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In queste righe La Nuova Bussola Quotidiana e l'Osservatorio Cardinale Van Thuân propongono una valutazione complessiva della Dichiarazione Fiducia supplicans. Abbiamo lasciato passare un certo tempo dalla sua pubblicazione per favorire una riflessione accurata e completa. Infatti, la Dichiarazione pone molte gravi questioni da affrontare distintamente ma anche e soprattutto in un quadro unitario. Essa sembra aver compiuto un passo fatale, un giro di boa nella dottrina e nella prassi della Chiesa, un limite sembra essere stato decisamente superato. Alcuni commentatori hanno parlato di "disastro" e di "scandalo". Per questo serve una analisi responsabile e completa.
ALCUNE OSSERVAZIONI FORMALI
La Dichiarazione è stata pubblicata il 18 dicembre 2023. È firmata dal Prefetto, il cardinale Victor Manuel Fernández e, con la formula ex audientia, da papa Francesco. Non è stata esaminata dall'assemblea del Dicastero per la dottrina della fede, ma solo, come si legge nel testo, dalla Sezione dottrinale. La formula dell'approvazione pontificia è tra le più deboli: sembra dire solo che il papa è stato informato, il che contrasta con la grande rilevanza magisteriale che ha una Dichiarazione. Una cosa simile era accaduta per il Responsum del 2021 che, come noto, diceva il contrario e verso il quale Francesco non aveva nascosto la sua insofferenza. In quel caso, in calce al testo, si diceva solo che il papa era stato informato.
Vanno anche notati due altri aspetti formali della Dichiarazione. Il primo è che la maggior parte dei riferimenti magisteriali fanno capo a interventi di Francesco. Non ci sono mai stati documenti così limitati quanto a riferimenti al magistero precedente. Vi si dice che la Dichiarazione è "basata sulla visione pastorale di Papa Francesco", come se questa fosse un unicum. Il terzo è che l'argomentare del testo è molto debole e il suo livello sfigura se paragonato alla struttura argomentativa, per esempio, della Dominus Jesus (2000), che pure era una Dichiarazione come questa, ossia un documento di alto rango magisteriale.
LA TESI CENTRALE DELLA DICHIARAZIONE
Fiducia supplicans sostiene che la dottrina cattolica sul matrimonio e sulla sessualità rimane immutata e che le nuove indicazioni in essa contenute sono solo pastorali e, come tali, completano, senza negarlo, il Responsum del 2021, che si sarebbe limitato solo al campo dottrinale. La novità pastorale consisterebbe in una revisione del significato delle benedizioni, prevedendo, oltre alle benedizioni già dottrinalmente chiarite che avvengono in contesti liturgici, anche benedizioni in contesti non liturgici che la Dichiarazione chiama "privati" o "spontanei".
Questi argomenti non hanno un fondamento plausibile. Se a benedire non è un laico, come per esempio un padre che benedice i figli, ma un sacerdote, quella benedizione è già di per sé liturgica, anche se non segue una formulazione predisposta dall'autorità competente. È liturgica nella sostanza, perché data da un sacerdote e quindi coinvolge la Chiesa. Non si tratta solo di osservare che una tale benedizione solo pastorale e non liturgica non è stata mai prevista dalla Chiesa, ma anche che non esiste e non è stata prevista e normata perché non può esistere. Con la qual cosa cade un altro aspetto di quanto sostenuto dalla Dichiarazione e cioè che la benedizione non sia una approvazione della situazione di vita della coppia che viene benedetta, ma solo l'invocazione dell'aiuto di Dio per dare ai due la forza di sviluppare gli aspetti positivi della loro relazione, come per esempio la cura reciproca e l'aiuto nelle difficoltà della vita. Questa prospettiva cade per due motivi connessi con quanto visto sopra: il primo è che il contesto già di per sé liturgico, data la presenza del sacerdote, non permette di benedire una realtà pubblica in grave contrasto con la legge di Dio, il secondo è che quegli eventuali aspetti positivi sono all'interno di una relazione di coppia di violenta strumentalizzazione reciproca anche se consenziente, che li deturpa: se i due si fanno violenza reciproca come possono aiutarsi?
