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ECCO L'ISLAMICO DELLA STRAGE A VIENNA DI 10 GIORNI FA... LE AUTORITA' LO LASCIARONO LIBERO
Il terrorista musulmano è stato arrestato mentre cercava di unirsi all'Isis, frequentava una moschea estremista ed ha provato ad acquistare munizioni... ma le autorità austriache hanno creduto alla sua buona fede
di Leone Grotti
 

Se l'Austria è rimasta sorpresa dalla strage compiuta a Vienna il 2 novembre dal terrorista islamico Kujtim Fejzulai non può che incolpare il proprio apparato di sicurezza. Il ventenne con doppio passaporto austriaco e macedone, armato di tutto punto, ha ucciso quattro persone nella capitale dopo aver aperto il fuoco sui passanti e i clienti di bar e ristoranti in diversi punti del centro, prima di essere ucciso dalla polizia.
Fejzulai, il cui attentato è stato rivendicato dallo Stato islamico, era infatti stato condannato a 22 mesi di carcere nell'aprile 2019 dopo aver cercato di viaggiare in Siria per unirsi all'Isis. Nel settembre 2018 si era recato in Turchia per attraverso il poroso confine con la Siria, ma era stato fermato e rimpatriato in Austria, dove fu arrestato nel gennaio 2019.
Ora la polizia austriaca ha arrestato 14 tra i suoi amici e conoscenti, ma nel luglio 2020 ignorò completamente l'allarme lanciato dalla Slovacchia. In estate il terrorista si era infatti recato nella confinante Slovacchia per acquistare una scorta di munizioni per un Ak-47. L'acquisto non andò a buon fine perché Fejzulai non era in possesso di un regolare porto d'armi. La polizia slovacca avvisò immediatamente l'Austria parlando del tentato acquisto da parte di un «sospetto austriaco». L'intelligence austriaca archiviò la segnalazione, senza fare nulla.
Il terrorista aveva frequentato in passato una nota moschea estremista nell'area di Ottakring, a Vienna, il cui imam era poi partito per la Siria, dove aveva creato una brigata jihadista di lingua tedesca. Quando nel dicembre 2019 Fejzulai è stato rilasciato, il ministro dell'Interno ha spiegato che aveva convinto le autorità di avere abbandonato le sue idee e i suoi propositi estremisti. In realtà, la Derad, associazione che si occupa di de-radicalizzare gli islamisti austriaci, ha affermato di non aver mai ottenuto alcun successo con lui.
La leggerezza con cui Vienna ha gestito il caso di Fejzulai è indicativo di quanta strada abbia ancora l'Europa da fare nella lotta al terrorismo islamico che, come dichiarato da Angela Merkel all'indomani dell'attentato, «è il nostro nemico comune».

