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La Scozia, una volta rinomata come la patria della filosofia del buon senso, sta lentamente impazzendo nell'andar dietro alla tirannia LGBTI. La femminista scozzese Marion Miller è stata accusata di crimini d'odio dopo aver pubblicato dei presunti tweet "omofobici e transfobici".
In uno spaventoso assalto alla libertà di parola, la Scozia ha approvato una legge poco nota contro i "crimini d'odio" che non solo sanziona le dichiarazioni pubbliche ma anche le osservazioni fatte in privato. In pratica, naturalmente, proteggerà principalmente quelle minoranze che più probabilmente si lamenteranno di ciò che ‘sentono' come offese contro di loro. Lungi dallo sradicare l'"odio" in Scozia, hanno semplicemente creato una nuova aristocrazia che non deve essere offesa per nessun motivo.
Ancora, il governo scozzese ha anche chiesto ai suoi 8.000 dipendenti pubblici di "impegnarsi per includere tutti i pronomi nelle loro comunicazioni, inclusi i pronomi gender fluid". Come se non bastasse, la Scozia permetterà ai bambini di quattro anni di cambiare il loro nome e genere a scuola senza il consenso dei loro genitori. Secondo le nuove linee guida del governo sull'inclusività, infatti, è possibile "dirsi" come transgender "a qualsiasi età" e le opinioni dei giovani dovrebbero essere rispettate se non vogliono che i loro genitori siano informati.
Non sorprende che molti chiedano un "ritorno al buon senso". Nel frattempo, infatti, contro questa assurda nuova politica inclusiva scolastica si sono levate molte voci autorevoli. Marion Calder, co-direttore del gruppo di campagna ‘For Women Scotland', ha descritto la nuova guida del governo come "molto, molto preoccupante" e ha accusato il governo scozzese di portare avanti una "ideologia pericolosa".
Critiche sono state mosse anche all'affidabilità delle statistiche sul suicidio tra i giovani transgender utilizzate nel documento. Lucy Hunter Blackburn, un tempo capo della divisione per l'istruzione superiore del governo, ha descritto i dati come "irresponsabili" e "incredibilmente insensati". Il vicedirettore del Christian Institute Simon Calvert ha detto: "La questione di come aiutare al meglio i bambini e i giovani confusi sul loro genere è enormemente controversa. Il fatto che il governo scozzese si schieri così fermamente dalla parte degli attivisti trans è un male per le scuole, le famiglie e la società".
Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "Critica il ddl Zan, insegnante di religione trasferito" si parla della situazione in Italia in vista dell'approvazione della legge Zan che toglierà il diritto di parola anche nel nostro Paese.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29-07-2021:
Ddl Zan o non ddl Zan, nel nostro Paese è già rischioso - pure sotto il profilo lavorativo - esporsi contro la legge arcobaleno e, in generale, le rivendicazioni Lgbt. E anche un post su Facebook può costare caro. Lo prova la vicenda di Piergiorgio Dellagiulia, 46 anni, professore di religione cattolica presso l'Istituto Statale Velso Mucci di Bra (Cuneo), il quale, suo malgrado, si è ritrovato protagonista di una vicenda che ha del surreale.
Sì, perché questo insegnante non ha fatto nulla verso i suoi allievi o nelle sue aule che contrasti col suo ruolo di insegnante di religione (cattolica) o la sua etica professionale. Al contrario, si è limitato, in particolare su un gruppo Facebook molto letto dai cittadini braidesi, a condividere degli articoli critici sul ddl Zan; il che non solo è consentito, ma risulta perfettamente in linea sia con gli insegnamenti della Chiesa Cattolica, sia con la stessa posizione della Santa Sede, formulata nero su bianco con la nota diplomatica al Governo italiano dello scorso 17 giugno.
Ebbene, solo per questo, per essersi cioè esposto sui social contro il ddl Zan ancora lo scorso aprile, Dellagiulia è stato inondato di critiche. Fin qui tutto normale, dato che a prendere le distanze dai cosiddetti "diritti civili", come noto, si rischiano anche via social le proteste dei paladini del «love is love». Il punto è che a tali prese di distanza dall'insegnante di religione si è accodato, dalla pagina Facebook dell'Istituto, addirittura il preside della scuola superiore, il professor Gianluca Moretti. Lo scorso 15 aprile, il dirigente ha infatti fatto pubblicare un post dove, ricordato l'articolo 3 della Costituzione - mai messo in discussione da nessuno, tanto meno dal professore di religione -, si è messo nero su bianco che «il nostro istituto prende apertamente le distanze da opinioni espresse da un nostro Dipendente, a titolo strettamente personale». Insomma, Dellagiulia è stato scaricato pubblicamente dalla scuola per le sue idee.
Sarebbe il caso di ricordare a questo preside che, anche se non piace ai sostenitori del ddl Zan, esiste pure l'articolo 21 della Costituzione, ma non attardiamoci perché la vicenda non è ancora conclusa. Giovedì 8 luglio Dellagiulia è stato infatti convocato, al mattino, presso l'Ufficio scuola della diocesi di Torino, a colloquio col direttore, don Roberto Gottardo. In quella sede, a seguito anche d'un confronto sull'accaduto, al docente è stato annunciato che presto sarà assegnato ad altra scuola.
Così Dellagiulia quasi sicuramente dovrà lasciare l'Istituto da dove ha insegnato per 16 anni. Ufficialmente, il motivo della nuova assegnazione è il calo dei giovani che si avvalgono dell'ora di religione; in effetti, una riduzione significativa si è registrata, specie negli ultimi due anni. Tuttavia, è difficile non immaginare un collegamento tra tale pur motivato spostamento di cattedra e il fatto poc'anzi ricordato, con la manifestata contrarietà al ddl Zan che era già costata all'insegnante piemontese addirittura un apposito post, come si diceva, di pubblica presa di distanze sulla pagina della scuola. Un post che, riletto col senno di poi, suona come presagio di ciò che sarebbe poi accaduto.
Ecco che allora la vicenda riassume alla perfezione che clima pesante, per chi abbia certe idee, si sta instaurando nel Paese; a meno che, va da sé, non si sia pronti a rischiare la propria reputazione e qualcosa di più. Ma c'è da ritenere che i critici verso le rivendicazioni Lgbt sceglieranno sempre più l'autocensura.
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