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Mentre il centrodestra a livello nazionale si prepara a governare, in Liguria (dove già governa con Giovanni Toti) si unisce alla sinistra per proclamare il diritto all'aborto. Nella seduta di martedì 27 settembre è stato approvato l'ordine del giorno n. 647 del consigliere Roberto Arboscello e di altri esponenti del Partito Democratico, «sul diritto delle donne di scegliere l'interruzione volontaria della gravidanza».
La Regione a guida centrodestra fa propria la proposta piddina di «assumere le iniziative più opportune affinché sia assicurata la piena attuazione della legge 194». Con «piena attuazione» non si allude certo a quella parte della legge (art. 5) relativa alla prevenzione e alle possibili alternative all'aborto. Al contrario, si parla di piena attuazione nel senso di rimozione di tutti gli ostacoli, il primo dei quali, neanche a dirlo, è costituito dagli obiettori - "bestia nera" dei paladini della libertà che paradossalmente diventano intolleranti con chi si avvale della propria per ragioni etiche (che non vuol dire automaticamente religiose).
Il testo rinvia alla risoluzione del Parlamento Europeo che «ribadisce l'importanza della storica decisione Roe v. Wade» della Corte Suprema americana del 1973 sul diritto all'aborto - risoluzione europea seguita alla sentenza statunitense del giugno scorso che ha "rovesciato" la Roe v. Wade, ma che non ha "vietato" l'aborto, come erroneamente si sente dire, bensì solo delegato la questione ai singoli Stati. Sarebbe troppo lungo in questa sede chiedersi se da allora (e dal 1978, quando è entrata in vigore la legge italiana in materia) non ci si possa porre qualche domanda sui milioni di bambini mancanti all'appello - e anche sul dramma vissuto dalle madri, poiché gli stessi abortisti sono consapevoli che non è una "banale" operazione chirurgica. Ma se è un dramma, sarà il caso di fare il possibile per evitarlo piuttosto che rivendicarlo come diritto a ogni costo.
IL DIRITTO DI ABORTO
Nel documento ligure si ricorda inoltre che i parlamentari europei «hanno chiesto di inserire il diritto di aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea», impegnando di conseguenza tutti i Paesi coinvolti. Quindi si lamentano le difficoltà italiane per chi volesse abortire, legate «soprattutto all'altissimo numero di obiettori di coscienza fra ginecologi, infermieri ed OSS», pari rispettivamente al 67%, al 43% e al 37%, stando ai dati del ministero della Salute riportati nell'ordine del giorno del consigliere Arboscello. E verrebbe da chiedersi se quel 67% di ginecologi sia costituito da pericolosi fondamentalisti o se proprio attraverso la loro professione non abbiano maturato riserve di altro tipo. Qui cade anche il classico slogan "Sei contrario all'aborto? Non abortire, ma lascia libertà agli altri" - evidentemente non applicabile ai medici che secondo alcuni dovrebbero praticare gli aborti a prescindere dalle proprie convinzioni.
Nonostante in Italia anche durante il lockdown l'aborto è stato garantito come servizio ritenuto essenziale e indifferibile, il nostro Paese non è considerato "in regola" con gli standard europei: l'ordine del giorno ricorda che «il Comitato Europeo dei Diritti Sociali, organo del Consiglio d'Europa, ha dichiarato l'Italia un Paese in cui la legge sull'IVG non è ancora completamente applicata». Con l'approvazione, il consiglio regionale impegna il Presidente e la Giunta a favorire il più possibile l'accesso all'aborto in Liguria e «a sostenere nelle sedi più opportune la richiesta del Parlamento europeo al diritto all'aborto legale e sicuro nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea».
