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Village Kids. No, non è uno di quei baby club dei villaggi turistici dove parcheggiare la prole mentre papà fa immersioni e mamma sta in piscina. Si tratta invece di uno spazio bimbi all'interno del Liguria Pride, spazio aperto da oggi, 1 giugno fino al 7 presso i Giardini Luzzati a Genova. Insomma un pride bonsai a misura di minore. In seno al Village Kids, tra le altre attività, si svolgerà anche il laboratorio "Infinite Famiglie" tenuto da Edusex Aps, associazione presente anche nelle scuole primarie per parlare di sessualità ed affettività. Il Comitato Liguria Pride svela il contenuto delle attività che si svolgeranno nel Village Kids: «I laboratori del Village Kids propongono di divertirsi, giocare e lavorare su temi che esistono, che sono nella nostra società [...]: le disabilità ad esempio, o le tante forme che può avere una famiglia, o gli stereotipi». Dunque in soldoni Edusex ed altri insegneranno ai bambini che l'omosessualità e la transessualità sono cose buone.
I consiglieri della Lega non ci stanno e, tramite una nota, hanno chiesto al sindaco Bucci di intervenire per bloccare un evento «che ha come tema la diffusione della teoria gender tra i bambini». E così proseguono: « La Lega non crede che sia giusto usare uno spazio pubblico per un incontro di questo tipo che coinvolge bimbi tra i 5 e gli 8 anni e questa decisione ci lascia indignati proprio per la delicatezza degli argomenti che si vanno a trattare e che pensiamo non si dovrebbero discutere con dei bambini di quell'età».
Suscita triste interesse notare la relazione tra Pride e educazione alla sessualità ed affettività per i più piccoli. Questa relazione assume più valenze. In primis è un messaggio per gli adulti: il Pride è contestazione, rivolta, sberleffo, rivendicazione, lotta e rivoluzione. È scontro con un mondo retrivo e bigotto (supposto tale ovviamente dato che ormai tutti sono gay friendly), un mondo che non ha ancora capito che le varianti dell'amore sono tante quante i colori dell'arcobaleno e che le identità sessuali sono sfumate come i quadri di Turner. Questa inedita normalità deve essere insegnata ai bambini affinché non ci sia più bisogno di Pride in futuro. La didattica LGBT serve quindi a scrivere su fogli bianchi ancora immacolati le parole d'ordine dell'agenda omo-transessualista, a togliere l'innocenza a cuori vergini. È esattamente ciò che sta avvenendo da qualche decennio in tutto il mondo con l'educazione alla sessualità e alla salute riproduttiva, ossia vendere come protocolli medici pratiche come l'aborto, la contraccezione e la sterilizzazione.
I MAESTRI SONO MAMMA E PAPÀ QUANDO SI VOGLIONO BENE
Inutile aggiungere che ai bambini nulla deve essere didatticamente e didascalicamente insegnato sull'affettività, perché già di loro danno e cercano affetto, e quindi sanno benissimo cosa sia. E poi i loro maestri sono mamma e papà quando si vogliono bene: quella è l'unica lezione sull'affetto che conta. In merito alla sessualità, dubbi e domande è bene che sorgano spontaneamente e non sollecitati da gay e trans. Dubbi e domande a cui, primariamente ed ordinariamente, risponderanno i genitori perché tali tematiche sono sensibilissime ed intime. Chi meglio dei genitori conosce i propri figli e quindi chi meglio di loro, almeno sulla carta, è in grado di trovare tempi, modi e parole per parlare del miracolo di due anime che si donano tramite il corpo? I filo-gender sono consapevoli di tutto questo, ma il loro intento è manipolare le coscienze dei piccoli per avere in futuro dei grandi manipolati.
La strategia è semplice: è più facile adulterare l'anima di un bambino che quella di un adulto. Gli attivisti "gai" liguri non si sono inventati nulla.
Un esempio tra i molti: citiamo gli Standards for Sexuality Education in Europe elaborato nel 2010 da 19 esperti e poi firmato dal Centro Federale per l'Educazione alla Salute, un organismo del governo tedesco, e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità sezione europea. Si tratta di alcune linee guida utili ai «politici, alle autorità educative e sanitarie e agli specialisti» del settore per impartire l'educazione sessuale ai minori di 53 paesi dell'area europea e zone limitrofe. Un testo che per i bambini dagli zero ai 4 anni suggerisce il gioco del dottore e che consiglia di «informare [i bambini] sul piacere e sul godimento che si sperimenta quando si accarezza il proprio corpo e sulla masturbazione precoce infantile».
SCOPRIRE LA PROPRIA IDENTITÀ DI GENERE?