SULLA "COPPIA"
La benedizione è un sacramentale e, come tale, richiede da parte di chi la riceve una adeguata disposizione tramite il pentimento e la volontà di uscire da un certo stato di vita. A queste condizioni la benedizione può essere data anche alla singola persona che sia in stato di peccato. In questo senso sì che la benedizione è una apertura alla volontà di Dio e una richiesta del suo aiuto per confermare e fortificare il pentimento e la decisione di cambiare vita. Ma questo non avviene quando la benedizione viene data ad una coppia irregolare, eterosessuale od omosessuale che sia. In questo caso la situazione di vita delle persone coinvolte viene riconosciuta, confermata e giustificata. Se i due vengono benedetti in coppia, si riconosce che quella sia una coppia, anche se non lo è, perché si tratta di due individui che si strumentalizzano a vicenda per vari loro interessi particolari.
Ciò vale non solo per la coppia omosessuale ma anche per la convivenza di fatto tra uomo e donna. La complementarità qui, a differenza che nel precedente caso, sembra esserci, ma così non è perché i due non rispondono ad una vocazione, con i rispettivi doveri indisponibili, ma solo ad un loro patto individuale. Benedire una coppia che non è una coppia, vuol dire confermare il falso. Inoltre, se i due ricevono la benedizione in coppia è evidente che non intendono separarsi, perché la chiedono in quanto coppia. Non ci sono pentimento e volontà di cambiare vita e quindi mancano le condizioni per la benedizione. Si può tornare a dire che vengono benedetti non gli aspetti violenti e contro-natura della loro relazione ma solo quelli positivi da cui ripartire, ma si è visto sopra che questi aspetti positivi rimangono deformati dalla qualità negativa della relazione di coppia, possono esserci nelle singole persone ma non nella coppia.
LA PASTORALE CHE MODIFICA LA DOTTRINA
Come si è visto, Fiducia supplicans conferma la dottrina di sempre sulle benedizioni delle coppie irregolari, però poi inventa una nuova benedizione solo pastorale. Questo ambito neutro – ossia la benedizione solo pastorale - non esiste perché, come si è visto, ogni benedizione è pubblica e liturgica per sua natura, in quanto impartita da un sacerdote. Volendo invece sostenere questa indipendenza, si ritiene possibile una benedizione che non tenga conto delle esigenze dottrinali. La presunta pastorale neutra, che non dovrebbe intaccare la dottrina, si trasforma perciò nella richiesta di una nuova dottrina a proposito di se stessa.
La pastorale non ha una propria indipendenza o autonomia dalla dottrina, come invece molte correnti teologiche contemporanee sostengono, dato che quando si afferma tale indipendenza lo si fa enunciando una dottrina, appunto la dottrina della indipendenza della pastorale dalla dottrina. La prassi non sta senza teoria, né tantomeno può essere creatrice di teoria: quando esprime questa pretesa lo fa teoreticamente. Quindi la soluzione pastorale non può rimanere solo pastorale ma, dato che nega la dottrina (nonostante le assicurazioni in senso diverso che a questo punto si mostrano strumentali) intende se stessa come non dipendente dalla dottrina, ossia atta a cambiare la dottrina stessa. Si tratta di un esito inevitabile: le nuove benedizioni ritenute solo pastorali sono anche dottrinali, sia perché negano la propria dimensione dottrinale esprimendo una nuova dottrina, sia perché implicitamente ne richiedono la riformulazione. In esse è già implicitamente contenuta una nuova dottrina. Anzi, chi le propone ha già la nuova dottrina in mente che intende però perseguire per via pastorale, ossia per via indirettamente dottrinale piuttosto che per via direttamente dottrinale. Non si tratta di cosa nuova, dato che a cominciare da Amoris laetitia abbiamo avuto già importanti anticipazioni della tendenza a fare delle esigenze pastorali occasioni per trasformare le circostanze in eccezioni e, quindi, spingere per processi di rinnovamento dottrinale, pur non dicendo che li si vuole, anzi sostenendo che le dottrine precedenti rimangono confermate.
