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Se non fosse tragico ci sarebbe da ridere. La puntata di giovedì scorso di Piazza Pulita (su La7), dedicata in gran parte (e per la terza volta consecutiva) alla Comunità Shalom di Palazzolo sull'Oglio ha toccato punte di falsità tali da scadere nel grottesco. Vi risparmiamo la descrizione del solito teatrino con Corrado Formigli a fare da finto giornalista interessato alla verità lanciare servizi e dare la parola in modo che non si sviasse dal binario già scelto: la condanna senza appello per la Comunità Shalom e per suor Rosalina. E con le poche voci a difesa, soprattutto Andrea Muccioli e Carlo Fucci, padre di Luca, ex ospite della comunità, costantemente interrotte quando provavano ad argomentare in modo serio, pur davanti a obiezioni - come quelle di Nunzia De Girolamo - che non avrebbero meritato neanche una parola di risposta. E forse bisognerà anche chiedersi se vale la pena partecipare a trasmissioni dove il copione è già scritto e gli ospiti non allineati al pensiero del conduttore servono soltanto a mantenere viva più a lungo possibile la discussione su un argomento (in questo caso il linciaggio di suor Rosalina).
SCENE GIRATE CON L'ACCORDO DI TUTTI
Ad ogni modo tutto questo era scontato, come il giudizio della "Scienza" - al cui controllo nulla può e deve sfuggire - e l'invocazione dello Stato, che tutto deve vedere e coprire. E scontatissima anche la riproposizione delle scene di presunta violenza pur di fronte all'evidenza di prove - segnalate da un avvocato ma già documentate dalla Bussola - secondo cui i filmati in discussione, se proposti in modo integrale, dimostrano in modo incontrovertibile che non c'entra nulla il metodo terapeutico di suor Rosalina né la punizione fuori controllo imposta da alcuni "vecchi" della Comunità. Erano infatti delle scene girate con l'accordo di tutti coloro che vi erano coinvolti, anche se di pessimo gusto.
Ma vista l'operazione di killeraggio che ha guidato questa pseudo-inchiesta fin dall'origine non ci si poteva realisticamente aspettare un sussulto di verità. Ma la volontà di colpire suor Rosalina e farle terra bruciata intorno è così forte che la redazione di Fanpage (che lavora di comune accordo con Formigli) è riuscita a costruire un servizio talmente strampalato e fuori da ogni logica giornalistica da lasciare basiti.
Scopo principale era dimostrare oscuri giri di soldi per gettare ancora più ombre sulla gestione della Comunità: e allora ecco voci coperte di testimoni che parlano di "tanti soldi" visti circolare, e fogli pieni di cifre ma di cui non si spiega cosa siano e che cosa dimostrerebbero. Illazioni, accuse non documentate, sospetti, tanto per gettare fango, per creare l'atmosfera che renda ancora più credibile la descrizione della "comunità degli orrori". Cose che se fossero state proposte da altri avrebbero già messo in moto l'apparato sanzionatorio dell'Ordine dei Giornalisti.
SUOR ROSALINA È CONSACRATA A TUTTI GLI EFFETTI
Ma il bello deve ancora venire: per tutta la puntata si era cercato di avvalorare la tesi che suor Rosalina sia una specie di santona che agisce al di fuori di qualsiasi regola scientifica, civile e anche religiosa; ed ecco quindi il servizio finale che ci rivela, udite udite, che suor Rosalina non è neanche una suora. Lo dice esplicitamente il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, rispondendo a precisa domanda di Formigli. Domanda chiamata dopo il servizio-inchiesta in cui si intervistava una superiora delle Orsoline, congregazione da cui suor Rosalina è uscita, e si concludeva con la dichiarazione di un anonimo funzionario della Curia vescovile di Brescia secondo cui suor Rosalina risulta praticamente sconosciuta. Ci sarebbe dal rotolarsi dal ridere, se non fosse inquietante, visto che la stragrande maggioranza degli spettatori non conosce la comunità e quindi è portata a pensare che si tratti di notizie affidabili.
Invece il livello del giornalismo di Fanpage e Formigli è talmente basso che non sono neanche in grado di raccogliere informazioni semplici in modo corretto. Pur non facendo parte di una congregazione religiosa, suor Rosalina è consacrata a tutti gli effetti nelle mani del vescovo, così come le altre suore che condividono con lei il lavoro alla Comunità Shalom e la regola di vita comune approvata. Quindi il povero Cancellato e Formigli si mettano l'animo in pace: Rosalina è proprio una suora, pienamente inserita nella Chiesa cattolica. Niente santona, niente setta, suor Rosalina è semplicemente cattolica e la fede è l'origine del suo amore per le persone più fragili.
Ma c'è un altro particolare: dagli uffici della Curia veniamo a sapere che la frase estrapolata nel servizio, presentata come la negazione che la Curia abbia neanche la conoscenza di suor Rosalina, in realtà si riferiva ad altro ed è stata isolata da un colloquio più lungo con qualcuno al centralino, alimentato dalle continue domande della giornalista. Tanto per confermare il livello infimo di certi "professionisti" dell'informazione.
Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "Comunità Shalom, esempio vero di sussidiarietà" spiega che l'attacco di Formigli è finalizzato al controllo totale da parte dello Stato perché Suor Rosalina non ha finanziamenti pubblici ed è perciò libera di aiutare davvero i poveretti che bussano alla sua porta senza seguire i protocolli dello Stato. Anche con metodi che la cultura dominante aborre: tipo la preghiera.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il aprile maggio 2023:
Durante la vicenda del proditorio attacco alla comunità Shalom è emersa da molte parti l'idea che la soluzione consista in un maggior controllo da parte dello Stato. Molti lo hanno richiesto espressamente: è lo Stato che deve controllare queste realtà; altri, invece, indirettamente, lamentando un vuoto: ma lo Stato era distratto? C'è nell'aria un forte ritorno allo statalismo, sulla spinta delle (presunte) emergenze. C'è perfino chi vuole, come il grillino (si dice ancora così?…) Alessandro Di Battista, che lo Stato abbia una propria industria farmaceutica. Figuriamoci, quindi, se non si pretende dallo Stato di "vegliare" sulle comunità terapeutiche come quella di Palazzolo sull'Oglio.
Però c'è un però. Come si sa, la comunità di suor Rosalina Ravasio non dipende economicamente da nessuna istituzione statale. Non prende contributi né da Milano né da Roma. Vive di carità e quindi è libera. Libera da cosa? Libera dall'obbligo di seguire certi protocolli, di fornire certe rendicontazioni, di partecipare a gare di appalti i cui criteri sono stabiliti da altri; libera di contraddire le pretese degli ordini professionali e di altre corporazioni; libera di servirsi di volontari e professionisti non imposti; libera di avere un rapporto diretto con le famiglie degli ospiti; libera soprattutto di avere una propria idea di cosa si debba intendere per "persona umana", di quale sia l'ordine giusto dei suoi bisogni, di cosa significhi "salute", libera di pensare perfino che la fede cattolica c'entri in tutte queste questioni che invece sono "laiche" per il pensiero dell'apparato.
Quella statale è una macchina, la comunità Shalom ha deciso di starsene fuori. Ha così incarnato, il principio di sussidiarietà.
Questo principio - proposto nella sua versione originaria dalla Dottrina sociale della Chiesa - dice che le società inferiori e più vicine al bisogno, come per esempio una comunità terapeutica, hanno un diritto originario ad agire in proprio e prioritariamente rispetto alle società superiori e più lontane dal problema, come lo Stato. Hanno anche diritto che lo Stato le aiuti quando hanno delle difficoltà, ma senza sostituirsi ad esse. Quando mi sento male, chiedo prima di tutto aiuto ai familiari o ai vicini. Così le famiglie gravate da pesanti problemi nei loro figli si sono rivolte alla Shalom prima che ai servizi sociali statali. Ecco appunto la sussidiarietà.
Ora, ci sono, anche nel mondo cattolico, realtà sociali che si dicono sussidiarie ma non lo sono, perché dipendono, come il malato dalla flebo, dalle istituzioni pubbliche. Quante associazioni di impegno e solidarietà sociale - lasciando anche stare la Caritas che senz'altro è la più grande - dipendono dalle convenzioni con l'ente pubblico e quindi non sono libere né amministrativamente, perché l'apparato dell'ente pubblico fornisce i criteri concettuali e operativi, né politicamente, perché i rapporti con l'ente pubblico dipendono dalla maggioranza politica che lo governa?
Questo tipo di sussidiarietà fa piacere all'apparato statale e a quanti hanno in mano le sue chiavi. Ecco allora che si ricorda che lo Stato deve controllare, per evitare gli abusi, per impedire che non si rispetti la scienza, perché i protocolli terapeutici forniti dagli apparati nazionali e internazionali vengano rispettati.
Ma questa non è sussidiarietà o, se si vuole, è una sussidiarietà camuffata. Perché è lo Stato che stabilisce i criteri del controllo e quindi i soggetti sociali sono privati del loro protagonismo e considerati un'appendice periferica della macchina statale.
La Dottrina sociale della Chiesa ha sempre detto che lo Stato ha un dovere di coordinamento e controllo in vista del bene comune. Quindi coloro che chiedono maggiori controlli statali nel caso Shalom e in altri simili hanno ragione? Il problema è se questo Stato sia adeguato a fare il controllo, se i suoi criteri siano veramente conformi al bene comune e alla sussidiarietà, se sia eticamente legittimato ad esercitare una autorità in quel determinato campo, o se invece sia preda di interessi e di ideologie che trasformano le sue ispezioni in un danno e un pericolo per il bene delle realtà ispezionate e per chi usufruisce della loro azione solidale.
Nel biennio Covid lo Stato si è dimostrato preda di forti interessi particolari, ha sposato cause scientifiche che non erano scientifiche, ha avvalorato i criteri corporativi degli ordini professionali, ha imposto una propria idea (sbagliata) di salute, di medicina, di terapia e ha esercitato con tutto ciò un fortissimo controllo sociale. Ci sentiamo veramente di dire che la soluzione al (presunto) problema delle comunità terapeutiche è un maggior controllo dello Stato, di questo Stato?
La comunità Shalom se ne sta fuori da questo sistema perché c'è un bene comune da perseguire che viene prima dello Stato, gli è superiore e va protetto anche dallo Stato stesso. I principi, anche quello di sussidiarietà, vanno difesi con coraggio.
VIDEO: SUOR ROSALINA E LA COMUNITA' SHALOM
nel seguente video dal titolo "Reportage Comunità Shalom" (durata: 2 minuti e mezzo) si può vedere un'intervista a Suor Rosalina con immagini della comunità che risalgono a qualche anno fa.
https://www.youtube.com/watch?v=HbctsAlfUn4
DOSSIER "COMUNITA' SHALOM"
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