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« Torna alla edizione
La Disney tradisce sempre di più la propria vocazione all'intrattenimento, per far proprie le derive etiche imperversanti a livello sociale: dopo le proteste per la "svolta" Lgbtqi+, ora la Walt Disney Studios, assieme alla Nbc Universal, a Google, alla Sony Pictures e ad altre grandi aziende, figura tra i partner dell'Anneberg Inclusion Initiative, il think tank voluto dalla University of Southern California per «studiare - come recita il sito ufficiale - la diversità e l'inclusione nell'intrattenimento attraverso ricerche originali e progetti sponsorizzati».
Che cosa significa, al di là dei termini roboanti, nello specifico? Non si tratta solo di una ricerca teorica, di una fotografia dell'esistente, bensì di un coinvolgimento attivo e militante degli studenti (soprattutto, ma non solo), affinché producano cortometraggi e film, che promuovano tematiche quali gender, femminismo ed aborto. Per farlo, sono stati messi a punto (e finanziati) strumenti quali, ad esempio, i cosiddetti «programmi di accelerazione». In particolare, il «Reproductive Rights Accelerator», annunciato lo scorso 17 agosto, rappresenta un sostegno per un minimo di tre studenti di cinematografia, che abbiano «una storia da raccontare sui diritti riproduttivi. Il premio offre uno stipendio di 25.000 dollari per la produzione e lo sviluppo di un cortometraggio incentrato sulla salute riproduttiva». Oppure «The Inclusion Rider» ovvero integrazioni contrattuali per contrastare «i pregiudizi» nei casting e nelle assunzioni nell'industria dell'intrattenimento, incrementando, ad esempio, la presenza percentuale sullo schermo di donne, persone di colore, disabili e membri della comunità Lgbt, come ha specificato la professoressa Stacy L. Smith, docente associato di comunicazione presso l'University of Southern California Annenberg School for Communication and Journalism. Circa l'aborto, la professoressa Smith ha precisato di aver pensato al Reproductive Rights Accelerator Program ed al modo per sovvenzionarlo, dopo la decisione della Corte Suprema americana di escludere l'aborto dall'elenco dei "diritti": «Con le limitazioni ai diritti riproduttivi - ha affermato - non solo è necessario trovare soluzioni legali per proteggere le comunità emarginate, ma è essenziale educare e informare il pubblico su questi temi. L'intrattenimento ha la capacità unica di raggiungere gli spettatori e di fornire questa educazione. Il nostro obiettivo è quello di far capire quante opportunità ci siano di usare lo storytelling come strumento per ampliare la conversazione e creare un cambiamento sostanziale negli atteggiamenti e nelle politiche». Secondo l'Università - precisa l'agenzia InfoCatólica -, anche noti attori di Hollywood e la multinazionale dell'aborto Planned Parenthood sovvenzionerebbero l'iniziativa.
Dunque, nulla di improvvisato o di casuale, bensì un disegno preciso, meditato a tavolino, per promuovere l'aborto assieme a Lgbt, femminimo e dintorni. L'elenco delle iniziative concrete è lungo, è sufficiente consultare il sito dell'USC Annenberg, per rendersene conto. E grandi aziende lo sostengono anche economicamente, come la Disney, che, come Netflix, Warner Bros, Discovery, Amazon, già ha annunciato di farsi carico dei costi delle trasferte delle proprie dipendenti, decise ad abortire, benché residenti negli Stati dove l'aborto oggi è illegale. Ma non solo: un'indagine condotta dalla Society for Human Resource Management ha rilevato come molte aziende stiano, di contro, tagliando i congedi di maternità alle donne, che scelgano la vita o dando alla luce il figlio in grembo o adottando bambini. Incredibile e disumano!
E non è ancora tutto... Sempre la Disney ha recentemente scatenato accese polemiche con la nuova serie per adulti Little Demon, lanciata lo scorso 25 agosto. Questa la trama: tredici anni dopo essere stata ingravidata da Satana, Laura e la figlia Chrissy, riconosciuta come anticristo, cercano di vivere una vita normale nel Delaware, ma forze mostruose le perseguitano, guidate dallo stesso Satana, che vuole custodire l'anima della figlia.
Per quanto aberrante sia l'impianto della serie, uno dei creatori, Seth Kirschner, oltre ad annunciare la presenza di scene di nudo, ha mostrato di non aver scrupoli in merito: «Continueremo finché non ci diranno di smettere», ha dichiarato, come riportato dall'agenzia InfoCatólica.
La serie, commercializzata e distribuita dalla Disney, che ne è la proprietaria, viene prodotta, tra gli altri, dalla Evil Hag Productions, la «Strega cattiva», tanto per restare in tema... Aubrey Plaza, che presta la voce alla madre, Laura, durante la presentazione, ha dichiarato, tenendo in mano un tridente rosso: «Mi piace il fatto che si stia normalizzando il paganesimo. Laura è una strega, che lo pratica». Sconcertante. Ma non basta. Nel calderone esoterico, non si è voluto far mancare neppure il richiamo al gender: Satana si rende conto ad un certo punto che suo figlio Chrissy, l'anticristo, considerato un maschio, in realtà è una femmina, per cui sentenzia: «Il futuro è al femminile». Bandiere transgender si alternano a parallelismi satirici tra Bibbia e media ed a scene, in cui si promuovono i pessimi esempi, come le congratulazioni rivolte alla giovane per aver insultato sua madre Laura.
