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Ormai è noto, l'Assemblea Nazionale francese lo scorso 30 novembre ha tragicamente esteso il limite per abortire, dalla 12ma alla 14ma settimana. Senza più nemmeno lasciare alla donna il tempo per riflettere: cancellato, infatti, il periodo minimo di almeno 48 ore, prima vigente, tra il colloquio con i consulenti psicosociali e l'appuntamento in sala operatoria. Ed ha consentito anche alle ostetriche di eseguire aborti chirurgici, interventi prima riservati ai soli medici. In seconda lettura è stato approvato il testo, bocciato nel gennaio scorso dal Senato. Intendiamoci, non è ancora detta l'ultima parola, poiché, prima che la legge venga definitivamente approvata, deve passare ancora dal voto del Senato e non è detto che ciò avvenga entro l'attuale legislatura.
La responsabilità principale del voto favorevole in Assemblea va all'assenteismo: in aula, dei 577 deputati, ne erano presenti al voto solo 123. E già questo la dice lunga circa la superficialità con cui i parlamentari d'Oltralpe affrontano temi viceversa estremamente importanti, delicati e tali da poter pregiudicare il futuro del Paese. Alla fine il progetto di legge è passato con soli 79 sì ovvero col voto favorevole del 13,2% degli aventi diritto. Una vergogna. 36 i no ed un'astensione.
FRANCIA: UNO SCIAGURATO DISEGNO DI LEGGE
Sono rimaste così inascoltate le critiche degli esperti, come quella espressa dal dottor Israel Nisand, ex-presidente del Collegio Nazionale dei Ginecologi e degli Ostetrici, in un'intervista rilasciata al quotidiano Le Figaro: più tardi si esegue l'aborto, ha detto, e peggio è, sia perché maggiore è il pericolo per la salute fisica e psicologica delle donne, sia perché alla 14ma settimana il bambino in grembo è già lungo circa 120 millimetri e la testa è già ossificata, per cui l'estrazione comporta il taglio del feto e lo schiacciamento del cranio, il che «è insopportabile per molti professionisti» o, per meglio dire, per molti uomini davvero degni di questo nome.
Provvidenzialmente, unica nota positiva, l'intervento dei «Républicains» ha permesso di mantenere almeno la possibilità per il personale sanitario dell'obiezione di coscienza, possibilità richiesta a gran voce dagli stessi medici ed in particolare dalle associazioni professionali di categoria, come quella dei Ginecologi e degli Ostetrici. Persino il comitato etico nazionale si era espresso a favore nel dicembre 2020.
Contro questo disegno di legge si erano subito mobilitate le organizzazioni pro-life, da En marche pour la vie alla Fondazione «Jérôme Lejeune», inascoltate. Ma non mancheranno di dire la loro in occasione della prossima Marcia per la Vita nazionale, già in agenda a Parigi per il 16 gennaio. Se la loro voce sarà forte, com'è da auspicarsi che sia, la speranza è che chi siede in Senato ne tenga conto al momento del voto definitivo sullo sciagurato disegno di legge.
SPAGNA: CHI DIFENDE LA VITA È CONSIDERATO UN TERRORISTA
Ma c'è anche di peggio ed è quanto sta avvenendo in Spagna, dove il governo socialcomunista al potere - in particolare, nel caso specifico, i partiti alleati Psoe e Podemos - concordano nel prevedere pene addirittura detentive, vale a dire il carcere da tre mesi ad un anno per chiunque cerchi, anche individualmente, di convincere una donna a non abortire, come se salvare il bimbo nel suo grembo, anziché l'opposto, fosse un atto intrinsecamente criminale. Secondo quanto riferito dall'autorevole quotidiano spagnolo Abc, la convergenza sarebbe stata trovata attorno ad un emendamento al progetto di legge presentato dal Partito Socialista Operaio, che si propone di criminalizzare quanti - singoli o gruppi organizzati - svolgano attività pro-life nelle vicinanze delle cliniche abortiste. Un progetto a dir poco diabolico.
