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Immaginiamo che il presidente di una società di calcio si prefigga di vincere il campionato: sceglie l'allenatore più bravo, i dirigenti più in gamba; poi costruisce lo stadio di proprietà; crea una campagna di comunicazione per guadagnare simpatie e dare un'immagine adeguata alla società. Poi, siamo alla vigilia del campionato e il presidente si accorge che si è dimenticato di acquistare i calciatori. Una follia, si dirà. Impossibile. Già, ma questa è l'Italia di oggi, questo è ciò che il nostro governo sta facendo, ed è quello che dimostrano i dati Istat pubblicati ieri (con l'aggiunta di una analisi della natalità in Italia svolta dal presidente dell'Istat stessa, Gian Carlo Blangiardo).
In questi giorni si è molto parlato e molto fantasticato a proposito del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (PNRR) presentato dal nostro governo alla Commissione Europea, 210 miliardi di euro che dovrebbero rilanciare l'economia italiana, ulteriormente depressa dalla crisi pandemica. Transizione ecologica, digitale, mobilità sostenibile, inclusione, sono i principali capitoli di spesa per investimenti. Tralasciamo pure la questione, non secondaria, se questo sia il modo più efficace di rilanciare un'economia; il vero problema del PNRR è che non ci sono gli italiani, o meglio: saranno sempre meno, e insufficienti, gli italiani protagonisti dell'economia.
La crisi demografica dell'Italia, sempre più grave - e una delle cause fondamentali del declino economico - è stata semplicemente ignorata nel PNRR, esattamente come se il presidente di una squadra di calcio dimenticasse i giocatori. Teniamo conto che in 12 anni, le nascite sono calate del 30%, dalle 577mila del 2008 alle 404.000 del 2020, una vera e propria catastrofe.
LE CONSEGUENZE DEL LOCKDOWN
E i dati forniti ieri dall'Istat rendono il quadro ancora più drammatico, perché al calo di nascite già previsto dall'andamento ormai pluriennale, si è aggiunto un ulteriore calo dovuto alle conseguenze della crisi pandemica. Da novembre 2020 infatti, c'è un improvviso calo di fecondità rispetto ai mesi precedenti, comparati con gli stessi mesi del 2019. Se fino a ottobre si registrava un calo medio del 2.7% rispetto all'anno precedente (in linea con la tendenza degli ultimi anni), a novembre si registra un -8.2% rispetto allo stesso mese del 2019 e a dicembre addirittura un -10.3%. A gennaio 2021 il calo poi cresce a -14.3%, per la prima volta con una media giornaliera al di sotto della barriera psicologica dei mille nati: 992 per la precisione, per un totale sul mese di 30.767 nati vivi. Nel gennaio 2020 la media era stata di 1.159 nascite. In totale nel gennaio 2021 sono nati 5.151 bambini in meno rispetto al gennaio 2020, vale a dire una cifra ben sette volte superiore al calo che nel 2020 si registrava rispetto al gennaio 2019 (-729 nati vivi). Un vero e proprio crollo che si aggiunge al già drammatico calo tendenziale delle nascite, tanto che ci si aspetta per il 2021 un totale di nati vivi ben al di sotto delle 400mila unità.
A cosa si deve questo ulteriore, drastico calo della fecondità? Alla paura, ci dice il professor Blangiardo. Alla paura scatenata dal virus che ha portato a una immediata contrazione dei concepimenti: novembre infatti coincide con i nove mesi dal marzo 2020, e la contrazione - come abbiamo visto - è andata aumentando. Il fatto che da parte delle autorità e dei media si continui a spargere terrore a piene mani di fronte a un virus certamente pericoloso ma gestibile in ben altro modo, lascia pensare che nei prossimi mesi vada ancora peggio.
PERSI UN MILIONE DI ABITANTI
Il crollo delle nascite - che ha portato l'Italia a perdere in sette anni un milione di abitanti - è la vera emergenza nazionale, anche dal punto di vista economico. Senza la spinta delle nuove generazioni infatti non ci può essere ripresa economica; e i grandi progetti raccontati dal presidente del Consiglio Mario Draghi, non solo sono destinati a rimanere sogni, ma hanno ottime probabilità di trasformarsi in incubi perché il Recovery Fund europeo a cui attingerà l'Italia per il PNRR sarà un ulteriore debito a carico delle sempre più striminzite generazioni future.
Un governo che pensa alla ripresa economica saltando a piedi pari l'ingrediente fondamentale perché la ricetta possa essere efficace, è semplicemente irresponsabile. E ancora di più lo è continuando a seminare panico e incertezza sul futuro, imponendo lockdown devastanti - per l'economia e per la salute mentale -, e diminuendo così la propensione alla fecondità.