Sempre in questa fascia di età bisogna spiegare all'infante e al quasi infante che costoro vantano «il diritto di scoprire la propria identità di genere». Tra i 4-6 anni è opportuno che apprendano qualche nozione di base «sull'amicizia o sull'amore tra persone dello stesso sesso» e sul fatto che esistono «concezioni diverse di famiglia». Arrivati ai 9 anni è necessario spiegare che esiste una «differenza tra identità di genere e sesso biologico», questo anche perché bisogna far sorgere in loro «una favorevole disposizione verso l'uguaglianza di genere nei rapporti interpersonali e nella scelta del partner».
Altro esempio: l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Pari Opportunità, nel 2014 pubblicò una trilogia di opuscoli, destinati agli insegnanti, dal titolo Educare alla diversità a scuola, opuscoli poi ritirati dal Ministero dell'Istruzione a seguito delle numerose proteste. In questi opuscoli si poteva leggere senza infingimenti che «molti bambini trascorrono gli anni della scuola elementare senza accenni positivi alle persone LGBT. Gli anni delle elementari offrono, invece, una meravigliosa e importante opportunità di instillare [sic] e/o nutrire atteggiamenti positivi e rispettosi delle differenze individuali, familiari e culturali, comprese quelle relative all'orientamento sessuale, all'identità e all'espressione di genere. Nella società occidentale si dà per scontato che l'orientamento sessuale sia eterosessuale. La famiglia, la scuola, le principali istituzioni della società, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano in mille modi, diretti e indiretti, un orientamento eterosessuale. A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa e, se è femmina, di un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse».
Da qui uno dei moniti rivolti ai maestri: «Non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa (cioè che assuma che l'eterosessualità sia l'orientamento ‘normale', invece che uno dei possibili orientamenti sessuali). Tale punto di vista, ad esempio, può tradursi nell'assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una donna e la sposerà». Bisogna poi rifuggire dalle seguenti condotte che vengono definite «stereotipi basati sul genere»: per i «maschi ad esempio, guardare la Formula 1 o giocare ai videogiochi», per le «femmine ad esempio, essere interessate alla cucina o allo shopping».
C'è solo da sperare che questi imberbi studenti non si applichino e crescano ignoranti.
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Siffredi testimonial di Vespa per l'obbligo di educazione sessuale di Stato" racconta come il servizio pubblico Rai abbia consacrato Rocco Siffredi a Porta a Porta, presentandolo come testimonial dell'educazione sessuale di Stato obbligatoria, che si contrapponga all'industria del porno senza regole. Che a lui fa concorrenza.
Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 1 giugno 2024:
In oltre 20 anni di trasmissione, Porta a Porta ha conquistato sul campo l'appellativo di terza Camera: l'ospitata da Bruno Vespa, per politici o personaggi dello spettacolo, li inquadra dentro una cornice istituzionale, autorevole, importante. Lo scadimento di qualità del format Rai, già visto all'opera durante la pandemia, ha toccato il suo punto più basso nella puntata andata in onda il 29 maggio, con accenti drammaticamente preoccupanti, uniti a una buona dose di squallore televisivo.
Ospite d'onore, con tanto di immancabile intervista vis a vis, Rocco Siffredi, che da diversi mesi, come abbiamo documentato, sta scalando i palinsesti presentandosi come il moralizzatore del porno e l'ambasciatore di una nuova educazione sessuale da offrire ai minori. Dalle trasmissioni del pomeriggio ad usum casalinga fino ai programmi più giovanili (Diaco, la fisica dell'amore), persino in versione famigliare (Cattelan) e romantica (Belve, Fagnani) l'altra sera il servizio pubblico televisivo ha definitivamente consacrato il re del porno che nella sua seconda vita, abbandonato il set, sta portando avanti i suoi affari nel mondo dell'hard con la sua Academy rivolta a tutti quei giovani che vogliono diventare attori o registi hard.
Trasmissione squallida, dicevamo e non ovviamente per le immagini trasmesse, anzi, tutto rigorosamente censurato, ma per il messaggio che si ricava dopo aver assistito all'oretta e passa di monologo indisturbato di Siffredi, tra sorrisetti allusivi e battutine da caserma per rendere il tutto pop.
Domande scomode? Nessuna. Analisi dei problemi che la pornografia produce negli utenti e nei lavoratori di questo redditizio mercato? Ma neanche per idea.