Vietato dunque allestire bancarelle per informare le donne, vietato anche offrire loro aiuto, qualsiasi forma di aiuto - morale, economico, tanto meno spirituale -, tutte azioni travisate deliberatamente dalla Sinistra spagnola come se si trattasse di vere e proprie molestie, condotte «per mezzo di atti fastidiosi, offensivi, intimidatori o coercitivi, che minano la libertà» delle donne ovvero «promuovendo, incoraggiando o partecipando a raduni nelle vicinanze di luoghi, in cui le gravidanze possono essere interrotte». E questa rappresenta veramente, concretamente, pienamente lo stravolgimento della realtà, la mistificazione della verità, l'obnubilamento della ragione. Rendiamoci conto: cercare di aiutare una donna che soffre e salvare il figlio che porta in grembo viene presentato dalle forze progressiste iberiche come un gesto compiuto da pericolosi criminali, mentre abbandonare una donna, lasciarla sola con i suoi dubbi, i suoi tormenti, i suoi problemi nella sala operatoria, mentre i freddi strumenti del chirurgo devastano la vita innocente di cui è madre sino a spegnerla, tutto questo sarebbe lecito, anzi giusto, anzi un "diritto"! Appare evidente a chiunque non sia schiavo dell'ideologia come si sia di fronte alla notte dell'umano, all'avanzare di tenebre e tenebre di morte.
Non è più possibile transigere, sopportare, mediare, fingere che nulla accada! Combattere la Buona Battaglia per la vita con fede, forza e coraggio oggi significa, dunque, anche questo: arrestare l'incredibile incedere della creatura con la falce. Ed il martello.
Nota di BastaBugie: la difesa della vita è il primo dei principi non negoziabili. Tra questi figura anche la libertà di educazione. Coerentemente Francia e Spagna sono unite anche contro il diritto dei genitori di istruire i loro figli. Ce ne parla Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo "Religione e scuola parentale, stretta da Spagna e Francia".
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 13 novembre 2021:
Che Paese è quello in cui si buttano in prigione coloro che pregano fuori dalle cliniche abortive, perché "molestano" le donne che si avviano all'omicidio del proprio figlio e si permette invece il mercimonio giornaliero delle prostitute e dei loro clienti nei pressi delle scuole elementari? La Spagna del socialista Pedro Sanchez.
Il Governo, sostenuto da Podemos e dai Socialisti, dopo aver innalzato la tassazione per le sole scuole paritarie e introdotto insegnamenti sulla matematica gender e altre amenità per bimbi, ora si appresta a limitare al minimo l'insegnamento della religione cristiana nelle aule scolastiche. Era stata profetica la campagna lanciata lo scorso giugno dai vescovi spagnoli "Me apunto a Religión", per promuovere l'iscrizione all'ora di religione (facoltativa dalle elementari alle superiori) tra i giovani e le famiglie; certo nessuno poteva immaginare che l'insegnamento religioso sarebbe stato così umiliato. Sin dallo scorso 12 ottobre, il Ministero dell'Educazione aveva anticipato che all'insegnamento della religione cattolica veniva concessa un'ora alla settimana e confidato al quotidiano Alfa y Omega che "i colloqui con la Conferenza episcopale spagnola (Cee) sono molto fluidi. Sono stati raggiunti accordi su diverse questioni e il calendario deve ancora essere definito. È vero che vorrebbero avere più ore, ma questo minimo non li disturba rispetto all'orario attuale".