Nota di BastaBugie: Mauro Faverzani nell'articolo seguente dal titolo "L'ignavia dell'Occidente e la violenza dell'islam" parla da una parte della cieca inerzia dell'Occidente e dall'altra dell'aggressiva intraprendenza del mondo islamico. Vediamo nel dettaglio a che punto siamo.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Radio Roma Libera il 26 ottobre 2020:
Da una parte, la colpevole e cieca ignavia dell'Occidente; dall'altra, l'aggressiva intraprendenza del mondo islamico: potrebbe essere questa una fotografia realistica della situazione geopolitica e religiosa contemporanea.
Sull'Occidente molto si è già detto, senza tuttavia che, per questo, la situazione sia mutata, come provano le cronache. Vediamo gli ultimi fatti. Secondo quanto riferito nei giorni scorsi dal ministro dell'Interno francese Gérald Darmanin, Oltralpe ben 851 immigrati clandestini sono accusati di «radicalizzazione di natura terroristica». Ma, di questi, solo per 231 è prevista l'espulsione e solo 180 si trovano attualmente in carcere. Ciò significa che gli altri 620 possono per ora andarsene più o meno indisturbati a zonzo per le strade francesi e non solo.
L'avv. Thibault de Montbrial, fondatore del Centro di Riflessione sulla Sicurezza Interna, nel suo recente saggio Osiamo l'autorità, ha offerto un'analisi pessimistica, benché realistica della situazione in Francia in particolare ed in Europa in generale: «Ci rendiamo conto delle cifre sbalorditive, quando guardiamo l'aumento della criminalità legata all'immigrazione in Italia, Svezia e Germania dal 2015 - ha dichiarato - Queste cifre vengono nascoste, perché la gente si sente estremamente a disagio a parlarne. Molti, anche tra le forze dell'ordine e nei palazzi di giustizia, ritengono che verosimilmente non si sfuggirà ad un periodo di grande violenza. Nessuno sa quando esploderà, né quale possa esserne l'ampiezza, né come possa andare a finire. Ma è alquanto minoritaria l'ipotesi di un miglioramento della situazione senza traumi».
In Danimarca, il primo ministro Mette Frederiksen ha avuto il coraggio di denunciare l'origine «non occidentale» della crescente criminalità, dilagante ormai nel Paese nordico: «Senza generalizzare, dobbiamo comunque riferirci ai fatti - ha dichiarato due settimane fa - Le ragazze vengono insultate o molestate semplicemente perché danesi. Oppure minacciate e sottoposte a tutela sociale, perché diventate troppo danesi. Un carretto di salsicce a Brønshøj è stato attaccato, perché vendeva carne di maiale. Un giovane su cinque di origine non occidentale è stato condannato al carcere prima dei 21 anni. Non è una novità ed è questo il problema. Va avanti da troppi anni». Una denuncia forte, chiara, circostanziata. Però rimasta sostanzialmente inascoltata. La misura più significativa assunta ha riguardato il bando per due anni da bar e locali notturni per i membri delle baby-gang. Quando è evidente, dalle parole dello stesso premier danese, come il problema non sia tanto la microcriminalità quanto l'intero sistema delle politiche migratorie, ben più impegnativo e tale da richiedere provvedimenti ben più complessi e drastici di un semplice maquillage sociale.
Non serve a nulla, anzi è gravemente controproducente assecondare l'andazzo, come hanno fatto viceversa i giudici del tribunale amministrativo di Münster, in Germania, permettendo ad un muezzin, dopo cinque anni di silenzio, di ricominciare pure a chiamare la comunità islamica turca di Oer-Erkenschwick in moschea, diffondendo l'adhan, cioè il richiamo, con l'altoparlante per un massimo di 15 minuti tra mezzogiorno e le 14 di ogni venerdì. È stata così respinta la richiesta di silenziarlo, avanzata cinque anni fa da una coppia di coniugi tedeschi, Hans-Joachim e Lieselotte Lehmann, residenti nei pressi ed infastiditi dal rumoroso strumento. In primo grado, nel 2018, fu data loro ragione, ma quella sentenza è stata ora ribaltata e ciò si configura oltre tutto come un pericoloso precedente, perché altri possano decidere di fare altrettanto sull'intero territorio nazionale. Giungendo al paradosso di scatenare gli altoparlanti islamici proprio quando vengono imbavagliate le campane delle chiese cattoliche da giudici non altrettanto tolleranti verso la nostra religione...
Anche in Italia episodi quali la rivolta degli immigrati presso il centro rimpatri di Milano o le ripetute aggressioni con tanto di coltello presso la stazione di Barletta sono solo segnali, offerti dalla cronaca nera, di un disagio molto più ampio, preoccupante e soprattutto, al momento, senza reali argini. Persino il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, lo scorso luglio ha dato la sveglia al governo «nella sua interezza», richiamandolo ad agire, sulla questione migranti, «con una politica adeguata». Segno evidente di come, ad oggi, adeguata non sia.
Il problema non è congiunturale, ma strutturale. Il che significa che, anche al netto della jihad, cioè anche senza considerare le espressioni di puro terrorismo, è la concezione della persona e della società, ad esser radicalmente ed inconciliabilmente diversa tra l'Occidente con i suoi valori, quando accolti e non rinnegati, e l'islam con prassi, ad esser benevoli, sin troppo "disinvolte"...
Il report stilato dal Carnegie Endowment for International Peace, ad esempio, evidenzia il ruolo giocato da Dubai nell'agevolare corruzione, criminalità e flussi di soldi illeciti, provenienti da Europa, Afghanistan, Russia, Iran ed Africa orientale, aggravando così i conflitti e la malavita internazionale, a tutti i livelli. In particolare, nell'emirato, il mercato immobiliare rappresenterebbe una fonte attrattiva di denaro sporco, complici anche regole minimali e sin troppo tolleranti.
La Cbs ha denunciato la presenza, nelle carceri egiziane, di ben 60 mila prigionieri politici ancora in attesa o in assenza di processo. Tra di essi, figurerebbero molti attivisti ed accademici. Ma l'impermeabilità ai diritti umani riguarderebbe anche il ricorso alla tortura nei commissariati ed i fermi arbitrari, documentati ormai da diverse organizzazioni e da più fonti.
Non solo. Già in passato il governo egiziano si è distinto per aver bloccato 21 siti web ritenuti «mendaci» ed accusati di sostenere «terrorismo ed estremismo». Tra i media colpiti figurano anche nomi "eccellenti" come Al-Jazeera, Asharq, Masr al Arabia, Al Shaab, Arabi 21, Rassd ed altri. Mada Masr, editato in arabo ed in inglese, non aveva alcuna contiguità con la Fratellanza Musulmana, ma era "reo" d'aver espresso posizioni critiche nei confronti dell'amministrazione alla guida del Paese.
Sempre sul fronte mediatico, la Tunisia ha invece il problema opposto: un'autentica campagna d'odio viene promossa, qui, inquinando così la «formazione della coscienza collettiva - ha scritto Anwar al-Jamawi, docente universitario, sull'agenzia Al-arabi al-Jadid - Gli incitamenti dei media alla violenza ed alla ribellione non fanno altro che minacciare la stabilità e la pace sociale. Secondo un rapporto pubblicato da due associazioni tunisine, il Consiglio nazionale delle libertà e la rete dell'Alleanza per le donne tunisine, il 90% delle testate giornalistiche contiene discorsi di esortazione all'odio. Il 13% dei mass-media invita in maniera esplicita a fare ricorso alla violenza ed il 58% delle piattaforme mediatiche trasmette discorsi provocatori o di parte. Il sindacato dell'Associazione dei giornalisti ha osservato più volte le centinaia di violazioni attuate da parte dei mass-media tunisini attraverso insulti, espiazione, discriminazione ed una difesa basata sulla violenza; per questo motivo, la Suprema Commissione per la Comunicazione audiovisiva ha emesso dozzine di atti punitivi nei loro confronti, a causa delle violazioni della dignità umana». Insomma, il quadro è chiaro, la diagnosi è infausta e la prognosi è assente.
Anche senza considerare il - pur gravemente presente - problema legato alla jihad internazionale, questi fatti mostrano dunque nel mondo islamico una mentalità ed una visione di persona, società e diritti umani assolutamente incompatibili ed inconciliabili col sistema occidentale, figlio del diritto romano, della filosofia greca e dell'impianto cristiano, che per millenni ha forgiato, formato ed informato la nostra gente, i nostri popoli, la nostra terra.

 
Titolo originale: L'Austria sapeva tutto del terrorista di Vienna. Ma non è intervenuta
Fonte: Tempi, 6 novembre 2020