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La casa farmaceutica Pfizer negli scorsi giorni ha pubblicato un report, un corposo documento di circa 400 pagine, in cui ha elencato gli effetti avversi della vaccinazione anti covid-19 registrati sulla base delle segnalazioni spontanee dei danneggiati e dei medici. Si tratta della cosiddetta farmacovigilanza passiva, che si basa sulla spontaneità delle segnalazioni. La segnalazione spontanea dipende interamente dall'iniziativa e motivazione degli operatori sanitari o degli utilizzatori.
I dati raccolti con questa metodica potrebbero essere dunque sottostimati, o perché gli operatori sanitari potrebbero avere non preso in considerazione i sintomi lamentati dal paziente, o per non aver voluto arbitrariamente messo in correlazione l'evento avverso con il vaccino oppure perché i pazienti stessi potrebbero essersi sentiti scoraggiati dal fare la segnalazione agli enti preposti per scarsa fiducia nel conseguente intervento. Oppure perché convinti da una martellante propaganda che il vaccino era assolutamente sicuro e non aveva alcun effetto collaterale.
I dati, quindi, di una farmacovigilanza passiva sono anzitutto sottostimati rispetto alla realtà. Inoltre, il successo o il fallimento di qualsiasi attività di farmacovigilanza dipende dalla segnalazione di sospette reazioni avverse. Le metodiche applicate dalla farmacovigilanza sono destinate ad essere generatrici di ipotesi o di verifica delle ipotesi. I metodi, che generano ipotesi, hanno lo scopo ad esempio di rilevare le reazioni avverse inattese o l'aumento di frequenza di reazioni avverse attese, generando nuove informazioni che sono poi confermate dagli studi di verifica delle ipotesi, che servono a provare se i sospetti sollevati sono giustificati.
Nel caso del Covid, tuttavia, ogni tentativo di formulare ipotesi e di sottoporle a verifica è stato sempre stroncato sul nascere. Eppure, c'erano dati su cui riflettere. Da un analogo report fatto lo scorso anno dall'Aifa, era emerso ad esempio, che l'età mediana delle persone in cui si è verificato un evento avverso è 48 anni. Un dato che rispecchia la preoccupante realtà percepita da molti operatori sanitari dei "malori improvvisi", degli accessi aumentati al Pronto Soccorso e così via. Prove indiziarie su cui non è stata ancora avviata una seria inchiesta.
Potrebbe essere la volta buona con questo rapporto che viene dalla casa farmaceutica stessa? Ci sarebbe da augurarselo. Scorrere il Report Pfizer, per chi avesse la pazienza di farlo, è come percorrere una vera e propria Via Dolorosa. Pagina dopo pagina scorrono i numeri con le decine di migliaia di eventi avversi, che riguardano praticamente tutti gli organi e gli apparati del corpo umano. Migliaia di patologie infiammatorie, tra cui le miocarditi e le pericarditi di cui ormai tra gli addetti agli lavori si parla apertamente di "epidemia", ovviamente di origine misteriosa e inspiegabile.
Scorri le pagine e dietro ai numeri pensi alle persone, a migliaia di vite compromesse. Che dire della voce "cecità", che riguarda 970 persone? Uomini e donne che erano andate per proteggersi da un virus respiratorio definito- contro ogni evidenza epidemiologica - assolutamente incurabile e letale, e che ora hanno perso la vista? E che significa poi la voce "complicazioni in gravidanza" che riguarda quasi 700 donne? Che ne sarà stato del loro bambino?
Le cifre scorrono asettiche e fredde, e ci descrivono un periodo di osservazione di sei mesi, dal 19 dicembre 2021 al 18 giugno 2022. Erano i mesi in cui la propaganda spingeva a tutta forza per la vaccinazione, e dopo le iniziali categorie a rischio (sanitari, forze dell'ordine, insegnanti fragili e anziani) si era arrivati alla vaccinazione universale, utilizzando a scopi persuasivi ogni mezzo.
L'elenco del report, infine, ci conduce ad una cifra che non può non fermare l'attenzione in modo drammatico: i morti. Il report Pfizer parla di 3000 decessi. Non dai complottisti, non dai negazionisti viene questa cifra terribile, ma dal produttore stesso del vaccino. Tremila persone che erano sane, che facevano la loro vita normale, e che non ci sono più, che hanno lasciato nelle loro famiglie un vuoto doloroso, e come facilmente immaginabile, inspiegabile.
