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Il professor Franco Battaglia, noto al pubblico conservatore per la sua lotta, ahimè senza speranza (minuscolo: senza, non contro), sulla bufala planetaria del XXI secolo (i greti: «salviamo il pianeta!»), insegna chimica fisica all'università di Modena. Dunque, sa di cosa parla. Ha di recente capeggiato un appello al Capo dello Stato, in cui un centinaio di esperti (tra cui Zichichi) chiedono a quest'ultimo di non sprecare il denaro dei contribuenti inseguendo chimere.
La battaglia di Battaglia contro i mulini a vento (sia letterali che letterari) è di vecchia data. Nel suo ultimo libro scrive: «Venerdì 3 novembre 2006 fui invitato a dibattere, assieme al Ministro all'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, nel programma Ottoemezzo trasmesso su La7 e condotto da Giuliano Ferrara e Ritanna Armeni». In tal sede sperimentò quanto Upton Sinclair, scrittore americano premio Pulitzer, ebbe a suo tempo a dire: «È difficile far capire qualcosa ad una persona quando il suo stipendio dipende dal fatto di non capirla» (thanks a Socci). Il libro cui accennavamo è questo: L'illusione dell'energia dal sole (ed. 21° Secolo, pp. 208, €. 15), riedito in forma aggiornata e accresciuta. Negli anni scorsi il Nostro era molto presente nei talk, tanto da finire bersaglio dei comizi di Beppe Grillo quando questi era ancora «verde» e no-tutto. Accusato di essere pagato dalle multinazionali, il Nostro replicò: «Magari!». Ma qualcuno prese il discorso di Grillo molto sul serio e il bersaglio si spostò sull'auto del Nostro, che finì preda di sassate. La cosa, a sua volta, finì in tribunale, che ci mise una decina d'anni a dare ragione a Battaglia e a risarcirlo.
Ora, una volta che il Grande Reset ha deciso che dobbiamo diventare tutti verdi (alcuni di bile) per salvare la Pachamama e l'orso polare, Battaglia è praticamente scomparso dagli orizzonti televisivi: chi lo vuole lo trova, sempre più di rado, come editorialista de Il Giornale e del blog Zuppa di Porro (dove anche il sottoscritto talvolta compare). Ma lo spirito battagliero (nei due sensi), grazie al cielo, è sempre lo stesso: «Il protocollo di Kyoto, ai fini della riduzione della concentrazione di CO2 in atmosfera, equivale a pretendere di far dimagrire una persona obesa negandole la bustina di zucchero nel caffè del mattino». Infatti, «dopo trilioni di dollari spesi», l'unico risultato è «che le nostre bollette elettriche di oggi sono il triplo di quelle del 2007». Andiamo coi numeri e veniamo all'argomento del libro: «Al fabbisogno mondiale d'energia il Sole contribuiva per il 6% nel 1965, per il 7% nel 1990 e quasi il 10% nel 2019. Questi 3 o 4 punti percentuali in più hanno per caso contribuito ad una qualche riduzione delle emissioni di gas-serra rispetto ai livelli del 1990, come da obiettivo di tutti i protocolli»? Per quanto riguarda noi, «il 13% dell'energia elettrica disponibile sulla rete elettrica italiana proviene dalle centrali nucleari francesi, svizzere e slovene».
Per quanto riguarda, poi, i posti di lavoro «verdi» promessi dai piani mondiali post-pandemia è bene ricordare che comportano la perdita di quelli legati al petrolio. Bisognerà supportare e riqualificare lavoratori e interi settori, pena sommosse. Indovinate chi pagherà supporti e riqualificazioni. Sì, si dirà: ma vuoi mettere le c.d. fonti rinnovabili? Bella speranza (minuscolo), ma si sta «dimenticando, ad esempio, che la frazione dominante delle rinnovabili è costituita dalla fonte idroelettrica». E allora che si fa? «Per soddisfare col fotovoltaico il 10% dei consumi elettrici italiani dovremmo impegnare € 240 miliardi. Basterebbe impegnare meno di € 10 miliardi in 4 reattori nucleari e ottenere lo stesso risultato». Seh, vaglielo a dire ai no-nukes, che, sebbene siano sempre meno nel mondo, sono «pervicaci e resistenti in Italia». E in Germania, aggiungo io. Guarda caso, i soli due sconfitti europei dell'ultima guerra. La scelta no-nukes era supportata dalla promessa che i costi del fotovoltaico si sarebbero ridotti a furia di studiarci sopra. Invece, in 15 anni «si sono ridotti appena di un fattore 2». Quelli che costano meno, oggi, ce li ha tutti la Cina. E sappiamo perché.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Rino Cammilleri, nell'articolo seguente dal titolo "La battaglia di Battaglia sull'ideologia climatica" racconta che Franco Battaglia, docente di Chimica Fisica all'università di Modena, torna alla carica con un libro dal titolo eloquentissimo: Non esiste alcuna emergenza climatica.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 03-07-2021:
Inesausto guerriero, malgrado le molte sconfitte sul campo (mediatico, come si vedrà), il prof. Franco Battaglia, docente di Chimica Fisica all'università di Modena, torna alla carica con un libro dal titolo eloquentissimo: Non esiste alcuna emergenza climatica. Perché la pretesa di governare il clima della terra è un'illusione (ed. 21° Secolo, pp. 80, €. 10). Basato non su «modelli» o «teorie» o «proiezioni», ma sui semplici fatti e perciò zeppo di grafici e tabelle, per le obiezioni scientifiche rimandiamo al testo scritto il linguaggio piano e quasi televisivo.