NESSUNO HA VOTATO CONTRO
L'ordine del giorno è passato con 21 voti, anche del centrodestra. Oltre al proponente PD, hanno infatti votato a favore quasi tutti i partiti, compresi Lega, Forza Italia e la lista di Toti. Esclusi i 6 parlamentari assenti (di vari schieramenti), la sola presa di distanze è stata l'astensione dei 3 consiglieri di Fratelli d'Italia. La posizione del centrodestra (e l'astensione di FdI) pone qualche domanda, anche alla luce della nuova maggioranza parlamentare e in vista della formazione del nuovo governo. Al di là della prevedibile lamentela del consigliere Arboscello («I consiglieri liguri di Fratelli d'Italia si sono astenuti sul mio ordine del giorno [...] Fratelli d'Italia sui diritti non guarda al futuro ma al passato»), resta il fatto che Giovanni Toti e la sua maggioranza hanno accolto l'impegno di buon grado. Toti, che oltre alla Presidenza ha anche la delega alla Sanità, «ha ribadito l'intenzione della giunta di garantire un servizio previsto dalla legge e ha illustrato l'organizzazione in merito fornendo il numero di interruzioni volontarie e di obiettori nel comparto medico e non medico», come riporta il comunicato relativo ai lavori del 27 settembre.
Infine, nessuno ha votato contro, neanche Fratelli d'Italia, che ha scelto la via dell'astensione. Se già risulta difficile capire l'adesione di Forza Italia e della Lega (specie di quest'ultima), ancora più arduo è comprendere questa parziale presa di distanze del partito di Giorgia Meloni che finisce per scontentare gli uni e gli altri. Peraltro, gli stessi consiglieri di FdI astenuti sono firmatari di una proposta per istituire sportelli pro vita in ogni struttura ligure che effettui interruzioni di gravidanza, definendo l'embrione «figlio dalla vita nascosta e in pericolo» ma affrettandosi a dichiarare che la 194 è «una legge bellissima» (parole del capogruppo Stefano Balleari) e che «nessuno del resto mette in discussione l'altra scelta, quella di interrompere la gravidanza». Verrebbe da chiedergli: ma questo «figlio dalla vita nascosta» c'è o non c'è?
Se c'è un "merito" (si fa per dire) che si può invidiare alla sinistra è che, in materia di principi non negoziabili, rivendica e persegue tenacemente i propri obiettivi (naturalmente a modo loro). Il centrodestra sembra talvolta più preoccupato di "rassicurare" gli avversari che di impegnarsi sul terreno di quei valori che pure, timidamente, proclama.
Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "Non c'è più religione: Ruini scivola su aborto e Cirinnà" parla della disarmante intervista del Corriere della Sera al cardinal Ruini. Questa intervista fa capire perché i moderati del centrodestra non invertiranno mai il processo rivoluzionario portato avanti dalla sinistra, ma soltanto lo rallenteranno un po'.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 settembre 2022:
Intervista molto deludente quella concessa dal cardinale Camillo Ruini ad Aldo Cazzullo e pubblicata sul Corriere della Sera di ieri, 28 settembre.
Prima di trattare altri aspetti dell'intervista, vorrei entrare subito nel merito dei due punti più dolorosi: Il cardinale ha dato la sua piena accettazione della legge 194 sull'aborto e la altrettanto piena accettazione della legge Cirinnà sulle unioni civili anche omosessuali. Tutti vedono la pesante gravità della cosa.
A proposito del primo argomento il cardinale ha detto: «Spero che la legge 194 sia finalmente attuata anche dove dice che lo Stato riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio». Con queste improvvide parole egli ha avvalorato la tesi che la 194 è giusta e che deve essere solo completamente attuata. Una tesi purtroppo ormai molto diffusa nella Chiesa, ma insostenibile e inaccettabile: perché quella legge ammette l'aborto che non è mai ammissibile, perché lo riconosce come diritto mentre è un gravissimo torto, perché ha già impedito di nascere a milioni di bambini, perché limitarsi "aiutare le donne che vorrebbero portare avanti la gravidanza" significa riconoscere che, in caso di insuccesso, l'aborto è cosa legittima. Significa anche non tenere conto che le cause dell'aborto sono ben altro da quelle economiche e bloccare qualsiasi progetto di abrogazione della 194. Molti si chiedono oggi con grande disagio spirituale e intima sofferenza: ma la Chiesa è ancora contraria all'aborto? Mille indizi, e ora questo di Ruini, sembrano dirci di no.
