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Il Vernacoliere è un giornale che si stampa a Livorno ed è noto per la sboccataggine del suo linguaggio, che è appunto vernacolo toscano coniugato in livornese stretto. Non ha alcun rispetto per nessuno, nemmeno per la sua area politica di riferimento, quella comunista. Proprio a Livorno, infatti, nacque il Pci per scissione. E fino a qualche tempo fa la tifoseria calcistica era self-nomata «Brigate Stalin». Una sola cosa superava ogni altra: la rivalità campanilistica con la vicina Pisa. Le battute che vertevano sul tema «i pisani sono tutti brutti, sporchi & cattivi» e le innumerevoli varianti il cui limite era solo la fantasia, su quel foglio hanno infallibilmente trovato spazio e risalto.
Ho diramato richiesta circolare ad amici locali per sapere come la redazione ha preso l'avvento proprio di un pisano alla direzione del Pd, ma non ho ancora avuto risposta. Ho avuto, tanti anni fa, la ventura di partecipare a un dibattito al quale era invitato anche Enrico Letta, prima che questi intraprendesse la carriera politica. Ne ricavai un'impressione neutra, né buona né cattiva. Niente, insomma. Il passare del tempo mi ha confermato. Come diceva Oscar Wilde, solo i superficiali non giudicano dalle apparenze. Ebbene, oggi, al cospetto di una tornata elettorale che si preannuncia epocale, l'uomo, diventato capo della sinistra, presenta un programma apparentemente suicida, data la situazione disperata, economicamente ed energeticamente parlando, del Paese: Ius scholae, matrimonio same-sex, legge Zan, legge sul fine-vita. Vuol perderle, queste elezioni? Sembrerebbe di sì, dato il non-programma.
In realtà nel Pd le teste pensanti sono altre. Sanno che perderanno, ma mirano a ben altro. Cioè, a lanciare un segnale di fedeltà alla sinistra americana, in base al principio: perdiamo oggi, ma vinciamo domani, così come abbiamo fatto a suo tempo a Roma lasciando la patata bollente alla Raggi. Poi, guerra spietata, anche nelle piazze, per far sì che il prossimo Presidente della Repubblica sia ancora una volta nostro. E continueremo a comandare noi anche senza voti. La sinistra americana, se ci fate caso, sta assumendo sempre più un volto "italiano", Mani Pulite docet. Il mitico Fbi, infatti, sta facendo di tutto per togliere di mezzo la concorrenza di destra ai dem per via giudiziaria, amministrativa e poliziesca.
Il mitico Fbi dei telefilm e dei film, infatti, non si è nemmeno accorto che in sala a sentire Salman Rushdie c'era un estremista islamico. Eggià: il deep state è troppo concentrato su Trump, perché sa che il popolo è con lui. Così da noi. Ed ecco la strategia: è ineluttabile che vinca la destra; lasciamola fare, anzi, agevoliamola. Gli anni che ci aspettano sono una patata ben più bollente che la Roma della monnezza, dei cinghiali e degli autobus autocomburenti. Quasi sicuramente la destra al governo fallirà creando scontenti pari alle aspettative. Così, l'Italia tornerà in bocca al Pd o quel che sarà allora (magari avrà assunto come simbolo l'asinello americano, tanto per essere chiari ed espliciti), il quale nel frattempo avrà lavorato dietro le quinte per blindare il deep state anche in Italia. Questa si chiama lungimiranza politica. Farina del sacco di Letta? Seeeeh...
Nota di BastaBugie: Ruben Razzante nell'articolo seguente dal titolo "La disperazione della sinistra orfana di Draghi" racconta come Enrico Letta in un mese sia passato dal campo largo al campo vago, nel quale non si sa bene chi ci sia e con quale seguito elettorale.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 10 settembre 2022:
Alla vigilia del black-out di 15 giorni nella diffusione di sondaggi e intenzioni di voto, il centrodestra conserva e, secondo alcuni analisti, incrementa il suo vantaggio sugli avversari. La forbice tra le due principali coalizioni rimane superiore ai 20 punti percentuali, anche perché i voti a sinistra si disperdono tra Pd, cespugli post-comunisti, Terzo Polo (Calenda-Renzi) e Movimento Cinque Stelle.
Ma va detto che, al di là dei sondaggi, la sinistra ci sta mettendo molto del suo per rendere la sua probabile sconfitta ancora più cocente. Enrico Letta in un mese è passato dal campo largo al campo vago, nel quale non si sa bene chi ci sia e con quale seguito elettorale. Le contraddizioni nei proclami della sinistra continuano ad essere stridenti e l'elettorato è sempre più confuso.
