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PER I FIGLI È EQUIVALENTE AVERE GENITORI SPOSATI O CONVIVENTI: FALSO!
Convivenza o nozze: per i bambini non è lo stesso
di Giacomo Samek Lodovici
 

«Per i figli è equivalente avere genitori sposati o conviventi». Le cose non stanno così. Alcuni conviventi sono ottimi genitori, però, mediamente, i loro figli patiscono problemi psicologici (come asocialità, depressione, difficoltà di concentrazione) più frequentemente rispetto ai figli degli sposati. I problemi emotivi e comportamentali dei figli dei conviventi sono quasi il doppio più alti di quelli dei figli degli sposati nella fascia dai 6 agli 11 anni, e quasi il triplo più alti nella fascia dai 12 ai 17 anni.
Ebbene, una recente indagine sociologica di S.H. Liu e F. Heiland ha rilevato che già nei bambini di tre anni i cui genitori si sono sposati, almeno dopo la loro nascita, l’indice del Peabody Picture Vocabulary Test (metodo di misurazione delle abilità verbali e linguistiche) è più alto di 4 punti rispetto a quello dei loro coetanei che hanno un contesto di nascita e di vita simile, ma i cui genitori non si sposano.
Gli autori di questa ricerca spiegano questo dato di fatto dicendo che il matrimonio incoraggia maggiormente la specializzazione e la suddivisione dei compiti e dei ruoli all’interno della coppia. Inoltre, il matrimonio è un legame che aumenta la solidità del rapporto, considerato che la trasgressione dei doveri verso i coniugi può essere sanzionata giuridicamente.
Così, per esempio, un padre non sposato è meno incentivato ad investire affettivamente ed economicamente sul figlio sia «perché avverte una maggior incertezza circa la misura in cui, in futuro, potrà beneficiare di questo investimento», dato che il figlio potrebbe in futuro non vivere più con lui (bensì con l’ex), sia perché ha maggiori difficoltà a monitorare l’uso dei soldi che dà alla convivente in favore del figlio.
Si rileva, allora, che i non sposati con bambini che hanno meno di 13 anni stanno con i loro figli 12-14 ore in meno alla settimana rispetto ai genitori sposati; inoltre essi spendono meno per i figli.
Si può aggiungere, prima di concludere, che anche le famiglie di provenienza dei conviventi sono meno propense fornire ai propri figli, e ai bambini di questi ultimi, degli aiuti economici. Infatti questi loro figli, essendo non sposati, è molto più probabile (rispetto agli sposati) che si dividano dai loro partner, perciò i soldi che vengono dati potrebbero alla fine andare a beneficio non dei propri figli, bensì dei loro, in futuro, ex-conviventi.

 
Fonte: Avvenire