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Prima delle elezioni politiche la Bussola aveva auspicato un voto di cambiamento. Cambiamento netto rispetto ad un sistema di governo strutturatosi da lungo tempo e pericoloso. Bisognava porre la parola fine alle politiche disastrose nel campo della famiglia e della vita, al sistema di potere della sinistra e alle mille connivenze nei suoi confronti, a quello della eccessiva dipendenza dalla Commissione europea che tramite le parole della sua Presidente, a ridosso delle elezioni, ha perfino intimidito gli italiani, ai governi cooptati dall'alto e dal di fuori, alla ideologia dei "migliori" che soli sanno interpretare il senso della storia, alle politiche di controllo sociale messe a punto sotto l'insegna del Covid, alle narrazioni inventate dal potere e fatte passare dalla stampa strutturalmente complice come verità indiscutibili.
La vittoria elettorale del centro-destra non garantisce fino in fondo questo cambiamento secondo i nostri auspici ma, come scrivevamo, apre degli spiragli dentro i quali è auspicabile si possano inserire forze nuove, provenienti anche dalla società civile e da una cultura alternativa che nel Paese c'è ma veniva costretta alla clandestinità. Si spera che sarà possibile dire parole nuove finora interdette, motivare prospettive nuove finora bloccate sul nascere, sottrarsi ad una cultura di sistema priva di verità. In altre parole, si riapre la partita, mentre con le precedenti maggioranze il sistema chiudeva i ranghi a soffocare ogni dissenso. Una partita dagli esiti non scontati, ma almeno ora si può sperare di poter almeno giocare.
CHI FRENA IL CAMBIAMENTO
Ragionando in termini realistici, si sa bene che alcuni elementi rimarranno a frenare il cambiamento. Il primo è il contesto internazionale. Ursula Von der Leyen ha detto che verranno adottare delle adeguate misure se in Italia le cose dovessero andare in un cero senso, ossia nel senso in cui sono andate. Meloni e Berlusconi, in campagna elettorale, avevano detto di voler garantire questo europeismo e questo atlantismo, con le conseguenti ripercussioni sulla guerra. Espressioni più problematiche e prese di posizione meno rigide non avrebbero guastato.
Il secondo è il sistema di potere della sinistra, che non è evaporato come neve al sole dopo l'esito elettorale, ma che resiste nella società e nelle istituzioni e, passata la sbornia e sostituito Letta con Bonaccini, si mobiliterà in modo strettamente coordinato. La nuova maggioranza dovrà attendersi una lunga lotta: dalla mobilitazione degli studenti alla resurrezione dei sindacati, dall'impegno di certa magistratura "impegnata" alla disinformazione e deformazione della grande stampa e dei notiziari TV, che già in campagna elettorale si sono ben schierati.
Il terzo è interno alla stessa coalizione di centro-destra. L'indebolimento della Lega, motivato dalla forzata convivenza delle sue due anime, quella istituzionale e quella popolare, soprattutto nel periodo del governo Draghi, non favorisce prese di posizione alternative, specialmente sul tema immigrazione. Lo stesso capiterà a seguito del "moderatismo" di Forza Italia. Quanto a Fratelli d'Italia, il partito è nascosto dietro a Giorgia Meloni, non si sa quale sia la sua classe dirigente, e quindi costituisce una incognita. Su alcuni temi di fondo, quindi, non solo c'è da aspettarsi posizioni diverse tra i tre partiti, ma dello stesso Fratelli d'Italia non è certo fino in fondo come la pensi.
NUOVE POSSIBILITÀ
Con tutte le cautele del caso, va accolto comunque favorevolmente l'esito elettorale che ha riaperto i giochi politici e culturali nel nostro Paese dopo tanto tempo. Si apriranno spazi nuovi per realtà nuove. A testimoniare il cambiamento dovrà però essere prima di tutto Giorgia Meloni. Spetta a lei dare qualche segno inequivocabile del cambiamento promesso, indicando subito almeno tre temi di immediato intervento da parte della futura maggioranza. Gli elettori sentono il bisogno di avere almeno tre esempi concreti e chiari che indichino una svolta altrettanto concreta e chiara. Su questo intendiamo anche noi fare delle proposte.
Giorgia Meloni dica subito che il ddl Zan non verrà approvato da questa maggioranza parlamentare. Lo dica come indicazione politica, come impegno dei parlamentari eletti dal centro-destra. Lo dica nonostante nel programma della coalizione non fosse scritto un impegno chiarissimo su questi argomenti. Serve coraggio, perché dentro i partiti alleati (ma forse anche dentro FdI, questo popolo politico ancora non molto conosciuto) si trovano senz'altro spinte diverse. Sarebbe importante per qualificare una complessiva posizione sulla famiglia (naturale).
Giorgia Meloni dica subito che l'Italia desidera la pace e auspica un dialogo tra le parti in causa in Ucraina per arrivare a quel risultato. Sarebbe un modo per marcare la diversità rispetto al "draghismo" che si era invece fortemente impegnato nell'acuire il conflitto anziché smorzare le braci, e porrebbe le basi per successive auspicabili decisioni di ritiro degli aiuti militari.
Infine, Giorgia Meloni dichiari la cifra che, una volta al governo, si impegna ad erogare per finanziare la riduzione dei costi dell'energia, riservandosi di indagare più a fondo e con calma sulle cause del fenomeno.
Tre parole: famiglia, pace, energia. Da dire subito. Per il cambiamento.
Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 14 minuti) si può vedere l'intervento di Giorgia Meloni al Congresso Mondiale delle Famiglie che si è tenuto a Verona nel 2019. È utile ascoltare ciò che con passione dichiarava la futura premier italiana alla platea che la applaudiva convinta. Un giornalista amico di BastaBugie che era in sala stampa ci ha raccontato che invece le giornaliste delle principali testate italiane urlavano di rabbia contro la Meloni. Un intervento quindi da riascoltare.
https://www.youtube.com/watch?v=yzu8I5GBB6E
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