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Ormai siamo abituati all'influenza stagionale che, a ogni inverno, ci costa problemi all'economia e perfino morti. La provenienza è sempre la solita, e stupisce come mai a trovare rimedio non ci si sia neppure pensato. Avevo quattro o cinque anni quando mi presi l'Asiatica, il cui nome dice tutto. E poi, aviarie e sars, sempre da là. Andando indietro nel tempo, la prima pandemia di cui si abbia notizia storica è la famosa «peste antonina» che dal 166 al 180 d.C. stese l'Impero Romano. Si calcolano sui dieci milioni di morti, uno sproposito sulla popolazione complessiva del tempo. Si era sotto Marco Aurelio, il quale molto probabilmente ne morì. Ed era presente il celebre Galeno, il medico più illustre di Roma. Ma neanche lui riuscì a capire che razza di morbo fosse. Fu l'inizio della crisi che, in capo a tre secoli, avrebbe portato al tracollo dell'Impero d'Occidente. Questa «peste» (così venivano indicati i morbi pandemici e sconosciuti) l'avevano portata in Europa le legioni che proprio nel 166 tornavano dalla campagna in Asia Centrale contro i Parti. L'avevano presa in Partia. Ma in Partia chi l'aveva portata?
Lo storico Giuseppe Testa nel suo "La peste antonina. Storia della prima pandemia: dalla Cina alla Roma imperiale" (Salerno, pp. 236, €. 18) insinua il sospetto che il morbo si sia originato nel Celeste Impero della dinastia Han, e suffraga l'ipotesi con tutta una serie di dettagliatissime informazioni di ordine storico ma tratte anche dalle scienze naturali. Qui possiamo solo accennarvi a grandi linee, e diciamo subito che i Parti erano i grandi mediatori commerciali tra l'impero cinese e quello romano. Più volte Roma, grande consumatrice di seta e acciaio temprato (monopoli cinesi), cercò di prendere diretto contatto con la corte del Regno di Mezzo (così lo chiamavano i cinesi), ma il viaggio era troppo lungo e le poche volte che la missione riuscì non fece più ritorno. Morta per strada? Incappata in banditi o pirati? Non si sa. Del resto i Parti, che sapevano del desiderio romano, non tralasciavano di sabotarlo. Per questo Roma decise che era ora di farla finita con loro. Da qui la campagna, vittoriosa, sì, ma funesta per le conseguenze che sappiamo.
La cosa funzionava così: i mercanti cinesi vendevano le loro pregiatissime merci ai Parti (e già per i cinesi era un viaggio lungo e pericoloso) e questi le rivendevano, naturalmente a prezzi galattici, agli occidentali. La seta era così richiesta a Roma che la Cina era chiamata Serica, il paese della seta, dai romani. Prima che Marco Polo parlasse di Cathay. Ma la «peste» i cinesi da chi l'avevano presa? Il loro impero doveva vedersela continuamente con i «barbari del Nord», contro i quali in seguito fu costruita la Grande Muraglia. Tra queste orde che incessantemente pressavano e alle quali non di rado bisognava pagare tributo perché la smettessero, c'erano i mongoli: «Questo popolo mangiava qualsiasi specie di animali, di cui consumava le carni crude, e dava la caccia ai ratti con torme di cavalli e intere mute di cani». Ci ricorda niente?
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