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CORONAVIRUS: I CATTOLICI E LA VERA OBBEDIENZA
Da noi il blocco delle Messe ha provocato sofferenza in molti cattolici, ma all'Est ricorda anche i tempi delle persecuzioni dei regimi comunisti che impedivano il culto pubblico (VIDEO: trailer La vita nascosta)
di Aldo Maria Valli
 

Se qui da noi, in Occidente, il blocco delle cerimonie religiose a causa del coronavirus ha provocato sofferenza in molti cattolici, all'Est ha anche riportato alla memoria i tempi delle persecuzioni anticattoliche, quando le chiese e le altre strutture religiose erano vuote perché i regimi comunisti, per motivi ideologici, impedivano il culto pubblico.
"La visione terrificante delle chiese vuote mostra ciò che sarebbe potuto succedere se l'ostilità anticattolica avesse prevalso", ha detto una conduttrice radiofonica polacca manifestando il pensiero di numerosi suoi connazionali di una certa età, in grado di ricordare che cosa fu la persecuzione antireligiosa.

MESSE INTERROTTE
Anche nell'Europa dell'Est è successo, come da noi, che le forze dell'ordine siano intervenute per disperdere fedeli che, nonostante i divieti, si erano recati in chiesa per la Messa, e queste immagini hanno a loro volta riproposto ricordi alquanto spiacevoli, tanto più che alcuni sacerdoti sono stati multati per non aver rispettato le regole.
In Romania il vescovo greco-cattolico Virgil Bercea, sessantadue anni, che per alcuni anni, prima della rivoluzione del 1989, fu sacerdote clandestino nella Romania comunista, ha dichiarato che il divieto di celebrare le Messe a causa della pandemia ha ovviamente provocato molte domande e suscitato dolorosi ricordi. "Prima della liberazione - ha sottolineato - le nostre case avevano preso il posto delle chiese. E ora che tutto è di nuovo chiuso ci troviamo in una situazione angosciante".
In Ucraina, dove sono ancora consentite le funzioni religiose con un massimo di dieci fedeli, il Consiglio ucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose, che comprende anche leader cattolici, il 9 aprile ha denunciato violazioni delle regole da parte della polizia, che in alcuni casi, interpretando le norme in modo restrittivo, ha preteso di chiudere completamente le chiese, e anche questi fatti hanno contribuito a riproporre situazioni che si sperava fossero consegnate al passato.
In Russia il segretario generale della conferenza episcopale, monsignor Igor Kovalevsky, ha detto che in molti cattolici le norme per il contenimento della pandemia hanno suscitato "paure e associazioni di idee negative" e non è mancato chi ha contestato le regole.
Chi ha vissuto sotto il comunismo ricorda bene come andavano le cose quando si poteva pregare solo in casa, senza far rumore, perché c'era sempre il rischio di poter essere denunciati.

VESCOVI CORAGGIOSI
All'epoca un grande aiuto venne dalla consapevolezza che c'erano pastori non disposti ad arrendersi, e le parole di quei grandi testimoni della fede possono dire qualcosa anche a noi oggi.
È il caso del cardinale Stefan Wyszyński, il primate polacco che nel gennaio del 1953 sfidò il regime comunista, reagendo con una celebre lettera al diktat che revocava alla Chiesa la libertà di culto, e pagando la sua presa di posizione con il carcere.
Nei suoi Appunti dalla prigione si legge: "Il peccato più grande per un apostolo è la paura; la paura di un apostolo è la prima alleata dei suoi nemici. La mancanza di coraggio è l'inizio della sconfitta per un vescovo".
Nella lettera, firmata da tutto l'episcopato e inviata al governo, a proposito del divieto di culto era scritto: "Affermiamo che il suddetto decreto non può essere da noi riconosciuto come legittimo e vigente, giacché contrario alla Costituzione e alle leggi di Dio e della Chiesa [...]. Se dovessimo trovarci di fronte all'alternativa di sottomettere la giurisdizione ecclesiastica come uno strumento di governo civile oppure accettare un sacrificio personale, non vacilleremo [...]. Non possiamo sacrificare le cose di Dio sull'altare di Cesare! Non possumus!".
Il 25 settembre del 1953 il cardinale fu arrestato dalle autorità comuniste e portato in carcere. Uscendo dal palazzo episcopale, disse a una suora che voleva preparargli un bagaglio: "Sorella, non porterò nulla. Sono entrato povero in questa casa e povero vi uscirò". Sarebbe rimasto in carcere per tre anni.
Insieme a ricordi inquietanti, l'attuale situazione ci consente di riscoprire figure che possono insegnare davvero molto.
È il caso anche dell'eroico cardinale Ján Chryzostom Korec, vescovo di Nitra, in Slovacchia, autore del libro La notte dei barbari.
Ebbi la possibilità di conoscere il cardinale Korec e ricordo bene la passione con cui rievocava gli anni della Chiesa clandestina, costretta alle catacombe. Mi fece vedere alcune copie del samizdat che produceva in clandestinità e rievocò il periodo di isolamento in carcere, quando ripeteva ad alta voce interi brani di opere filosofiche e teologiche per non perderne la memoria.
Sì, possiamo proprio dire che dall'Est ci arrivano testimonianze che possono esserci di grande aiuto per superare, con fede e dignità, questa fase difficile.

