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Quali sono le discriminazioni che sono vietate? Tutte quelle che possiamo immaginare! In effetti, la norma non si limita a sanzionare differenze di trattamento già vietate da altre norme, ma stabilisce che qualsiasi differenza di trattamento è vietata e punita con il carcere! Ma noi sappiamo che non tutte le differenze di trattamento costituiscono discriminazione: ad esempio, come ha affermato la Corte Costituzionale, non costituisce discriminazione il divieto per le coppie omosessuali di ricorrere alle tecniche di fecondazione artificiale. Le differenze di trattamento possono essere giustificate per motivi educativi (scelta della baby-sitter: posso sapere se è affiliato al Circolo Mario Mieli? Insegnante di scuola cattolica da scegliere), di riservatezza (accesso dei transgender agli spogliatoi femminili oppure camerate di collegi separate per ragazze e ragazzi), di coscienza (il pasticcere o il fotografo che non vogliono prestare la loro opera in unioni civili omosessuali), di equità (atleti maschi che si sentono donne e che gareggiano in competizioni femminili), di fede religiosa (accesso ai seminari).
Da oggi, tutto ciò sarebbe vietato e punito con il carcere: un colpo di spugna a problematiche discusse in tutto il mondo (penso ad esempio alle gare sportive e alle regole che sono state via via adottate).
QUANDO SONO PUNITE QUESTE DISCRIMINAZIONI?
Andiamo avanti: quando sono punite queste discriminazioni? Qui emerge la vera novità del disegno di legge: in effetti, non sono punite soltanto le discriminazioni fondate sul genere, sull'identità di genere o sull'orientamento sessuale, ma anche quelle fondate "sul sesso".
Abbiamo, quindi, quattro categorie che vengono poste una accanto all'altra: sesso, genere, identità di genere e orientamento sessuale. Quando il Pubblico Ministero vorrà contestare il reato al "discriminatore" dovrà specificare i motivi che lo hanno indotto alla condotta vietata.
Scopriamo, intanto, che, accanto al sesso (suppongo che l'alternativa sia maschio/femmina) esiste il genere: quindi - pare di comprendere - ciascuno di noi è maschio o femmina, ma anche di genere differente. Sia chiaro (sic!): il genere cui noi apparteniamo non corrisponde all'identità di genere, che è una cosa differente; sostanzialmente, nella nostra carta di identità dovrebbero scrivere almeno tre caratteristiche che contraddistinguono una persona.
Il fatto è che - come si comprende dalle diverse proposte di legge che sono state unificate in questo "testo base" - la portata di questi concetti non è affatto pacifica (tranne quella di sesso) e tanto meno è diffusa nella popolazione (provate a chiedere a un vostro amico: di che genere sei? e che identità di genere hai?). In effetti, alcune proposte tentavano di darne una definizione ma introducendone altri: la proposta Boldrini e Speranza faceva riferimento al concetto di "identità sessuale" e a quello di "ruolo di genere", mentre la proposta Scalfarotto e altri parlava di motivi "fondati sull'omofobia o sulla transfobia". Il fatto che i concetti siano di significato incerto rende la norma penale illegittima: uno dei principi fondamentali del diritto penale di uno Stato democratico è che la condotta vietata deve essere descritta con precisione, perché il cittadino deve essere messo in grado di prevedere la possibilità di una sua punizione.
Il testo unificato rinuncia a definizioni, dà per scontato che esista un "genere" distinto dal sesso della persona e, soprattutto, introduce le discriminazioni per motivi fondati "sul sesso". Questa ultima novità sarebbe diretta a contrastare la misoginia, come si affanna a spiegare Zan nell'intervista a Repubblica. Ora: chiunque può vedere che non si parla affatto di discriminazione nei confronti delle donne, ma di discriminazione per motivi fondati "sul sesso": è chiaro, infatti, che - a parte le chiacchiere ai giornali - i proponenti non potevano compiere - loro per primi! - una clamorosa discriminazione, punendo la misoginia e non punendo i "crimini d'odio" nei confronti dei maschi. In realtà, pare chiaro che si tratti di un'esca lanciata perché abbocchino i movimenti femministi: ma l'operazione è spregiudicata. Pensate, infatti, che si "butta sul penale" tutta la tematica dei contrasti uomo/donna che, purtroppo, è così diffusa nella nostra società. Se fossi un padre separato che non riesce a vedere i figli quanto vuole, valuterei se denunciare per discriminazione l'assistente sociale, il Consulente del giudice che ha suggerito di far vivere i figli presso la moglie, forse lo stesso giudice; e i problemi di carriera all'interno delle aziende? Perché hanno promosso lui/lei e non me, che sono molto più bravo/a? Lo hanno fatto per motivi di sesso?