C'è a questo proposito un altro elemento che agisce da moltiplicatore in questa drammatica spirale denatalista, e che è diretta conseguenza delle politiche di lockdown: «Nel 2020 - dice l'Istat - sono stati celebrati circa 97mila matrimoni, il 48% in meno dell'anno precedente (...) Considerando quanto ancora oggi vi sia uno stretto legame tra matrimonio e le intenzioni riproduttive nel breve periodo, non vi è dubbio che anche questo fattore eserciterà una spinta negativa sulle nascite del 2021 e forse anche in seguito».
Ovviamente nel PNRR nulla c'è scritto riguardo alla famiglia - e come sostenerla -, ignorando che essa è il fondamento di una qualsiasi politica che voglia invertire la tendenza demografica. Come dire che questo governo, non diversamente da quello precedente, sta allegramente accompagnando il nostro popolo al suicidio.
Nota di BastaBugie: Gianfranco Amato nell'articolo seguente dal titolo "Lockdown illegittimi, un giudice dà l'esempio" spiega come è possibile che un giudice di Reggio Emilia abbia giustamente disapplicato il DPCM dello scorso marzo assolvendo due donne che giravano in violazione del lockdown.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 13 marzo 2021:
C'è un giudice a Reggio Emilia. Si tratta del Dott. Dario De Luca, Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale reggiano, al quale va ascritto il merito di aver emesso una sentenza giusta e coraggiosa.
Questi gli antefatti. Ai tempi del lockdown 2020, due donne in auto vengono fermate dai Carabinieri di Correggio, i quali chiedono spiegazioni del motivo per cui circolano in violazione del DPCM 8 marzo 2020. Una delle due adduce come giustificazione il fatto di esser andata a sottoposi ad alcuni esami clinici, mentre la seconda sostiene di aver accompagnato l'amica. I militari dell'arma eseguono i dovuti accertamenti e riscontrano che le affermazioni delle due donne non corrispondono a verità. Da qui la denuncia ed il relativo processo a carico delle sventurate. Processo che, però, si è concluso con un'assoluzione.
Il giudice dott. De Luca, infatti, nella sua sentenza è partito dalla considerazione, «in via assorbente», della «indiscutibile illegittimità del DPCM del 8.3.2020», come «pure di tutti quelli successivamente emanati dal Capo del Governo», ove si prevede che le misure di contrasto e contenimento del virus Covid-19 siano «estese all'intero territorio nazionale». Secondo il G.I.P. del Tribunale di Reggio Emilia, tale disposizione «stabilendo un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare».
Questo, però, crea un vero problema perché, sempre secondo il dott. De Luca, «nel nostro ordinamento giuridico, l'obbligo di permanenza domiciliare consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal Giudice penale per alcuni reati all'esito del giudizio (ovvero, in via cautelare, in una misura di custodia cautelare disposta dal Giudice, nella ricorrenza dei rigidi presupposti di legge, all'esito di un procedimento disciplinato normativamente), in ogni caso nel rispetto del diritto di difesa».
In pratica, le limitazioni alla libertà personale possono avvenire solo in base ad atto motivato della Autorità giudiziaria e non in base ad una atto amministrativo, e comunque nei casi e nei modi previsti dalla legge, ossia con provvedimento di natura singolare e non «con limitazioni generalizzate e assolute della libertà personale come sarebbe l'obbligo della permanenza domiciliare disposto nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini».
Il G.I.P. di Reggio Emilia, quindi, avvalendosi di una vecchia legge del 1865, ha disapplicato il D.P.C.M. in quanto palesemente incostituzionale. Infatti, poiché il D.P.C.M. non è una legge ma un semplice atto amministrativo non è la Corte costituzionale che deve dichiararne l'illegittimità, ma è il giudice ordinario che può semplicemente disapplicarlo.
Del resto, non c'è dubbio che l'obbligo l'obbligo di permanenza domiciliare costituisca una misura restrittiva della libertà personale. E secondo l'art. 13 della Costituzione le misure restrittive della libertà personale possono essere adottate solo su «atto motivato dall'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge». Secondo il G.I.P. del Tribunale dei Reggio Emilia da tale principio costituzionale discendono due corollari. Primo, «un DPCM non può disporre alcuna limitazione della libertà personale», trattandosi di un semplice atto amministrativo, anche se emesso dal Capo del Governo. Secondo, «neppure una legge (o un atto normativo avente forza di legge, qual è il decreto-legge) potrebbe prevedere in via generale e astratta, nel nostro ordinamento, l'obbligo della permanenza domiciliare disposto nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini».
Come si giunge all'assoluzione delle due donne? Con la seguente ineccepibile conclusione del G.I.P. De Luca: la disapplicazione del DPCM, rende comunque la condotta di falso non punibile, perché «è esclusa l'antigiuridicità in concreto della stessa condotta» e, perché, in ogni caso, si tratta di «un falso inutile». In pratica, sostiene il G.I.P., avendo disapplicato, perché costituzionalmente illegittimo il DPCM, il falso ideologico contenuto nell'autocertificazione appare «necessariamente innocuo». Da qui il proscioglimento delle due donne perché il fatto non costituisce reato.
Ogni tanto in Italia la giustizia batte un colpo.
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