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Ci mancava solo Lady Gaga, a piangere sull'affossamento del ddl Zan. É quanto avvenuto nell'ultima puntata di Che tempo che fa, su Rai2, nel corso della quale la star mondiale - in questi giorni in Italia per l'uscita della sua ultima opera cinematografica - ha dichiarato, appunto, il suo appoggio ai diritti civili e in particolare al defunto ddl Zan, la legge contro l'omotransfobia naufragata al Senato con la «tagliola».
«Volevo dire alla comunità Lgbtq+ qui in Italia che siete i più coraggiosi, siete i più gentili, i più generosi», sono state le parole dell'attrice e cantante, che ha pure aggiunto: «Dovete essere protetti a tutti i costi, come tutti gli esseri umani sulla Terra, e continuerò a scrivere musica per voi e a combattere per voi». Ora, siccome che non risulta che, dinnanzi a tali parole, il conduttore, Fabio Fazio abbia informato Lady Gaga che le persone, quali che siano le loro tendenze, sono già oggi protette «a tutti i costi, come tutti gli esseri umani sulla Terra», ci permettiamo di farlo noi.
Infatti la star evidentemente non sa - ed è normale sia così, non essendo l'Italia il suo Paese e non avendo lei una formazione da giurista - che già oggi, senza il compianto ddl Zan, il nostro ordinamento persegue i delitti contro la vita (art. 575 e ss. cod. pen.) e contro l'incolumità personale (art. 581 ss. cod. pen.), i delitti contro l'onore, come la diffamazione (art. 595 cod. pen.), i delitti contro la personalità individuale (art. 600 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà personale, come il sequestro di persona (art. 605 cod. pen.) o la violenza sessuale (art. 609 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà morale, come la violenza privata (art. 610 cod. pen.), la minaccia (art. 612 cod. pen.) e gli atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.). E tutto ciò, sia badi, rigorosamente - e giustamente - prescindere dall'orientamento sessuale della vittima di siffatti delitti.
Dunque i membri della comunità Lgbt sono a tutti gli effetti tutelati «come tutti gli esseri umani sulla Terra». Non solo. In caso di aggressione ad una persona in ragione del suo orientamento sessuale, il giudice nell'emanare la propria sentenza può riconoscere delle aggravanti, che riguardano sia le motivazioni di tale gesto (l'aggravante dei motivi abietti e futili di cui all'art. 61 co. 1 n. 1 cod. pen), sia la possibilità che una simile violenza possa avvenire approfittando della vulnerabilità di un soggetto che, per esempio, fosse circondato da un gruppo di bulli (l'aggravante della c.d. minorata difesa).
Non è ancora finita. Con questo impianto normativo, l'Oscad - l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, operativo presso il Vimininale - esaminati gli atti contro le persone riconducibili alla minoranza Lgbt, ci dice che essi sono fortunatamente rarissimi. Al massimo qualche decina all'anno, in un Paese da 60 milioni di abitanti come l'Italia; e, attenzione, non v'è ragione alcuna di dubitare dell'attendibilità dell'Oscad dal momento che lo stesso ddl Zan prevedeva di affidare ad esso (all'articolo 10) funzioni di monitoraggio nella situazione nel Paese.
Da ultimo, andrebbe precisato un fatto - non solo per Lady Gaga, ma per tutti coloro che piangono la fine del ddl Zan alla stregua d'una tragedia nazionale -, e cioè che quella legge non aggiungeva diritti. Anzi, ne toglieva. A chi? A chi considera la famiglia come formata dal matrimonio tra un uomo ed una donna, a chi pensa che le cure ormonali per i "baby trans" siano un pericolo, a chi ritiene che l'utero in affitto sia un crimine. Tutte queste persone, infatti, se fosse passata la legge arcobaleno oggi sarebbero a rischio di sanzioni penali, peraltro assai pesanti. Sarebbe bello che un futuro ospite di Che tempo che fa, magari un po' informato, lo facesse presente.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie sul "gaio" mondo gay... sempre meno gaio.
LUFTHANSA ABBANDONA IL SALUTO ''SIGNORI E SIGNORE''
Salendo a bordo degli aerei Lufthansa e delle consociate (Swiss, Austrian Airlines, Brussels ed Eurowings) non si verrà più salutati con «Signori e signore benvenuti a bordo», bensì con il più inclusivo «Benvenuti a bordo». La portavoce della compagnia tedesca, Anja Stenger: «La diversità per noi non è una frase vuota, da ora vogliamo esprimere la nostra attenzione al linguaggio».
Anche grazie alle parole il conformismo neutralizzante e paralizzante della teoria del gender si sta diffondendo sempre più.
(Gender Watch News, 15-07-2021)
VOGLIO ESSERE COREANO COME I TRANS CHE CAMBIANO SESSO
L'influencer inglese Oli London, spendendo ben 170mila euro, si è sottoposto a 18 interventi chirurgici per assomigliare ad un coreano. Tra questi interventi ricordiamo la plastica facciale, il rimodellamento delle sopracciglia e la modifica alla dentatura. L'obiettivo era quello di assomigliare alla popstar coreana Jimin dei BTS.
London, che inoltre si definisce non binario (ossia né maschio né femmina), ha spiegato: «Finalmente sono coreano! Ho effettuato la transizione. Sono così felice di aver completato il mio cambiamento. Sono stato intrappolato per otto anni in un corpo che non era il mio. Essere transessuale è come essere transraziale perché sei nato nel corpo sbagliato».