GLI ASTUTI SOFISMI DEL MAGISTERO
Con le osservazioni ora viste abbiamo toccato l'argomento delle astuzie della Dichiarazione Fiducia supplicans, che pretende di dire senza dire e, quindi, è ingannevole. Il discorso andrebbe però allargato all'intero attuale pontificato, ove i giochi di parole e l'utilizzo di un linguaggio non teologico ma da "chiacchiera sociale" si è manifestato in moltissime occasioni. Su questo fronte l'Esortazione Amoris laetitia è il testo più rappresentativo, anche se per niente unico. Le domande senza risposta che veicolano un messaggio non dichiarato, i periodi impostati sul "sì ... ma" che insinuano eccezioni alla norma, l'ambiguità di molte espressioni (ricordiamo per esempio "l'eucarestia non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli"), le frasi che estremizzano i loro componenti facendo violenza alla realtà e proponendo surrettiziamente una visione preconfezionata, le immagini colorate e iperboliche (come le "pietre morte da scagliare contro gli altri" a proposito della dottrina) e così via.
Proviamo a fare degli esempi a proposito di Fiducia supplicans. Si prenda questa frase: "non dovrebbe essere posta un'esaustiva analisi morale come precondizione per poterla conferire [la benedizione, ndr]. Non si deve richiedere loro una previa perfezione morale". Quando un sacerdote impartisce una benedizione non chiede nessuna "perfezione morale". La benedizione viene impartita anche ai peccatori. La tendenziosa retorica di Fiducia supplicans vorrebbe far passare l'idea che non concedere le benedizioni alle coppie irregolari sarebbe come pretendere una perfezione morale, ma si tratta di una evidente forzatura ideologica della realtà.
Altro esempio: "in situazioni moralmente inaccettabili dal punto di vista oggettivo, «la carità pastorale ci impone di non trattare semplicemente come "peccatori" altre persone la cui colpa o responsabilità possono essere attenuate da vari fattori che influiscono sulla imputabilità soggettiva»". Qui, come anche in uguali contesti di Amoris laetitia, si confondono le cose: vietando la benedizione alle coppie irregolari non ci si pronuncia sulla responsabilità soggettiva delle persone coinvolte, ma sulla opposizione oggettiva e pubblica di quella relazione rispetto "ai disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore". La frase è quindi di tipo sofistico.
C'è anche una serie di affermazioni concentrate su atteggiamenti di chiusura e condanna, invitando a non «perdere la carità pastorale, che deve attraversare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti» e ad evitare di «essere giudici che solo negano, respingono, escludono»; "Dio non allontana mai nessuno che si avvicini a lui". Anche qui siamo in presenza di forzature ed estremizzazioni retoriche. Non benedire le coppie irregolari non vuol dire respingerle, vuol dire accoglierle nella verità, che è la prima forma di rispetto che si deve loro.
Un ultimo esempio riguarda l'uso in un documento ecclesiale della parola "coppia" applicata ad una situazione rispetto alla quale il magistero precedente non ha mai usato quella parola perché quella realtà, sia dal punto di vista naturale che da quello rivelato, non è una coppia. In questo caso l'inganno è decisamente grave, perché contiene già una positiva valutazione della relazione irregolare che, usando questo termine, viene percepita dal lettore come regolare.
Bisogna ricordare che molte delle frasi sopra citate vengono direttamente da interventi di Francesco. Fiducia supplicans era richiesta dallo sviluppo generale del suo insegnamento che qui trova applicazione. In essa si concentrano alcuni esiti dirompenti del suo "nuovo paradigma".
LA VOLUTA DIMENTICANZA DEL CONTESTO RICETTIVO
Fiducia supplicans svela però anche astuzie di diverso tipo, oltre a quelle legate all'uso del linguaggio. Dal punto di vista argomentativo, la Dichiarazione pretende di ammettere le benedizioni in questione purché non si prestino a venire equiparate al matrimonio. Questo ragionamento è ingannevole perché il fatto di non essere paragonabile al matrimonio per la loro forma esterna liturgica o meno, non risolve il problema se in sé esse abbiano una loro validità. La validità intrinseca di qualcosa non dipende da altro, ma solo dalla sua natura. Bisogna notare che questo errore di impostazione viene anche fatto da ecclesiastici quando si occupano del riconoscimento legale delle unioni civili di fatto e omosessuali in ambito civile. Lo stesso Francesco se ne è fatto portavoce. Anche in questi casi si sostiene che tali unioni possono essere normate giuridicamente purché le si distingua dal matrimonio, senza contare che esse sono ingiuste in se stesse e per loro natura, e lo rimangono anche se la legge non le equipara al matrimonio. Il criterio del "purché non ..." è un ragionamento ingannevole perché evita di pronunciarsi sulla liceità o meno della cosa in sé.
