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Andrea Zambrano ha contratto il Covid, ed è guarito. È andato ad aggiungersi a quei milioni di italiani che si sono ammalati e che sono guariti. Ma come, dirà qualcuno? Il Presidente del Consiglio negli scorsi mesi aveva perentoriamente affermato che se si prende il Covid si finisce in terapia intensiva e si muore. Una narrazione a cui purtroppo tantissime persone hanno dato credito, consegnando la propria vita alla paura, nella incerta speranza che dosi ripetute di vaccino possano evitare loro almeno il destino funesto.
Il giornalista reggiano si è permesso di contraddire Draghi nei fatti guarendo perfettamente. Come tante altre persone. Grazie alle cure fatte, come egli stesso ci racconta.
Dalla sua testimonianza, è tuttavia importante rimarcare un aspetto, a beneficio, direi quasi a servizio, di tutti coloro che potrebbero essere chiamati ad affrontare questa malattia.
Andrea è guarito perché ha seguito con assoluta fiducia e costanza le terapie che gli sono state date. C'è da dire che ha avuto modo di incontrare chi ha valutato le sue condizioni cliniche, che ha tenuto di vari fattori anamnestici, e gli ha assegnato di conseguenza un preciso schema terapeutico.
Non tutti i malati hanno questa possibilità: vivono - come mi è capitato spessissimo di sentire raccontare - una condizione di abbandono terapeutico: medici di base irreperibili, in ferie senza essere sostituiti, oppure fermi in modo inossidabile al famigerato protocollo ministeriale: paracetamolo ad oltranza. Magari con la concessione di un saturimetro, strumento che spesso è fonte di ansia e di ulteriori paure, quando non esista una figura medica che aiuti il paziente a valutarne il dato. Così molte persone sono costrette ad un fai da te sanitario, attingendo magari ad internet, o a un "sentito dire" tra conoscenti, che non di rado porta ad errori terapeutici.
Personalmente ho osservato alcuni di questi errori, a cui fa cenno lo stesso Zambrano. Il primo riguarda la durata della terapia. Il paziente comincia ad assumere i farmaci giusti, ne beneficia, e quindi decide autonomamente di sospenderli. "Non avevo più febbre, mi sentivo bene.." mi sono sentito dire, magari dopo che il decorso della malattia aveva avuto una recrudescenza.
Molti pazienti hanno anche una grande, inspiegabile fretta di finire l'assunzione dei farmaci. "Quando posso smettere? Quando comincio a scalare?" e inevitabilmente mi tocca invitare alla pazienza, e a ricordare che il Covid non è un mal di testa o una influenzina che passa dopo qualche pastiglia.
Vedo le persone spaventate dalla lunghezza del decorso. Probabilmente manca una corretta informazione in merito.Il paziente che dopo una settimana continua ad avere sintomi spesso si terrorizza, e comincia a pensare al peggio: al ricovero ospedaliero, alla terapia intensiva. Con il Covid bisogna avere pazienza e costanza. Non bisogna farsi prendere dal panico, non bisogna stare incollati al saturimetro, e soprattutto non bisogna sospendere assolutamente la terapia in corso. Non pochi lo fanno magari per via degli effetti collaterali. È noto che gli antinfiammatori provocano bruciore di stomaco, e in tal senso è importante assumere anche gastroprotettori, ma non può e non deve essere il motivo per smettere la cura, o diminuirla. Così come per altre sintomatologie intestinali che non sono conseguenza dei farmaci, ma dell'azione patogena del virus che provoca anche forme di coliti, attenuabili con l'assunzione di fermenti lattici. Mi capita spesso, di fronte a pazienti perplessi dalla possibilità di effetti collaterali della terapia, dire che il vero problema è la malattia, non la cura.
Se quindi il Covid non deve essere sottovalutato, non si deve pensare di avere vinto la partita dopo i primi segni di miglioramento, non si deve avere fretta di chiudere la questione e nemmeno di fare il tampone che segna la negatività, che può venire nella maggior parte dei casi dopo almeno 15 giorni; infine non bisogna avere paura. La paura è il più forte alleato del virus. Può anche indebolire le difese immunitarie. Per battere la paura occorre il coraggio, e se spesso il malato non riesce a trovarlo in sé, è importante che lo abbiano i suoi cari. I malati di Covid non devono essere lasciati soli, isolati. Il giusto distanziamento di chi se ne prende cura non deve tradursi in allontanamento di una presenza affettiva assolutamente importante e doverosa. Non lo si dimentichi.
Nota di BastaBugie: nel seguente video censurato da YouTube (durata: 6 minuti) dal titolo "Proteggiamo i bambini" i medici di Ippocrate.org spiegano come mai sia una follia vaccinare i bambini contro il Covid. Da vedere e far vedere.
https://rumble.com/v2z6g1k-no-al-vaccino-anticovid-per-i-bambini-video-censurato-da-youtube.html
ALLA FINE IL GOVERNO AMMETTE I DANNI DEL VACCINO
Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Reazioni avverse, ok a indennizzi. I drammi ignorati" parla del via libera al fondo da 150 milioni da parte del Governo per indennizzare le reazioni avverse dei vaccinati non obbligati. Vediamo alcune storie concrete di chi ha avuto danni da vaccino.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 gennaio 2022:
Per le tante vittime da vaccino è uno spiraglio di luce dopo mesi passati a brancolare nel buio. Nel Decreto Sostegni il Governo ha approvato un fondo da 150 milioni per garantire un indennizzo anche a chi ha ricevuto reazioni avverse gravi e permanenti, ma non era soggetto ad obbligo vaccinale. In sostanza: chiunque abbia riportato lesioni o infermità con menomazioni permanenti dell'integrità psico-fisica a causa della vaccinazione anti-Covid potrà avviare l'iter di risarcimento che seguirà gli stessi canali dei soggetti vaccinati con obbligo. [...]