Anzitutto sulla famosa Agenda Draghi si sta consumando una delle peggiori ipocrisie di questo periodo. L'Agenda Draghi non è più difesa neppure dallo stesso Draghi e dal suo attuale esecutivo, visto che lo scioglimento delle Camere ha rivoluzionato il calendario delle scadenze e dei progetti, come si è visto anche due giorni fa nelle votazioni sul nuovo decreto aiuti, che è stato boicottato per ragioni elettorali da alcune forze che formalmente fanno ancora parte del Governo, come il Movimento Cinque Stelle. Inoltre il premier se ne guarda bene dal parteggiare per una forza politica e ha deciso di mantenere un basso profilo proprio perché, con ogni probabilità, non ha piacere che Letta, Calenda e altri candidati rivendichino il copyright dell'agenda Draghi e usino il suo nome per finalità propagandistiche.
E poi, sempre secondo le ultime rilevazioni degli istituti di sondaggi, tutti i partiti anti-Draghi stanno un po' crescendo. Basti pensare a Fratelli d'Italia, ormai saldamente primo partito nel Paese, ma anche al Movimento Cinque Stelle, che un mese fa sembrava avviato al declino irreversibile e ora appare ringalluzzito e addirittura in sorpasso sulla Lega. Questo significa che il draghismo si è dissolto e ormai le forze politiche giocano tutte in proprio la loro battaglia per la sopravvivenza elettorale. Ma, come detto, le contraddizioni all'interno della coalizione guidata dal Pd sono davvero stridenti e riguardano una serie di temi cruciali per la campagna elettorale.
Anzitutto la questione del presidenzialismo. Enrico Letta continua a sbraitare sostenendo che il centro-destra vorrebbe disarcionare Sergio Mattarella subito dopo il voto per eleggere un nuovo Presidente della Repubblica. In realtà ci sono settori del centro-sinistra e ambienti filo-americani che premono affinché al Quirinale salga Mario Draghi come ideale "tutore" di Giorgia Meloni, sempre più proiettata verso Palazzo Chigi. L'attuale premier, salendo al Colle, potrebbe vigilare sulla dialettica politica e impedire la temuta deriva sovranista che allontanerebbe l'Italia dall'influenza atlantica e della Nato e raffredderebbe, sempre secondo i detrattori del centro-destra, lo spirito europeista del nostro Paese. Seconda contraddizione riguarda la legge elettorale.
Letta definisce anti-democratico il Rosatellum e accusa Renzi di averlo fatto approvare, ma omette un particolare: Renzi all'epoca era il segretario del Pd, il suo stesso partito. E poi è troppo comodo criticare il sistema di voto solo ora che Letta è sicuro di perdere, non essendo riuscito a creare quel fatidico "Fronte di liberazione nazionale contro l'avanzata delle destre". Il sistema elettorale delle elezioni amministrative invece gli va benissimo, perché al secondo turno la sinistra riesce sempre a prevalere, nonostante l'astensione sia elevatissima. Il valore di quelle elezioni è scarso, a causa della ridotta rappresentatività, ma alla sinistra interessa sempre e solo l'occupazione del potere, come conferma il fatto che da dieci anni a questa parte, pur non avendo mai vinto le elezioni politiche, riesce sempre ad andare al Governo. Singolare e surreale anche l'ultima l'uscita di Luigi Di Maio, il cui nuovo partito Impegno civico non si schioda da un risicato 1%, che non gli consentirà di prendere alcun parlamentare.
L'attuale Ministro degli Esteri spera di essere eletto deputato nel collegio uninominale di Napoli Pomigliano, sua terra d'origine, grazie ai voti degli elettori del Pd che lui detestava e che l'hanno sempre odiato. Dopo aver promosso la scissione all'interno del Movimento 5 stelle, portandosi dietro oltre 60 parlamentari, Giggino sperava di raccogliere i frutti nelle urne ma la verità è che chi lo ha seguito si prepara a non rientrare in Parlamento, mentre il Movimento 5 stelle, da quando lui è uscito, ha guadagnato consensi. Il Ministro degli Esteri, sprezzante del ridicolo, ha sostenuto che soltanto il fronte progressista, al quale lui ha aderito frettolosamente, goffamente e per disperazione, "difende gli interessi dell'Italia, mentre il centro-destra pensa solo a litigare".
Probabilmente ha sbagliato discorso, perché avrebbe dovuto dire l'esatto contrario e cioè che nella sinistra si litiga furiosamente, tanto che le divisioni sono sfociate nella nascita del Terzo Polo e nel muro contro muro tra Letta, Calenda e Conte, mentre il centro-destra, sia pure con diverse sfumature su temi importanti, rimane unito e nei collegi uninominali farà votare compattamente i suoi candidati, che dunque hanno concrete possibilità di prevalere un po' ovunque. Dopo il 25 settembre a sinistra, invece, i nodi verranno al pettine e ci sarà una vera e propria resa dei conti. L'appello al "voto utile" si sta rivelando un boomerang per Letta, che nell'ultima settimana ha perso quasi 2 punti nei sondaggi. Segno che nessuno a sinistra crede più nella rimonta e che si sta già pensando al dopo-Letta.
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