Un altro aspetto ingannevole è di trascurare volutamente il contesto di fatto in cui le nuove disposizioni si collocano. Fiducia supplicans dice che le benedizioni irregolari non devono essere collocate in un contesto liturgico, quando già da tempo esse vi sono collocate con l'accettazione dell'autorità ecclesiastica stessa, che ora dice il contrario senza tenere conto di averle già accettate. Nel marzo 2023, quindi due anni dopo il divieto del Responsum, in occasione della loro visita ad limina, i vescovi del Belgio avevano informato il papa della nuova liturgia da loro preparata per le benedizioni delle coppie omosessuali e Francesco, dopo aver verificato che fossero tutti d'accordo (nota: da quando il semplice accordo delle opinioni è indice di verità?), ha detto loro di continuare. In Germania la benedizione delle coppie omosessuali in Chiesa, e non solo in forma "privata" e "spontanea" come previsto da Fiducia supplicans, è ormai prassi e la Santa Sede non ha mai preso disposizioni canoniche in proposito come richiesto da alcuni cardinali, anzi, i vescovi più esposti su questa linea sono stati nominati a svolgere ruoli importanti in Vaticano, dapprima nel "Consiglio dei 9" e poi alla guida del Sinodo sulla sinodalità. Contemporaneamente, Francesco ha scritto lettere di incoraggiamento per associazioni che promuovono i cosiddetti diritti LBGT, ha approvato e sostenuto l'operato di Padre James Martin e di suor Jeannine Gramick che si battono per quegli stessi obiettivi. Però Fiducia supplicans viene pubblicata come se tutto ciò non ci fosse, ossia come se non ci fosse un contesto preparato ad accoglierla e ad applicarla per scopi che essa intende perseguire (senza dirlo).
IL RIFIUTO DEL DIRITTO NATURALE
Data la nostra attenzione alla Dottrina sociale della Chiesa, intendiamo accennare agli aspetti negativi di Fiducia supplicans in questo campo. La dottrina politica cattolica, in continuità e sviluppo della filosofia politica classica, ha sempre sostenuto che il matrimonio e la famiglia sono i fondamenti della società civile. All'origine di questa non stanno individui privi di identità, o con una identità uguale e seriale, ma un uomo e una donna. Il loro essere coppia deriva da questa naturale unità complementare, indissolubile e aperta alla vita. La compagnia sociale non nasce da convenzioni umane ma dal progetto del Creatore. Il riferimento al diritto naturale è quindi d'obbligo, perché esso esprime un ordine naturale finalistico e sottrae la vita politica all'arbitrio del più forte. Sul diritto naturale si fonda la legittimazione dell'autorità politica. La benedizione delle coppie irregolari considera coppia quanto coppia non è. Legittima quindi implicitamente una sostanziale uguaglianza tra la vera coppia descritta sopra e la pseudo-coppia irregolare. Questo anche in assenza di una esplicita e formale dichiarazione di uguaglianza, anche in presenza di una affermazione contraria a questa uguaglianza: l'atto di considerare coppia due individui che tale non sono è più forte di ogni altra affermazione a discolpa. Sembra evidente, quindi, che Fiducia supplicans danneggia considerevolmente anche la Dottrina sociale della Chiesa.
LA DIVISIONE NELLA CHIESA
Gli effetti immediati e, ancor più a lungo termine se non intervenissero radicali fatti nuovi, di questa Dichiarazione sono fortemente divisivi della Chiesa, che risulta spaccata. La sollevazione di intere conferenze episcopali lo dimostra senza ombra di dubbio. La frattura, tuttavia, non riguarda solo il tema specifico, ma molto di più, perché coinvolge anche le due visioni teologiche incompatibili che orientano diversamente rispetto al tema in questione. Tale divisione caratterizzerà ogni nazione, ogni diocesi, ogni parrocchia, ogni comunità cattolica e perfino ogni famiglia. Essa scenderà dalle dotte discussioni dei teologi alla vita di ogni cattolico con effetti disastrosi.
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