Il cardinale non si limita tuttavia a questo, ma approva anche la legge Cirinnà. Alla domanda di Cazzullo sul tema egli risponde: «Le unioni civili dovrebbero essere differenziate realmente, e non solo a parole, dal matrimonio tra persone dello stesso sesso. Devono essere unioni non matrimoni». Ora, la legge Cirinnà dice proprio questo, quindi il cardinale la approva. La Cirinnà non le chiama matrimoni, tanto è vero che si fonda sull'articolo 2 della Costituzione relativo alle aggregazioni sociali e non sugli articoli su matrimonio e la famiglia.
Il cardinale Ruini è stato presidente CEI fino al 7 marzo 2007. Il 28 marzo di quello stesso anno - sotto la presidenza del "ruiniano", come allora si diceva, cardinale Bagnasco -, il Consiglio permanente della CEI ha pubblicato la Nota sulle unioni di fatto, in cui si dice che eventuali garanzie e tutele giuridiche delle persone coinvolte, sia in relazioni di fatto eterosessuali che omosessuali, debbano venire risolte sul piano del diritto individuale e mai con il riconoscimento della coppia in quanto coppia. Ora, invece, Ruini - ma non lui solo - dice il contrario. Eppure, dalla conclusione della sua presidenza CEI al documento in parola erano passati solo 21 giorni: possibile che egli non se ne faccia più carico?
Fin qui l'intervista è drammaticamente disarmante. Su altri punti è tristemente deludente. L'argomento dell'intervista era l'esito delle elezioni politiche. Cazzullo ha fatto delle domande solo politiche, il cardinale Ruini ha dato risposte solo politiche. Il primo ha fatto il proprio mestiere, anche se le domande erano scontate, il secondo, invece, non ha fatto il proprio mestiere, perché non ha risposto da cardinale ma da politicante.
Perché Berlusconi ha retto e Salvini no? Il bilancio di Draghi esce ridimensionato? Come spiegare il crollo della sinistra a Modena? Che interesse ci può essere a sapere il parere del cardinale Ruini, in quanto cardinale e non in quanto Ruini, su simili questioni? E non è un parere sprecato, dato che un cardinale, in quanto cardinale, dovrebbe rispondere a ben altre domande, anche se l'intervistatore non gliele facesse? In tutta l'intervista manca, purtroppo, uno sguardo superiore, una visione ispirata che non si limiti alla storia ma che attinga alla teologia della storia. Si dirà: anche per questioni così profane come delle elezioni politiche? Direi proprio di sì, dato che la politica ha - anche quando lo nega, anzi ancora di più quando lo nega - a che fare con valori assoluti, ed è proprio di questo che un cardinale dovrebbe parlare. Il suo parere sul carattere della Meloni, i suoi auspici che governi da moderata, non solo ci interessano poco, ma sono anche poco consoni ad un cardinale.
Il cardinale dice la sua anche su tre tematiche strettamente politiche, che non rientrano di per sé nelle competenze ecclesiastiche. Prima di tutto dà un giudizio assai positivo del governo Draghi e prevede - o auspica - che Giorgia Meloni seguirà la stessa linea. Secondariamente elogia l'Unione Europea e sostiene che essa sia un "bene" per l'Italia. In terzo luogo, si dice a favore di un rafforzamento dell'esecutivo anche nella forma del presidenzialismo. Si tratta di indicazioni politiche, per di più non molto cifrate, per la nuova maggioranza? Quando un cardinale scende a questi livelli di politica politicante si può pensare di tutto.
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