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Incredibile ma vero. Lo scorso aprile la Corte Suprema del Regno Unito ha fatto sapere ufficialmente ai contribuenti britannici che, in futuro, il National Health Service (NHS), ovvero il Servizio Sanitario Pubblico britannico, nonostante siano scarse le risorse finanziarie per le cure mediche essenziali, sarà costretto ad elargire somme a sei cifre per chi voglia fare ricorso alla pratica dell'utero in affitto in un paese extra britannico, perché in Inghilterra è vietato.
Il peso maggiore in questa storia l'ha avuto Brenda Marjorie Hale, nota come Lady Hale, che è stata una giudice britannica, presidente della Corte Suprema del Regno Unito dal 2017 al 2020, la quale, in passato, si era occupata del caso di una donna a cui aveva fatto avere un risarcimento importante (di ben 560.000 sterline) per alcuni gravi errori clinici che, a causa di una diagnosi tardiva di cancro all'utero, le avevano reso impossibile portare avanti una gravidanza.
C'è però un piccolo particolare: la donna in questione, il cui nome per ragioni di privacy non viene svelato, aveva già ricevuto più di 74.000 sterline per poter pagare quattro gravidanze con maternità surrogata, a cui aveva fatto ricorso, usando i suoi ovuli. Ben quattro perché la donna desiderava anche una famiglia numerosa. Eppure se questa richiesta di risarcimento fosse stata respinta, il sistema sanitario nazionale, avrebbe avuto denaro sufficiente per poter pagare circa 100 interventi per protesi al ginocchio e all' anca, destinate a pazienti che sono in lista d'attesa ormai da lungo tempo. Un caso, insomma, che rappresenta un importante precedente in merito alla recente decisione della Corte Suprema del Regno Unito.
Eppure proprio Lady Hale si è autodefinita un'ardente attivista per i diritti delle donne, ma quali diritti? Quelle delle madri surrogate che verranno, dopo essere state sfruttate adeguatamente come banali involucri, tenute ben lontane dalle coste britanniche? Di quali diritti stiamo parlando? Viene piuttosto da chiedersi... siamo di fronte ad una nuova forma di schiavitù o di colonialismo?
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal "gaio" mondo gay (sempre meno gaio).
LA FIGLIA DI BRAD PITT E ANGELINA JOLIE SI FA CHIAMARE JOHN
Il 27 maggio scorso Shiloh, la figlia di Brad Pitt e Angelina Jolie, ha compiuto 14 anni. Shiloh vuole farsi chiamare John e ama vestire da maschio, facendosi tagliare i capelli corti. Tempo fa la madre ha spiegato che la figlia «si sente un ragazzo, si fa chiamare John, quindi abbiamo deciso di assecondarla». Sulla stessa lunghezza d'onda il padre il quale pare che abbia dichiarato, in occasione del compleanno della figlia, che approva la sua decisione e adora il fatto che lei sia sempre stata fedele a se stessa.
Ci sbaglieremo pure, ma noi invece vediamo solo il sintomo di un disagio di questa ragazzina cresciuta in un ambiente molto sopra le righe ed ora contesa da genitori separati. Un disagio comune a molti figli di coppie separate il quale si può esprimere in moltissime forme. Shiloh ha deciso di negare la propria identità, un modo ingannevole per fuggire da una realtà dolorosa e che dovrebbe trovare amorevole opposizione nei genitori e non entusiastico consenso.
(Gender Watch News, 1° giugno 2020)
POVIA E LA POLEMICA SUL GAY MANCATO
Il cantante Povia, ospite del programma della Rai Vieni da me, racconta che fa le pulizie di casa e afferma di essere «un gay mancato». La conduttrice Caterina Balivo, ossequiosa del politicamente corretto, si infuria e lo rimprovera così: «Scusa, ma hai detto un'altra cretinata, Povia». Il cantante la prende in giro nuovamente e le ribatte: «sono un di lei mancato».
"Scherza coi fanti ma lascia stare i gay" si potrebbe commentare. I Gay Pride offendono la sensibilità religiosa di tutti, ma la categoria dei gay non può essere fatta oggetto nemmeno di una battuta.
(Gender Watch News, 11 maggio 2020)
COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA E OMOSESSUALITÀ
Cosa dice il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, volume pubblicato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, sull'omosessualità? «Un problema particolare collegato alle unioni di fatto è quello riguardante la richiesta di riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, sempre più oggetto di pubblico dibattito. Soltanto un'antropologia rispondente alla piena verità dell'uomo può dare una risposta appropriata al problema, che presenta diversi aspetti sia sul piano sociale che ecclesiale. Alla luce di tale antropologia si rivela "quanto sia incongrua la pretesa di attribuire una realtà ´coniugale´ all'unione fra persone dello stesso sesso. Vi si oppone, innanzi tutto, l'oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto inscritto da Dio nella stessa struttura dell'essere umano. È di ostacolo, inoltre, l'assenza dei presupposti per quella complementarità interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano fisico-biologico quanto su quello eminentemente psicologico, tra il maschio e la femmina. È soltanto nell'unione fra due persone sessualmente diverse che può attuarsi il perfezionamento del singolo, in una sintesi di unità e di mutuo completamento psico-fisico".
La persona omosessuale deve essere pienamente rispettata nella sua dignità e incoraggiata a seguire il piano di Dio con un impegno particolare nell'esercizio della castità. Il doveroso rispetto non significa legittimazione di comportamenti non conformi alla legge morale né, tanto meno, il riconoscimento di un diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso, con la conseguente equiparazione della loro unione alla famiglia: "Se dal punto di vista legale il matrimonio tra due persone di sesso diverso fosse solo considerato come uno dei matrimoni possibili, il concetto di matrimonio subirebbe un cambiamento radicale, con grave detrimento del bene comune. Mettendo l'unione omosessuale su un piano giuridico analogo a quello del matrimonio o della famiglia, lo Stato agisce arbitrariamente ed entra in contraddizione con i propri doveri"».
(Gender Watch News, 24 aprile 2020)
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