Si può morire per molti motivi e molte cause, ma è possibile morire di prevenzione? Perdere la vita per aver voluto prevenire una malattia che aveva un tasso di letalità di poco più del 2%, e che avrebbe potuto essere ancora più basso con le cure adeguate? Ma un altro aspetto che fa veramente male, e che in realtà questi eventi avversi e queste morti erano di fatto state previste e messe in conto. Nella massa enorme di comunicazioni, di notizie, di battage propagandistico, ci fu nell'estate del 2021 una dichiarazione televisiva di Fabrizio Pregliasco, uno dei grandi protagonisti della pandemia mediatica. Pregliasco nel programma "Stasera Italia" con Tiziana Panella faceva questa affermazione: "Vedo come elemento favorente la vaccinazione perché la vaccinazione vuol dire rischiare la propria vita, perché la vaccinazione ha degli eventi avversi, molto limitati, però quando la facciamo lo facciamo in un'ottica di solidarietà e di opportunità per i nostri familiari fragili, ma anche per la comunità".
I dati del Report di Pfizer confermano ora che era proprio vero: la vaccinazione voleva dire rischiare la vita. E la salute. E per tali motivi non avrebbe dovuto essere obbligatoria, e coercitivamente obbligatoria. Ma colpiscono anche le motivazioni pseudo etiche e solidariste con cui si doveva andare a metterle a rischio: il bene della comunità. Era la versione laica della tristemente nota definizione vaticana: un atto d'amore. In realtà oggi le ricerche ci hanno dimostrato che questo "effetto protettivo" (ricordate l'Immunità di gregge?) non c'è stato. Alle persone accecate, o diventate cardiopatiche o neuropatiche o comunque danneggiate, non resta nemmeno questa consolazione di essere state private della salute per proteggere qualcun altro. Non sono martiri della solidarietà: sono vittime di danni collaterali.
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Ammissione-beffa dei giudici: lockdown inutili e dannosi" mette in evidenza che nonostante la sconcertante ammissione del tribunale dei ministri poi sono state archiviate le accuse di epidemia colposa a carico di Conte e Speranza.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 13 giugno 2023:
Lockdown e zone rosse non salvano vite. La sconcertante ammissione arriva inaspettatamente dal Tribunale di Brescia che ha così archiviato il procedimento per epidemia colposa a carico dell'ex premier Giuseppe Conte e dell'ex ministro della Sanità Roberto Speranza.
Si ricorderà che la tesi della Procura di Bergamo, che aveva mosso le indagini, partiva dalla morte di 57 persone per sostenere che la mancata istituzione tempestiva delle zone rosse di Alzano e Nembro aveva provocato quei decessi. Per sostenerlo, la Procura di Bergamo si era avvalsa dello studio matematico del professor Andrea Crisanti. Ma nell'archiviare la posizione di Conte e Speranza, il Tribunale di Brescia, riunito nel collegio per i reati ministeriali, ha ribaltato tutto, anche i dogmi che per tre anni sono stati sbandierati e giustificati e cioè che per uscire dal covid ci saremmo dovuti chiudere in casa.
Del resto, la posta in gioco era rischiosa: o ammettere che Conte e Speranza erano stati lenti nell'attivare le zone rosse in Val Seriana, ma poi ritrovarsi con la contraddizione di vedere condannati nel piccolo della bergamasca gli "eroi" della pandemia, che nel grande chiusero l'Italia intera; oppure liberare i sospetti che gravavano su di loro, ma a quel punto, logica imponeva che si ammettesse che la zona rossa non avrebbe cambiato nulla.
Il tribunale ha scelto la seconda strada e tutto questo è non soltanto clamoroso, ma sa anche di schiaffo perché con la stessa misura con la quale l'organismo giudicante ha rifiutato ogni nesso di causa tra le morti e le mancate chiusure, si può valutare l'inutilità dei lockdown che hanno fermato per due mesi l'Italia intera.