Qui ci limiteremo a riportare qualche passo riguardante, sì, il clima, ma quello ideologico in cui tutto il dibattito (si fa per dire: la solfa gretina è unidirezionale) è immerso. Nel 2001 l'autore era coordinatore del comitato scientifico dell'Anpa (Agenzia Nazionale Protezione Ambiente), all'uopo chiamato dal ministro apposito, Altero Matteoli. Lui e il ministro erano seduti al Maurizio Costanzo Show per parlare dell'allora progettato Protocollo di Kyoto. C'era anche Ermete Realacci, fondatore di Legambiente. Battaglia disse, tra le altre cose, che il Protocollo avrebbe vincolato i Paesi entusiasti, però responsabili del 55% delle emissioni, mentre gli emissori del restante 45% avrebbero potuto far quel che pareva loro, anche aumentarle. Con ciò vanificando il Protocollo-salasso per il contribuente.
Realacci obiettò che, in ogni caso, il Protocollo era pur sempre un primo passo. Ecco un classico modo di controbattere le cifre con l'aria fritta. Battaglia chiosa: «Innanzitutto non si capisce quali sarebbero gli altri passi e, poi, anche montare su uno sgabello è un primo passo per raggiungere la Luna».
Si consoli, Battaglia: anch'io, al Maurizio Costanzo Show, mi ritrovai seduto accanto al Realacci (presenza fissa, lui, io mai più). Auspicavo, tra le altre cose, un incremento di parcheggi in città, e lui obiettò, seccato, che ciò avrebbe incoraggiato all'uso dell'auto. Vabbè, mezzo pubblico sia, anche se una città come Milano (capitale economica) diventa ostaggio degli scioperi, i quali vengono orditi sempre di venerdì (quando fanno più danno) e pure in tempi di pandemia (con effetto-sardina, ecchissenefrega dei picchi di contagio). Ma come finì lo scontro, anzi Battaglia? Finì che il ministro si alterò (involontario calembour) col suo consulente che gli sciupava i rapporti con gli ambientalisti, definiti dall'incauto «i peggiori nemici dell'ambiente», cosa che alterò pure il conduttore.
Morale, l'Italia firmò il Protocollo e Battaglia perse il posto. E pazienza se il Protocollo si proponeva di raggiungere i propri obiettivi entro il 2012, col risultato che nel 2012 le emissioni «furono di oltre il 50% in più di quelle del 1990!». Nello stesso periodo, infatti, moltissime produzioni erano state delocalizzate dove il lavoro costava meno, perciò andate ad emettere colà. «Principali emettitori sono oggi Cina, Stati Uniti e India. Se le emissioni degli Stati Uniti sono rimaste essenzialmente ferme ai livelli del 1990 (per la precisione sono aumentate del 3%), quelle di Cina e India sono aumentate, rispettivamente, del 320% e del 350%!».
Nel libro Battaglia riporta solo due delle «molte petizioni che centinaia di scienziati hanno sottoscritto per avvertire i responsabili politici che non v'è alcuna emergenza climatica». Una è italiana, promossa da alcuni scienziati del clima, geologi, geofisici, climatologi. Ebbene, nel 2018 l'antica e gloriosa Accademia dei Lincei organizzò una Conferenza sul tema del clima e alcuni firmatari della petizione chiesero di poter intervenire, cosa che fu accettata dal comitato scientifico della suddetta Conferenza. Ma la cosa dispiacque a un membro dell'Accademia, uno «scienziato», cela va sans dire. Diamo la parola a Battaglia: «Costui informò alcuni organi di stampa complici dell'imbroglio emergenza-climatica, i quali si spesero scrivendo articoli denigratori nei confronti dell'Accademia. La quale decise di cancellare la Conferenza». Et voilà.
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