Più in generale, questa proposta, punendo la discriminazione per motivi indicati in modo del tutto generico, è una miccia che chiunque può accendere: c'è sempre qualche motivo per denunciare una discriminazione, per chiedere la chiusura di una radio o di un giornale o di una pagina Facebook!
È esattamente questo il risultato che i proponenti vogliono: essi progettano un'aggressione continua basata sulla discriminazione e sui discorsi d'odio.
NEGATA LA LIBERTÀ DI OPINIONE
Veniamo allora alla repressione della libertà di opinione, di manifestazione del pensiero, di associazione e di riunione. Abbiamo visto che la norma punisce colui che "incita" a tali discriminazioni. Contrariamente all'esempio che faceva Io Donna, per essere perseguito penalmente non è affatto necessario sollecitare il linciaggio di un omosessuale, è sufficiente chiedere ai Responsabili dell'Associazione cattolica degli scout di sostituire dei capi dichiaratamente omosessuali per il ruolo educativo che hanno nei confronti dei ragazzi; è sufficiente chiedere al giudice che mi ha tolto un figlio per le difficoltà familiari o per altri motivi di non affidarlo ad una coppia omosessuale, o scrivere al Vescovo perché faccia ordine in un seminario. "Istigare" significa "stimolare, indurre con consigli e incitamenti ad un'azione" (la norma utilizza il verbo come sinonimo di "incitare", che usa per le associazioni vietate), nient'altro. In effetti, è una norma diversa quella che prevede una punizione più severa per l'incitamento alla violenza: come si è detto, non sono necessari né odio né violenza per sbattere in galera coloro che, quando è necessario, diranno la verità e solleciteranno le persone a seguirla.
Ciascuno di noi può intuire in quante occasioni potranno accusarci di avere incitato qualcuno (non necessariamente di persona, anche con lo scritto, con un articolo di giornale, con un post su Facebook) a discriminare "per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'identità di genere o sull'orientamento sessuale".
Non basta: se venisse approvata questa legge, sarebbero vietati "ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere": lo scopo - si noti bene! - non deve essere l'unico dell'associazione. Sono previste pene altissime (fino a sei anni di reclusione!), che potrebbero avere senso per associazioni neonaziste o razziste, ma che rischiano di essere inflitte a partecipanti a gruppi o movimenti del tutto pacifici. Non è un caso: ogni resistenza organizzata al dilagare dell'ideologia gender nella società deve essere stroncata; guai ad opporsi a certi corsi o a certe lezioni nelle scuole!
CONCLUSIONE: TUTTI A MANIFESTARE L'11 LUGLIO
Ci sarebbero molte altre annotazioni da fare. Mi sembra evidente che sono in pericolo i fondamenti della democrazia che conosciamo: davvero è sorprendente - lo dico da giurista - che queste proposte siano sostenute, tra gli altri, da un partito che ha la democrazia nel suo nome. Le norme penali sono palesemente illegittime, sono lance scagliate contro la libertà di pensiero, di associazione e di riunione. Non si può che resistere.
Nota di BastaBugie: da Nord a Sud un popolo si alzerà in piedi per dire "No" al liberticida ddl Zan sull'omotransfobia, ora in discussione in Parlamento.
Con la nostra presenza di piazza vogliamo dire no all'istituzione di un nuovo reato, quello di omotransfobia, appunto, che non viene definito dal legislatore, lasciando così enormi spazi a interpretazioni e derive liberticide che colpiranno tutti coloro che si esprimeranno pubblicamente in modo non allineato al mainstream.
In caso di approvazione del testo, sarà possibile per chi gestisce una palestra vietare ai maschi transgender (che si "sentono" donne) l'ingresso nello spogliatoio delle donne? Sarà possibile per un genitore chiedere che il figlio non partecipi ad attività scolastiche inerenti temi sensibili sulla sessualità e la famiglia? Sarà ancora possibile per un sacerdote spiegare la visione cristiana del matrimonio? Sarà possibile dire pubblicamente che la pratica dell'utero in affitto è un abominio o dirsi contrari alla legge sulle unioni civili? Per tutte queste domande il ddl sull'omofobia ha una sola risposta, NO.
Ecco perché scendiamo in piazza. Per la libertà di espressione, per la libertà di educazione, per la libertà di stampa, per la libertà di associazione, per la libertà religiosa.
Cerca la piazza a te più vicina, clicca qui!
https://www.youtube.com/watch?v=Xk783pUvLWA
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