Scrivono dunque i giudici alla fine del loro dispositivo: «Agli atti manca del tutto la prova che 57 persone indicate nell'imputazione, che sarebbero decedute per la mancata estensione della zona rossa, rientrino tra le 4.148 morti in eccesso che non ci sarebbero state se fosse stata attivata la zona rossa». Curioso che adesso che a parlare sono le carte bollate, il tribunale sia alla ricerca di un nesso di causa tra le morti e le mancate chiusure; e altrettanto curioso che debba concludere allargando le braccia perché questo nesso non c'è: «Il prof Crisanti ha compiuto uno studio teorico, ma non è stato in grado di rispondere circa il nesso di causa tra la mancata attivazione della zona rossa e la morte di persone determinate».
E d'altra parte non poteva essere diversamente: però allo stesso modo con il quale per salvare Conte e Speranza si ammette che non può esserci un collegamento tra le morti e i mancati lockdown, allora bisogna riconoscere che questo collegamento non c'era neppure per giustificare la chiusura forzata del Paese terrorizzando i cittadini e raccontando loro che standocene chiusi in casa a cantare sui balconi, il virus sarebbe passato. Questo lo capimmo tutti dopo 15 giorni dato che il virus continuava a girare indisturbato nei mesi di marzo e aprile 2020, solo il Governo continuò a difendere la scelta. Ebbene, ciò che è beffardo è che per difendersi dalle accuse, in sostanza, lo Stato utilizzi proprio le argomentazioni di coloro che criticando i lockdown sono stati censurati, accusati delle peggiori nefandezze e boicottati come negazionisti no covid e no mask.
Proseguono così i giudici: «La contestazione dell'omicidio colposo in relazione alla morte delle persone indicate in imputazione si basa quindi su una mera ipotesi teorica sfornita di ben che minimo riscontro». Perfetto, ma allora adesso bisogna ammettere che non c'era nessun riscontro che chiudendo gli italiani in casa, si sarebbe sconfitto il virus.
Infatti, non contente, le toghe così concludono: «È noto, infatti, che la possibilità di contrarre il virus tramite contatti con persone infette non è mai stata esclusa neppure all'interno delle zone rosse». Noto a chi? Non è certo questa la narrazione che per tre anni è stata propagata dai governi che si sono susseguiti e cioè che le misure di lockdown fossero necessarie per uscire dalla pandemia, accanto alla vaccinazione forzata di massa, perché solo i lockdown ci davano la certezza che il virus non si sarebbe propagato. Erano balle e oggi i giudici ammettono che quella del #iorestoacasa è stata una colossale sciocchezza mascherata da misura sanitaria.
Ma non contenti, i giudici, sempre con l'obiettivo di salvare Conte e Speranza, ricordano persino che i lockdown andavano maneggiati con cautela dato che mettono in crisi dei diritti costituzionali: «Ed infatti - scrivono a pagina 18 del dispositivo - l'istituzione di una zona rossa comporta il sacrificio di diritti costituzionali quali il diritto al lavoro (art 1 e 4), il diritto di circolazione (art 16), il diritto di riunione (art 17), l'esercizio del diritto di culto (art 18); prevedendo poi la chiusura delle scuola il diritto allo studio (34) e infine, limitando il diritto di iniziativa economica (art 41)» i lockdown «creano ricadute gravissime in termini di occupazione, di crisi sociale e di produzione del Pil nazionale».
Questo ha scritto il tribunale dei ministri per giustificare la decisione di Conte e Speranza di non istituire già da fine febbraio la zona rossa in Val Seriana. Peccato che poi, quegli stessi diritti siano stati violati e sacrificati nel resto d'Italia appena una settimana dopo provocando tutte quelle pesanti ricadute anche in termini di violazioni costituzionali che il governo ha sempre negato o giustificato al bisogno da uno stato di necessità tutto da dimostrare.
Insomma, la bocciatura dei lockdown arriva da parte di un tribunale involontaria e contro producente: inutili a impedire morti, pericolosi per i diritti e dannosi per l'economia.
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VIDEO: CIECA GIUSTIZIA
Nel seguente video del 7 maggio 2023 dal titolo "Cieca giustizia" (durata: 7 minuti e mezzo) Silver Nervuti spiega cosa è successo dopo che la Corte Costituzionale aveva legittimato l'obbligo vax, quando poi però un altro giudice ha smontato punto per punto le argomentazioni a favore di un professionista che era stato sospeso.
https://www.youtube.com/watch?v=ajVAXssMfvY
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