Tutti, da Vespa agli ospiti, il sessuologo Emmanuele Iannini, la psicoterapeuta Stefania Andreoli, passando per l'attrice Barbara Bouchet e la giornalista Concita Borrelli, seduti come personaggi di contorno senza nessuna intenzione di disturbare la consacrazione in atto di Rocco ormai visto come un eroe nazionale. Anzi, per confermarlo in quella che da qualche tempo a questa parte sembra essere la sua battaglia e che Porta a Porta, dandogli una platea così vasta, ha deciso di sposare: contro l'industria pornografica ci vuole maggiore educazione sessuale a scuola.
Sembrerà un controsenso, ma il ragionamento è sottilmente diabolico e l'obiettivo è proprio questo: Siffredi si presenta come il personaggio che ce l'ha fatta, che non rinnega il business che ha creato, anzi, che riconosce come nella pornografia ci sia anche una buona dose di violenza, che ama sua moglie e che ha fatto tutto come finzione.
Parallelamente, però, deve scagliarsi contro i colossi del web, che hanno sdoganato il porno rendendolo estremamente accessibile ai minori attraverso gli smartphone e una legislazione che fa acqua. Perché, evidentemente, gli creano una concorrenza sleale e di bassa qualità attorno. La pornografia, dunque, non è vista come un male in sé, un gorgo capace di risucchiare nella depressione e fino al suicidio, che costruisce un'identità fragile e uno sguardo sulla sessualità utilitaristico e immorale. Non è una piaga sociale, che distrugge le capacità relazionali dei maschi ed esalta una inquietante imprenditorialità femminile nelle piattaforme come Onlyfans più vicina alla prostituzione che alla libera espressione dei propri istinti.
No - stando al ragionamento di Siffredi, sposato da Vespa e dai suoi ospiti, a fare male è solo la pornografia libera e non controllata. Ma quella che ha fatto lui in tutti questi anni è invece buona, perché a pagamento o ristretta dentro i confini di un proibito, che lui, diventando un personaggio osannato dal mondo dello spettacolo, ha contribuito a sdoganare e a rendere accessibile a tutti.
Ne consegue così che il rimedio all'esplosione dei siti porno non è una guerra senza quartiere all'hard - no, siamo nella società liberista, non si può vietare - ma offrire un'educazione sessuale scolastica fatta fin da bambini in modo che sappiano, sotto l'egida di "esperti" preparati, affrontare le questioni intime.
E qui entra in scena Rocco Siffredi, che si fa portavoce di questa necessità di parlare di più nelle scuole di sesso e affini. Un'impostazione da scuola prussiana, dove lo Stato deve indottrinare i bambini non più alla guerra sul campo, ma a quella sotto le lenzuola, che non deve conoscere ostacoli. Neppure in famiglia.
C'è chi, è il caso della psicoterapeuta, ha persino criticato, sotto lo sguardo compiaciuto di Rocco, «quei genitori appropriativi che vorrebbero essere loro a fare educazione sessuale ai loro figli e sono terrorizzati da quello che la scuola potrebbe insegnare loro, per esempio, perché credono che esista questa fantomatica, in realtà inesistente teoria del gender, che vuole eliminare il maschile e il femminile e far diventare tutti omosessuali».
E chi, come Iannini, ha illustrato il progetto che verrà presentato il 5 giugno - quando si dice il tempismo - in Senato e che vede protagonista un consorzio di "esperti" che sotto l'egida dell'Ordine dei medici, quello degli psicologi e l'Università di Tor Vergata è intitolato "Educazione sessuale nelle scuole primarie e secondarie".
Ecco svelata così la messa in scena, che qualche senatore sicuramente si farà carico di sposare fino a farlo entrare nell'agenda politica: il problema della pornografia non è nell'hard in sé, ma nel fatto che sottrae allo Stato il controllo della sessualità nei minori. Né siti né genitori, dunque: l'educazione dei consumatori sessuali delle prossime generazioni deve essere sotto l'egida del servizio pubblico.
A nessuno ovviamente è venuto in mente che, esponendo i bambini a questa ipersessualizzazione, le ricadute saranno tragiche, come chi è impegnato in questo campo da anni grida senza essere ascoltato, vedi ad esempio don Fortunato di Noto perché l'ipersessualizzazione porta con sé anche la pedofilia, insieme a una serie infinita di deficit educativi, umani, culturali e relazionali.
Rocco Siffredi, però, ne è il testimonial, e così ci guadagnano tutti: lo Stato che ha la possibilità di esercitare un nuovo controllo educativo sui bambini e Siffredi, che ripulito degli eccessi del proibito, si presenta come il lupo travestito da nonna di Cappuccetto rosso. La Rai, Bruno Vespa e compagnia, invece di esercitare il loro ruolo critico, fanno da megafono a questa ennesima rivoluzione.
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