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OMELIA XVIII DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 6,24-35)
Io sono il pane della vita
di Giacomo Biffi
GESÙ NON VUOLE IL NOSTRO AMORE PER FINI EGOISTICI
La pagina di Vangelo che è offerta oggi alla nostra meditazione si colloca, nella narrazione di Giovanni, tra l’episodio della moltiplicazione dei pani, che è stato letto la domenica scorsa, e il grande discorso con cui Gesù preannuncia l’istituzione dell’eucaristia, che ci occuperà nelle prossime settimane.
Dopo essere stata prodigiosamente sfamata nel deserto, la folla non vuol più lasciare un profeta capace di dar da mangiare tanto a buon mercato: Si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù.
La ricerca di Gesù è il compito più importante e più alto che è stato assegnato all’uomo in questo mondo: solo lui dà sapore e significato a una vita che, presa per se stessa, appare troppo spesso senza “perché” e che, dopo averci un po’ affascinati, alla fine si rivela deludente.
Tutti in fondo ricercano Gesù, anche quelli che nep pure lo sanno, anche quelli che credono di fuggire da lui; tutti cercano Gesù, perché tutti di istinto cercano la verità e il senso profondo delle cose.
È dunque una ricerca necessaria e lodevole. Purché però sia schietta e nasca dall’amore della verità, e non sia motivata da calcoli meschini e da prospettive egoistiche.
Nel caso dei Giudei, Gesù mostra di non gradire un inseguimento così interessato e tenta in tutti i modi di sottrarsi alla loro vista e al loro entusiasmo.
Ma la folla – che evidentemente conosce le sue abitudini e il suo luogo solito di residenza – non fatica molto a raggiungerlo.
A Cafarnao, dove finiscono coll’incontrarsi, comincia un dialogo tra il Signore e la gente, nel quale chiara mente vediamo come l’esaltazione di tutti a poco a poco si raffreddi e alla fine addirittura i rapporti tra il Maestro e i suoi ascoltatori irrimediabilmente si guastino, come ci diranno i brani evangelici delle prossime domeniche.
Qual è la causa di un cambiamento di umore così radicale, tanto che all’inizio vogliono proclamarlo re e alla fine lo abbandonano e non lo vogliono più nemmeno sentire?
La causa sta nel proposito, paziente ma fermo, di Gesù di far passare i suoi interlocutori dall’interesse per il pane materiale, cioè per la vita puramente terrestre, a quello per la vita dello spirito: Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna.
DIO SAZIA LA FAME SPIRITUALE CHE C’È NEL CUORE DI OGNI UOMO
Gesù non ignora che noi abbiamo prima di tutto bisogno di pane; che l’uomo affamato non può né pregare né ragionare; che a stomaco vuoto è impossibile prestare attenzione al vangelo e pensare seria mente al Regno di Dio. Lo sa benissimo: per questo nel deserto ha dato da mangiare a chi era sfinito dal digiuno; per questo ci ha insegnato a chiedere a Dio nostro Padre la sicurezza del pane quotidiano.
La fede veramente e operosamente vissuta non si accontenta degli atti di culto, ma si adopera a venire incontro secondo le concrete possibilità alle varie necessità degli uomini, anche nel campo economico e sociale. Un cristiano autentico è uno che cerca di vivere la fraternità annunciata da Cristo sia personal mente, sia, se si dà il caso e la possibilità, suscitando opere e strutture che incarnino il messaggio evangeli co nella vita di ogni giorno.
Ma Gesù sa altresì – e vuole insegnarcelo – che non basta il pane, la sicurezza sociale, il benessere a dare senso alla vita dell’uomo. Il mondo è pieno di ricchi che sono stanchi di vivere e disperati.
Sa che all’uomo è necessaria anche la preghiera, la contemplazione della verità che salva, la speranza di una gioia futura senza fine, la certezza che questa vicenda penosa e spesso tragica dell’esistenza umana, ha uno scopo soprannaturale che la giustifica.
Sa che abbiamo tutti la necessità di entrare in rapporto personale con lui, che proprio per questo si presenta a noi – lo abbiamo ascoltato – come il pane del cielo e il pane della vita.
A essere sinceri, dobbiamo riconoscere che con noi Dio ci va sempre di mezzo: se siamo in miseria e siamo provati dalla sofferenza, ci ribelliamo a lui e ci passa la voglia di pregare; e se le cose ci vanno bene, se col pane abbiamo anche il companatico, se siamo accontentati e sazi, siamo tentati di dimenticarci del Signore e di non riconoscerlo come l’autore dei doni che riceviamo.
Anche dalle letture di questa domenica, Dio appare come colui che, comunque vadano le cose, è sempre da noi contestato.
Gli uomini protestano sempre. Protestano quando hanno fame, come gli Ebrei nel deserto: Tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. E protestano quando hanno appena mangia to, come le folle a Cafarnao, le quali hanno il coraggio, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, di chiedere un’ulteriore garanzia di assistenza, con qualche altro vantaggioso prodigio: Quale segno tu fai perché vediamo e possiamo crederti?
Ma il Signore con loro non cede. Anzi approfitta del l’occasione per chiarire la grande diversità che c’è tra i suoi progetti e i nostri, tra i suoi e i nostri pensieri.
A quanti gli dicono: “Sfamaci ancora una volta miracolosamente, e noi crederemo in te”, Gesù risponde: “Credete, cioè accoglietemi come l’inviato di Dio, e allora vi sarà tolta la vostra fame più vera, più profonda, più essenziale: la fame del vostro cuore, che è sempre inquieto finché non riposa in me”.
È, come si vede, lo scontro di due mentalità, è la difficoltà della vera fede.
Imploriamo dal Signore Gesù la grazia di imparare un poco a ragionare secondo la sua mentalità e non secondo la nostra. Tanto più che, se ci arrenderemo alla logica della fede e apriremo davvero a Cristo le porte del nostro cuore, avremo anche quanto è necessario per la nostra vita terrena, perché il Signore non si fa mai vincere in generosità. Perciò egli ci ha detto: Cercate per prima cosa il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in sovrappiù.
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.
ALTRA OMELIA XVIII DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 6,24-35)
da Il settimanale di Padre Pio
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Fonte: Stilli come rugiada il mio dire
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