Tuttavia, a conferma che il dialogo con la Chiesa spagnola non è per nulla "fluido", la Conferenza episcopale nei giorni scorsi (4 novembre) ha emanato una nota dura nei confronti dei decreti di attuazione che il Ministero ha presentato ai governi delle autonomie, senza che vi fosse alcuna condivisione, né discussione con i rappresentanti del mondo educativo. La Commissione per l'Educazione e la Cultura della Cee ha espresso la sua sorpresa per i progetti di decreti sull'Educazione Minima che riducono l'orario dedicato alla religione. "L'occasione è stata persa per mantenere almeno il minimo orario dell'insegnamento di religione... In tutta la scuola primaria, per esempio, la materia perde un centinaio di ore rispetto alla situazione attuale. È sorprendente che in un impegno verso un modello basato sulle competenze, il carico di insegnamento di un'area così decisiva per l'educazione della persona come l'Educazione religiosa a scuola (Ere) sia limitato al minimo possibile".
La Chiesa chiedeva per gli alunni che non scelgono la religione cattolica un insegnamento "religioso non confessionale". Il Ministero dell'Educazione ha fatto sapere, invece, che questi alunni avranno un'ora persa nell'orario scolastico, come è avvenuto in pratica sinora, né potranno andare a casa, ma dovranno partecipare ad attività sul "rafforzamento dell'autostima, dell'autonomia, della riflessione e della responsabilità". Nulla a che fare con un insegnamento sul senso religioso. I vescovi non staranno in silenzio. La Chiesa spagnola, che sostiene con le sue opere caritatevoli più di 4 milioni di poveri, pari a circa il 10% dell'intera popolazione del Paese, hanno già anticipato la pubblicazione di un documento sulla situazione politica e sociale nel quale le critiche verso le decisioni del Governo Sanchez non mancheranno.
Se nella socialista Spagna si marginalizza l'educazione e religione cattolica, in Francia il liberticida Macron si dimostra ancora una volta nemico delle famiglie e delle scuole parentali. Nei giorni in cui Le Figaro mostra tutta la sua preoccupazione per la moda che va diffondendosi tra i giovani francesi di soppiantare la madrelingua con appellativi e slang di origine araba, ennesimo segnale di inculturazione al contrario, il Ministero dell'Educazione ha diramato nuove direttive per l'attuazione della legge sul rispetto dei principi repubblicani, di cui abbiamo già tracciato un tremendo bilancio sulla Bussola. L'associazione di genitori e scuole parentali Liberté d'éducation ha denunciato l'assoluta ipocrisia del Governo; nel giorno stesso in cui il presidente Macron dichiarava che "la Francia è una grande potenza educativa" (9 novembre), sono trapelati attraverso la stampa i decreti attuativi che limitano ulteriormente l'istruzione familiare. Ancora una volta, le associazioni nazionali di educazione familiare non sono state consultate.
Tra i molti punti problematici di questi decreti, c'è la questione dei bambini molestati (700.000 all'anno), che fino ad ora potevano essere tolti dalla scuola in qualsiasi momento dai loro genitori e istruiti a casa. D'ora in poi, sarà necessario ottenere "un certificato del direttore dell'istituto scolastico pubblico o privato in cui il bambino è iscritto" così come ogni documento utile che stabilisca "che l'integrità del bambino è minacciata". Un'autorizzazione difficile da ottenere, visto che un certo numero di bambini molestati vengono portati via dalla scuola contro il parere del direttore della scuola stessa, che qui sarà sia giudice che parte. Infine, il fatto che le famiglie debbano ‘giustificare' ogni anno la necessità di un progetto pedagogico genererà problemi, per il gran numero di documenti giustificativi da fornire prima del 31 maggio dell'anno che precede l'inizio del nuovo anno scolastico dell'istruzione familiare e con un'autorizzazione rilasciata, nel migliore dei casi, in piena estate.
In conclusione, se a Madrid la religione viene combattuta sempre più come oppio dei popoli, a Parigi sono le famiglie e la libertà di educazione ad essere considerate strumenti di "separatismo" in sé, quindi da vietare. Socialisti e Liberali del mondo uniti nell'assalto all'infanzia, contro il cristianesimo, la libertà educativa. Stiamo all'erta.
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