Il fondo stanziato non è certo enorme, ma quello che è importante è aver stabilito il principio della reazione avversa da vaccino.
Il problema adesso, però, sarà il riconoscere la correlazione sui tanti episodi che si stanno verificando nel silenzio di buona parte della stampa. Come la Bussola ha raccontato, seguendo da vicino i primi passi del Comitato Ascoltami, sono tantissime le tipologie di reazioni avverse che spesso non vengono nemmeno riconosciute né curate.
Con l'istituzione del fondo partiranno, c'è da immaginarselo, migliaia di richieste di indennizzo che andranno ad intasare il lavoro delle commissioni medico-legali delle Asl chiamate a giudicare la correlazione di un danno col vaccino. Sarà interessante capire quali e quante reazioni verranno considerate e quali e quante invece verranno non ritenute correlate o permanenti.
Quel che è certo è che continuano ad essere moltissime le testimonianze di persone che hanno accusato una lesione grave subito dopo il vaccino.
Testimonianze drammatiche di persone fino al vaccino completamente sane e che dopo l'inoculo hanno avuto la vita sconvolta e spesso sono state ad un passo dalla morte.
Come il caso di Rocco Stamato, della provincia di Cosenza, che deve convivere con una miocardite che lo costringerà per i prossimi sei mesi a dover stare completamente a riposo. A raccontare la sua storia è la madre Anna, che si è rivolta al Comitato Ascoltami e che alla Bussola delinea le coordinate di un vero e proprio calvario: «Mio figlio ha 17 anni ed è stato costretto a fare il vaccino per poter utilizzare l'autobus per andare a scuola e per poter lavorare in un bar - dice. Ma 8 giorni dopo il vaccino Moderna ha accusato un dolore al petto. Portato al pronto soccorso, è stato ricoverato d'urgenza ed è stato a un passo dalla morte. I dottori ci hanno detto che se avessimo tardato cinque minuti non ce l'avrebbe fatta».
«Rocco è stato in terapia intensiva per diversi giorni e lì ha trascorso le vacanze di Natale. I valori della troponina altissimi hanno evidenziato un'infiammazione del miocardio».
Ma anche durante il ricovero, per i dottori era tabù parlare di vaccino: «Quando ponevo il tema del vaccino - prosegue - si arrabbiavano. Solo alle dimissioni di Rocco, la cardiologa mi ha detto: "Signora, è quello che pensa lei. Ho già fatto la segnalazione all'Aifa"».
Oggi la vita di Rocco, un ragazzo alto un metro e 80 con la passione per le moto da cross e sempre attivo, è quella di un invalido: «Non può fare nessun tipo di sforzo - ci racconta la madre. La scuola gli sta attivando la Dad perché non può nemmeno salire in auto, ovviamente deve rinunciare a tutto: sport, uscite, lavoro e tutto ciò che per un ragazzo della sua età è indispensabile per una vita di relazione. Deve prendere sei Aspirinette al giorno e un farmaco per il cuore mentre nella carta di dimissioni c'è scritto: "Paziente grave non ancora guarito: sospetto vaccino Moderna"».
Guarirà? I genitori, anche loro fortemente provati psicologicamente, sperano di sì, ma tutto dipenderà dalle prossime risonanze magnetiche che dovranno escludere danni permanenti al cuore.
Di mamme e papà coraggio che affrontano con dignità e senza strepiti la vita sconvolta dei loro figli, però, ce ne sono tanti. È una storia di dolore e incertezza anche quella che arriva da Perugia dove Michele Sigali, 37 anni, ha dovuto fare i conti con 3 crisi epilettiche subito dopo il vaccino.
A raccontare la sua storia alla Bussola è il padre Redento: «Mio figlio ha avuto la prima crisi epilettica in agosto, una settimana dopo la prima dose. La compagna l'ha portato al pronto soccorso, aveva perso conoscenza e si è tagliato la lingua. In settembre è comparsa la seconda crisi: l'ambulanza è arrivata celermente e l'hanno portato in ospedale dove, durante il ricovero, ha avuto il terzo episodio».
Si è trattato di vaccino? «Dagli accertamenti diagnostici (EEG, Tac e risonanza) non è emerso nulla, tutto negativo. Il sospetto che c'entri il vaccino è quindi molto forte dato che tutto il resto verrebbe escluso».
Quello che è accaduto dopo, però, sono le conseguenze che possono subire coloro che hanno crisi di questo tipo: «Al momento delle dimissioni gli hanno comunicato che non avrebbe potuto guidare per un anno, il provvedimento è stato inviato in Motorizzazione ed è inappellabile».
Per Michele ora, oltre al timore che si possano ripresentare crisi simili, si tratta di dover dipendere dagli altri, principalmente la compagna e il padre, per poter andare a lavorare, a circa 20 Km da casa.
Drammi nascosti, di cui nessuno sembra volersi occupare e che sono invalidità a tutti gli effetti se calate in un contesto vaccinale, quello di pazienti giovani e non fragili, che da un eventuale Covid curato bene non avrebbero avuto percentuali alte di rischio.
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