Molte le proteste e le reazioni negative scatenate dalla serie demoniaca, per la cui cancellazione molte organizzazioni, cattoliche e non, hanno già avviato raccolte-firme, subito giunte a decine di migliaia di adesioni. Mike Johnson, repubblicano, rappresentante degli Stati Uniti per il quarto Distretto congressuale della Louisiana, ha commentato sulla propria pagina Facebook: «Non sono riuscito a raggiungere il telecomando abbastanza velocemente per proteggere mio figlio di 11 anni dall'anteprima e mi chiedo quanti altri bambini vi siano stati esposti e quanti altri milioni si sintonizzeranno sulla nuova serie. Disney e FX hanno deciso di abbracciare e commercializzare ciò che è chiaramente malvagio, statene alla larga!».
Attenzione, quindi, perché ormai il male è a portata di un click. Teniamolo presente.
Nota di BastaBugie: Roberto Marchesini nell'articolo seguente dal titolo "Venezia trans, il cinema si fa propaganda. Come previsto" spiega perché i film sono una delle armi di propaganda più potenti a disposizione degli Stati. Infatti a Venezia è tutto un fiorire di pellicole sul mondo trans. Non c'entra la cultura, non c'entra l'arte. È solo propaganda e così è sempre stato dal fascismo in poi.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 7 settembre 2022:
Partito il Festival del Cinema di Venezia, partiti gossip e polemiche. Tra le polemiche che ci interessano ci sono quelle che lamentano una sovra-rappresentazione di temi LGBTQ+ nei film in concorso. C'è, ad esempio, Tar, con Cate Blanchett che interpreta Lydia Tar. Costei è stata la prima direttrice d'orchestra tedesca, lesbica, che nel film molesta diverse musiciste della propria orchestra.
C'è L'immensità, del[la] regista transessuale Emanuele Crialese. Protagonista del film è Penelope Cruz, che veste i panni della madre di una ragazza di 12 anni convinta di essere maschio. Il padre, ovviamente, è ottuso e violento. E poi c'è Monica, di Andrea Pallaoro, che racconta la storia di una donna che torna a casa per occuparsi della madre. Il punto è che l'attor* protagonista è Trace Lysette, transessuale e attivista per i diritti LGBTQ+.
Infine c'è Le favolose, di Roberta Torre, dedicato all'incontro di sette amic* trans per commemorare l'ottav*, Antoni*, morta e sepolta dalla famiglia con abiti maschili. Apriamo una parentesi, prima di tornare a Venezia: anche alla Notte della taranta (dal minuto 22:15) è comparso un* transessuale sul palco. Chiusa parentesi, torniamo al Festival di Venezia.
Insomma: transessualità come se piovesse. E arriviamo al punto.
Consideriamo scandalose queste pellicole perché, essendo il Festival del Cinema di Venezia una manifestazione culturale di livello internazionale, dovrebbe essere un momento qualitativamente e artisticamente elevato. Dovrebbe, insomma, presentare il meglio - dal punto di vista culturale - della produzione cinematografica italiana, europea e mondiale. Non solo: consideriamo il cinema arte, appunto, ma anche intrattenimento di livello elevato. Ma se queste premesse fossero sbagliate? Se il cinema non fosse altro che una forma - particolarmente efficace - di propaganda? Mussolini, nel 1922, affermò che «il cinema è l'arma più forte dello stato», perché le immagini, la musica e i dialoghi hanno una capacità impressionante di far presa sul popolo. Ecco, nel 1936, perché decise di fondare gli studios di Cinecittà; ecco perché, nel 1932, decise di inaugurare la prima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, in occasione del decennale della marcia su Roma. Tra i premi distribuiti, dal 1938 ci fu la Coppa Mussolini per il miglior film.
Ma non solo il fascismo considerò il cinema come un'arma propagandistica: in un testo del 1943, intitolato The Motion Picture as a Weapon of Psychological Warfare (Il film come arma di guerra psicologica), nella prima pagina leggiamo: «I film sono una delle armi di propaganda più potenti a disposizione degli Stati Uniti». Per questo motivo, anziché distruggere Cinecittà e azzerare la Mostra del Cinema di Venezia, nel dopoguerra vengono rivitalizzati: per sfruttare - questa volta in chiave antifascista - il loro potenziale propagandistico.
Perché, piaccia o meno, il cinema è stato e continua ad essere un'arma tra le più potenti nella guerra culturale che infiamma il mondo. Per questo motivo è riduttivo, quando si approccia una pellicola, soffermarsi unicamente su eventuali contenuti scabrosi e, al massimo, considerare quelli tecnici; se un film è un'opera propagandistica, è quello l'aspetto da considerare prima e più di ogni altro.
Così non stupisce se, alla Mostra del cinema di Venezia, compare Giorgia Soleri che non ha nulla a che fare con il cinema (anzi, pare aver dichiarato che il cinema non le piace per niente) ma è la fidanzata di Damiano David, frontman dei Måneskin, il gruppo musicale che ha vinto il Festival di Sanremo, l'Eurovision e innumerevoli altre manifestazioni per motivi di fluidità di genere. Oppure che ben tre pellicole in concorso si occupino, direttamente o indirettamente di transessualità.
La battaglia attuale si svolge su questo terreno. Le armi sono schierate, i grossi calibri hanno cominciato a tuonare.
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