Nota di BastaBugie: Benedetta Frigerio nell'articolo seguente dal titolo "A chi obbedire? Il beato Franz contro i vescovi proni allo Stato" parla del film sul beato Franz Jägerstätter (vedi foto), torturato e ucciso dal regime nazista a cui si oppose. Un film che ha da dire molto ai cattolici di oggi e che spiega quale sia la vera obbedienza.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 26 aprile 2020:
C'è una storia a cui la quarantena ha incollato diverse persone. Si tratta dell'ultimo capolavoro del regista Terrence Malick, "Hidden Life" ("La vita nascosta"), uscito negli Stati Uniti l'anno scorso e che avrebbe dovuto esordire nelle sale cinematografiche italiane questo mese. Molti hanno avuto la possibilità di vederlo in streaming. E forse non è un caso, perché la storia di questo contadino austriaco, che per fedeltà a Cristo si oppose al regime nazista morendo martire a 36 anni nell'agosto del 1943, ha qualcosa da dire al mondo contemporaneo, cattolico e non.
Franz Jägerstätter, beatificato nel 2007 da papa Benedetto XVI, viveva con sua moglie e le tre figlie a Radegund, coltivando i campi e allevando bestie in mezzo allo spettacolo delle Alpi austriache. Bisogna ricordare che la vita di quest'uomo prima del matrimonio fu contraddittoria e libertina (ebbe una figlia a 26 anni con un'altra donna) e che la fedeltà alla verità può farsi eroica in persone da cui magari non ce lo si aspetterebbe.
A 29 anni sposò Franziska Schwaninger, che cambiò completamente la sua vita, ordinandola e scandendola fra lavoro, preghiera e lettura della Bibbia. Fu proprio la conoscenza di Cristo a portarlo, tre anni dopo le nozze, a decidere di non assumere incarichi istituzionali nel suo paese, dove fu l'unico a votare contro il plebiscito di annessione alla Germania, motivo per cui cominciò ad essere emarginato dalla sua comunità.
Nel 1940 fu arruolato ma conoscendo i programmi eugenetici del Partito nazista si convinse ancora di più che l'obbedienza alla fede e alla verità, illuminata dall'incontro con Gesù, era incompatibile con la sottomissione al governo. Perciò, rifiutandosi di combattere quando fu richiamato nell'esercito nel febbraio del 1943, venne arrestato.
Jägerstätter non disobbedì solo alle autorità civili, ma anche a quelle religiose. Sia il parroco della sua chiesa sia il suo vescovo, Josephus Calasanz Fließer, lo spinsero a desistere dall'obiezione di coscienza: secondo loro il Signore non poteva volere che con la sua condotta mettesse a rischio non solo la sua vita, ma anche quella della sua famiglia, che infatti pagò cara la sua scelta, pur sostenendola.
Ricordiamo che Radegund era un paese di cattolici praticanti, ma che in nome del "buon senso" e dell'obbedienza ai superiori, a cui pure il Vangelo richiama, appoggiati da alcuni curati e vescovi, chiusero gli occhi sui soprusi del governo. Infatti, il beato scrisse: «Il Cristo ha rimproverato a Pietro di averlo rinnegato per paura  e per rispetto umano», mentre disse al suo parroco in una lettera: «Devo annunciarLe che forse perderà uno dei Suoi parrocchiani... Poiché nessuno può ottenere che io venga dispensato dal compiere una cosa che metterebbe in pericolo la mia salvezza eterna».
La ribellione del beato alle autorità anche ecclesiastiche la giustificò negando che l'obbedienza richiesta dal Vangelo sia senza eccezioni: «I comandamenti di Dio ci insegnano che dobbiamo prestare obbedienza ai nostri superiori, anche se non sono cristiani, ma solo finché non ci ordinano qualcosa di sbagliato, poiché dobbiamo obbedire più a Dio che agli uomini».
A dire, con il santo cardinale Newman, che prima del Papa c'è la coscienza. Il che non è un invito a vivere da "cattolici adulti" (ossia secondo le proprie opinioni e voglie), ma a seguire la verità rivelata da duemila anni di Magistero a cui il Papa stesso si deve sottomettere. Verità che, come tutti, anche i prelati possono tradire al pari di Pietro.
