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Ci sono buone notizie sul fronte della vita, davvero buone; ma ce ne sono anche di cattive, davvero cattive, sintomo evidente di quanto epocale sia lo scontro in corso.
Dagli Stati Uniti, come spesso accade, giungono le novità più incoraggianti: 12 governatori e 200 membri repubblicani del Congresso si sono serviti dell'istituto giuridico dell'«amicus curiae» per sostenere davanti alla Corte Suprema la legge pro-life emanata nel Mississippi. Secondo loro e secondo i loro legali, sarebbe molto meglio che della regolamentazione dell'aborto si occupassero i singoli Stati, senza varare un apposito diritto costituzionale federale in merito, anche per lasciare ai cittadini la possibilità di esprimersi democraticamente col voto, senza imposizioni dall'alto, promuovendo o bocciando di volta in volta i candidati corrispondenti alle idee della maggioranza. Punto, questo, su cui si sono detti d'accordo tramite un altro «amicus curiae» anche 184 membri della Camera dei Rappresentanti e 44 senatori, tutti repubblicani. Un eventuale esito positivo di questa importante battaglia potrebbe avere ripercussioni anche sulle legislazioni degli altri Stati americani, una dozzina dei quali sarebbe già pronta a far entrare in vigore immediatamente provvedimenti pro-life, già votati ed approvati, in caso di vittoria presso la Corte Suprema. Si tratta del South Carolina, dell'Alabama, dell'Arizona, dell'Arkansas, della Florida, della Georgia, dell'Idaho, dello Iowa, del Missouri, del Montana, dell'Oklahoma e del Texas.
L'ABORTO È IMMORALE
Il Mississippi, del resto, appare più che mai deciso ad applicare la norma varata nel 2018, norma che limita l'aborto, vietandolo dopo la 15ma settimana di gravidanza, anche a costo d'invocare il ribaltamento e, magari, l'annullamento della sentenza Roe versus Wade, quella che ha legalizzato in tutti gli Stati Uniti d'America l'uccisione dei figli nel grembo delle loro madri. Della questione la Corte Suprema, a fronte di un ricorso presentato dall'unica clinica abortiva operante nel Mississippi, si occuperà probabilmente a partire dall'imminente autunno, per poi giungere ad una sentenza entro l'anno prossimo.
Nel frattempo, anche la Chiesa negli Stati Uniti ha di nuovo assunto una chiara, netta posizione, negando l'ammissione all'Eucarestia ai politici pro-choice. Per questo, al senatore democratico Joe Cervantes dello Stato del New Mexico è stata rifiutata la Santa Comunione, avendo egli, all'inizio di quest'anno, votato ostinatamente a favore di una legge filoabortista. Fintosi sorpreso, parroco e Diocesi di Las Cruces gli hanno ribattuto d'averlo avvertito in forma privata e per tempo, prima del voto, circa le conseguenze che questo avrebbe avuto. Purtroppo invano. Christopher Velasquez, direttore dell'Ufficio diocesano per le Comunicazioni, ha anzi espresso biasimo verso l'esponente politico, ritenendo spiacevole ch'egli abbia tentato di buttare sul piano politico una questione, che è invece eminentemente pastorale. Il vescovo in persona, mons. Peter Baldacchino, aveva cercato a suo tempo di contattare personalmente e privatamente il sen. Cervantes in merito, senza tuttavia ottenere mai risposta.
L'INGHILTERRA TAGLIA I FONDI A PLANNED PARENTHOOD
Intanto in Inghilterra anche l'emergenza sanitaria può avere qualche effetto positivo: qui il governo, dovendo far fronte a spese impreviste per contrastare il Covid-19, ha tagliato i fondi pubblici per le campagne internazionali, compresa quella «sulla promozione dei diritti riproduttivi e dell'aborto». La decisione è stata approvata ed è divenuta quindi esecutiva grazie al voto espresso dalla Camera dei Comuni il 13 luglio scorso con 333 favorevoli e 298 contrari. Così l'Ippf, International Planned Parenthood Federation, perderà circa 14,2 milioni di sterline in tre anni, il che potrebbe significare la chiusura delle strutture affiliate in Afghanistan, Bangladesh, Zambia, Mozambico, Zimbabwe, Costa d'Avorio, Camerun, Uganda, Mozambico, Nepal, Libano e forse in altri nove Paesi.
Planned Parenthood sta valutando un'ipotesi senza precedenti, quella di promuovere un'azione legale contro il governo Johnson, ma pare che i margini di vittoria siano davvero ristretti. Ciò non ha scoraggiato la multinazionale dell'aborto dall'inviare un preavviso circa i suoi propositi all'esecutivo britannico, contando anche sul massiccio sostegno massmediatico, che non è mancato: immediatamente si sono schierati dalla sua parte The Independent, The Guardian, ma, a sorpresa, anche tre ex-premier conservatori, vale a dire Theresa May, John Major e David Cameron. Ne tengano conto gli elettori al momento del voto...
NON MANCANO LE BRUTTE NOTIZIE
Non sono comunque tutte rose e fiori, anzi. L'Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità, si starebbe preparando per un attacco in grande stile contro le legislazioni pro-life nel mondo. A tal scopo starebbe predisponendo una "guida" tecnica e politica «sull'aborto sicuro», con l'esplicito proposito di aumentare la pressione sui Paesi aderenti, rimuovendo le protezioni legali e le garanzie mediche in favore dei bambini non nati e degli operatori sanitari, obiettori di coscienza. A lanciare l'allarme, è stato un documento apparso sul BMJ Global Health, documento commissionato come aggiornamento del testo di riferimento in materia, pubblicato dall'Oms nel 2012, suggerendo per i Paesi in via di sviluppo metodi, che sarebbero considerati inaccettabili nei Paesi più sviluppati.
Nel frattempo, altra brutta notizia, il Congresso di Veracruz ha approvato nei giorni scorsi con 25 sì, 3 no ed un'astensione la depenalizzazione dell'aborto fino alla dodicesima settimana di gestazione. Oltre tutto, la pena per le donne, che superassero tale termine, è ridicola: da 15 giorni a 2 mesi di detenzione a piede libero. Veracruz è il quarto Stato messicano a compiere questo triste passo.
Finora era consentito uccidere il proprio figlio in grembo solo in caso di stupro, negligenza, pericolo di vita, malformazioni o per una gravidanza, risultante da inseminazione artificiale non consensuale. D'ora in poi, purtroppo, le maglie si allargano.
La battaglia per la vita continua.
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