, pur conoscendo i loro difetti e pregi. Una fiducia riconoscente del fatto che sono stati scelti dal "buon Pastore" e che hanno consacrato la loro vita a Dio e al servizio delle nostre anime. Fidarci di loro, non perché sono perfetti, ma perché la mancanza di fiducia è il virus che rovina qualsiasi rapporto e semina sospetto e smarrimento!

3. ASCOLTARE LA VOCE DEL PASTORE
In mezzo a una moltitudine di voci urlanti, il "buon parrocchiano" deve saper distinguere tra la voce del pastore e le altre, ossia non lasciarsi ingannare dalle voci che spesso si presentano come quella dei pastori, ma che in realtà sono voci di lupi rapaci. Si tratta di ascoltare (cfr. Dt 6,4-13: Ascolta Israele), cioè concentrarsi totalmente, abbandonando tutte le altre cose che ci distraggono. Ascoltare richiede di imparare la lingua di Dio: il silenzio della preghiera e l'apertura verso le persone che ci guidano a lui! Una pecora che non ascolta la voce del pastore è una pecora smarrita!

4. OBBEDIRE AL PASTORE
L'obbedienza è il frutto dell`ascolto attento e della fiducia, della conoscenza e soprattutto dell'amore! Gesù ha obbedito alla volontà del Padre persino di fronte alla croce. La disobbedienza al comandamento divino portò l'uomo e la donna fuori dal Paradiso e dalla grazia con Dio! Non si tratta mai di una sottomissione di schiavitù, ma di un filiale e fiducioso atto di sequela.

5. NON DIMENTICARE IL PASTORE
Spesso le pecore sazie scordano facilmente il pastore che le ha guidate faticosamente ai pascoli erbosi. Il peccato della dimenticanza è il peccato delle persone irriconoscenti e immemori.

6. NON MORMORARE
La mormorazione è il cancro che distrugge l'armonia in qualsiasi comunità, è il peccato che inizia come una piccola fiamma per trasformarsi poi in un incendio. Evitiamo perciò il "terrorismo delle mormorazioni" come l'ha chiamato papa Francesco! Evitiamolo non partecipando né attivamente né passivamente. Evitiamolo imparando la virtù del parlare faccia a faccia con le persone e mai dietro le spalle.

7. NON ANDARE DIETRO AD ALTRI PASTORI
Amare il buon Pastore significa accettare fiduciosamente i pastori che Egli ci mette sul nostro cammino e non andare sempre da un gregge all'altro, in una insaziabile ricerca di altri pastori che parlano meno o che ci piacciono di più... Ricordiamo che la parrocchia è una famiglia e una comunità e non è un supermercato!

8. NON CRITICARE CONTINUAMENTE IL PASTORE
Non essere tra le persone che criticano solo per il gusto di criticare, le persone scontente eternamente (Lc 7,32: "Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!").

9. INCORAGGIARE IL PASTORE
Guai al pastore che vive solo per essere lodato dalla gente, ma altrettanto guai alla gente irriconoscente che non sa dire "grazie", che non sa apprezzare gli sforzi e le fatiche dei propri pastori!

10. PREGARE PER IL PASTORE
Ricordare una persona nella preghiera è un gesto incredibilmente semplice, efficace e amorevole. "Pregate per me!" è la richiesta costante di papa Francesco: si tratta di pregare per lui e per le persone che pregano sempre per noi. "Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,38), affinché susciti nei cuori di tanti giovani il desiderio di seguirlo.

 
Titolo originale: Il decalogo del buon parrocchiano
Fonte: Sulla Tua Parola, ottobre 2016