Qualcuno lo ha accusato di «appropriazione culturale». La sua risposta: «Questa è la mia cultura adesso. Il mio aspetto riflette questa cultura. Alcuni non capiranno, ma per chi ha seguito il mio viaggio negli ultimi otto anni, in cui sono stato molto infelice, questa notizia non suona come una novità».
Il discorso del confuso London non fa una piega: se io nonostante sia maschio posso diventare una femmina, allora significa che io, nonostante sia di etnia caucasica, posso diventare di etnia asiatica. Se critichiamo London per appropriazione culturale allora dovremmo criticare tutti i transessuali per appropriazione sessuale.
(Gender Watch News, 02-07-2021)
IL BAVAGLIO LGBT ALLE FACOLTÀ DI MEDICINA
Il bavaglio arcobaleno non colpisce solo sacerdoti e cristiani, e sarebbe miope non rendersene conto. Tra le vittime eccellenti dell'ideologia gender, infatti, da tempo si segnala anche una realtà che con la religione e i presunti oscurantismi ha poco a che vedere: quella delle facoltà di medicina. A farlo presente, con interessanti approfondimenti, è la giornalista e scrittrice Katie Herzog, la quale si è messa a raccogliere testimonianze di professori e studenti che, il più delle volte, hanno preferito l'anonimato nel riferire ciò di cui sono stati testimoni.
Già questo, a ben vedere, è un particolare che fa riflettere e indicativo del clima che si respira oggi in certi atenei, ma andiamo avanti perché dalle indagini della Herzog sono emerse storie davvero incredibili. Per esempio, quella d'un professore che, nel bel mezzo di un recente corso di endocrinologia in una delle migliori facoltà di medicina dell'Università della California, ha ritenuto di fermarsi scusandos i per qualcosa che aveva detto all'nizio della lezione. Quell'offesa così grave da giustificare lo stop di una lezione universitaria erano tre semplici parole: «Donne in gravidanza». Sì perché secondo il dogma gender la gravidanza non è esperienza delle donne bensì di chi donna «si sente». Che l'affare sia serio è provato dal caso della parlamentare norvegese Jenny Klinge, recentemente denunciata per aver osato dire che «solo le donne possono partorire», cosa ovvia ma che di questi tempi ricade nella casistica del misgendering, configurandosi come crimine d'odio.
Ma torniamo all'inchiesta di Katie Herzog, la quale riferisce come ormai, nelle facoltà di medicina - dove cioè a dettar legge vi dovrebbero essere solo pubblicazioni scientifiche, evidenze empiriche e statistiche - vi siano insegnanti che, prima delle loro lezioni, si confrontano con membri delle associazioni Lgbt. Avete capito bene: per evitare brutte sorprese dall'inquisizione arcobaleno - che agita le accuse di «omofobia» e «transfobia» con impressionante disinvoltura - ci sono docenti universitari che quasi non entrano in aula, se prima non hanno la certezza di poterlo fare senza incorrere nella gogna mediatica; una cosa che non si vedeva neppure "ai tempi di Galileo", per dirla con un'espressione nota quanto abusata. Un'ulteriore conferma del clima di terrore che regna negli atenei statunitensi viene da quei professori che, per salvarsi la faccia, ricorrono addirittura alle scuse preventive.
«A un certo punto del semestre, un membro della facoltà ha inviato un'e-mail preventiva», racconta in proposito la Herzog, «avvertendo gli studenti delle prossime lezioni che esse contenevano un linguaggio che non si allineava con "l'approccio all'inclusione di genere e all'anti-oppressione di genere/sesso" della scuola». A quale linguaggio intollerante si alludesse è presto detto: quello includente l'espressione "donne in premenopausa". «In futuro, ha promesso il professore, questo sarebbe stato aggiornato a "persone in premenopausa"», ha riferito la giornalista, la cui indagine fa capire come l'accademicamente corretto stia mietendo almeno tre vittime eccellenti.
La prima vittima è senza dubbio la verità della differenza sessuale: si nasce maschi e femmine, e il fatto che oggi sia abbia paura di dirlo - facendo passare il dimorfismo sessuale come una sorta di opinione tra tante - nuoce al bene comune. In secondo luogo, vengono i tanti docenti che hanno visto rovinata o almeno ostacolata la loro carriera per aver assunto posizioni non gradite all'universo Lgbt. Herzog ne fa un elenco esteso: Lisa Littman, Ray Blanchard, Ken Zucker, Michael Bailey, Stephen Gliske, Jamie Feusner...
Infine, le terze vittime, ma non certo per importanza, dell'ideologia gender sono loro, i bambini. Il furore ideologico di matrice arcobaleno sta infatti rendendo molto difficile, per psichiatri e specialisti, non appoggiare in modo incondizionato un approccio «affermativo» del genere tale per cui è bene che un minore venga subito avviato al "cambio di sesso" in base a ciò che si sente di essere. Emblematica, in tal senso, la testimonianza, raccolta dalla Herzog, di Julia Mason, pediatra di Portland con un quarto di secolo di esperienza alle spalle. «Una ragazzina di 12 anni è venuta a trovarmi col padre», ricorda la dottoressa Mason, «il quale mi ha detto che erano reduci da un incontro con uno specialista il quale, dopo appena cinque minuti di vista, ha concluso: "Sì, sua figlia è trans"». «Poi sono andati da un endocrinologo pediatrico che ha raccomandato alla giovane i bloccanti della pubertà alla prima visita», aggiunge la pediatra. Che in questo modo offre uno spaccato inquietante ma preciso delle conseguenze che il sacrificio della scienza sull'altare dell'ideologia sta producendo. E, per di più, a danno dei pazienti più giovani e vulnerabili.
(Gender Watch News, 04-08-2021)
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