«L'uomo ha in realtà una Legge scritta da Dio dentro al cuore... e secondo questa egli sarà giudicato», dice la Costituzione pastorale Gaudium et spes. Questa verità, continua l'enciclica di san Giovanni Paolo II Veritatis splendor, «è indicata dalla "Legge divina"», norma universale e oggettiva della moralità», il cui nucleo sta nei Dieci Comandamenti: «Non avrai altro Dio fuori di me... Ricordati di santificare le feste... Non uccidere»; e che si riassume nel comandamento di Gesù di amare Dio e il prossimo.
I mesi di carcere e quelli dopo la morte (fu ghigliottinato) di Jägerstätter, dovuta proprio alla sequela dei Comandamenti, furono uno strazio per la moglie appena trentenne con tre figlie piccole da crescere: la gente smise di aiutarla nei campi, le bimbe venivano schernite e isolate, il partito le tolse ogni sussidio economico. Ma prima di morire, a sua moglie e a sua madre (che invece cercò di opporsi alla sua scelta), il beato scrisse:«Avrei tanto voluto risparmiarvi questa sofferenza che dovete sopportare per causa mia. Ma sapete quello che ha detto Cristo: Chi ama suo padre, sua madre, sua moglie e i suoi figli più di me non è degno di me (cf. Mt 10,37)». Non solo: «Perdonate a tutti volentieri, e anche a me, se a causa mia dovrete ancora soffrire».
Per questo la critica ha visto nel film di Malick una risposta a "Silence" di Martin Scorsese, che racconta la persecuzione del '600 dei cattolici in Giappone. Qui i preti apostati vengono giustificati ad abiurare per non mettere in pericolo la vita di altri cattolici (nel film Cristo stesso suggerisce ai sacerdoti l'apostasia). Scorsese, cattolico, racconta che dopo la visione del suo film, uscito nel 2016, Malick, non appartenente ad alcuna fede, però gli scrisse: «Cosa vuole il Cristo da noi?». La risposta, forse trovata nella vita del beato, pare completamente opposta a quella di "Silence".
Cosa c'entra tutto questo con l'oggi? Benedetto XVI parlò del relativismo come di una dittatura peggiore di quelle del secolo passato perché accadono soprusi e ingiustizie ma nessuno si scandalizza più. Basti pensare che la sospensione delle Messe o l'irruzione della polizia durante le celebrazioni eucaristiche non avvenne nemmeno sotto il regime nazista, che sapeva che un comportamento simile gli sarebbe costato il consenso dei credenti ottenuto più subdolamente.
Inoltre, quante volte anche oggi sentiamo ripetere da sacerdoti e credenti che non si può scegliere per Cristo se ciò mette a repentaglio i nostri cari (anche quando il rischio non è nemmeno alto)? Quante altre si sente dire che bisogna obbedire ciecamente alle autorità per essere buoni cattolici, dimenticando i Comandamenti divini? Come non pensare poi a don Lino Viola, che fedele alla sua coscienza (e anche alle disposizioni civili evitando l'assembramento) non ha voluto cacciare dalla chiesa e allontanare da Cristo alcuni famigliari di vittime di Covid-19 desiderose di trovare consolazione nella Santa Messa, ma trovando opposizione nel suo vescovo, più statalista di uno Stato che nelle sue norme non ha mai vietato i sacramenti, ma, appunto, solo gli assembramenti?
Allora, nella confusione relativista, suona ancor più stringente il monito del beato Jägerstätter: «Abbiamo l'obbligo di pregare Dio di inviarci o mantenerci un intelletto sano, che ci permetta di capire a chi e quando dobbiamo obbedire... Rincresce molto di questi tempi che anche tra noi cattolici ci siano così tante persone che obbediscono a cose alle quali dovrebbero ribellarsi e si ribellano ad altre a cui dovrebbero obbedire (vedi la morale cattolica, ndr)».



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Titolo originale: Quelle voci dall'Est che parlano anche a noi
Fonte: Radio Roma Libera, 18 Aprile 2020