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Prosegue in questa domenica la meditazione sul grande discorso del capitolo sesto di Giovanni, che ci occuperà anche nelle prossime settimane.
La pagina evangelica di oggi si apre con una solenne e un po’ misteriosa dichiarazione di Gesù: Io sono il pane disceso dal cielo. Quasi a dire: io nutro, io sazio la fame di verità e di giustizia che c’è innegabilmente nell’uomo; se l’esistenza umana può essere per qualche aspetto raffigurata nel deserto, arido e di sperante, allucinante e angoscioso che il profeta Elia attraversava per fuggire la collera di un tiranno, io – dice Gesù – sono quel pane che gli ha dato la forza di superare la spossatezza e di arrivare fino all’Oreb, cioè al Sinai, il monte dell’incontro con Dio.
Conoscere Gesù è dunque condizione indispensabile per avere una vita spirituale autentica, per non arrendersi alle difficoltà dei giorni penosi, per poter vivere da uomini.
Ma conoscere come? Perché non ogni conoscenza di Gesù è salvifica.
LA CONOSCENZA STERILE
C’è una conoscenza infeconda, una conoscenza terrestre, fatta di frasi fatte o di notizie che ingombrano la mente e lasciano vuoto il cuore. È la conoscenza dei Giudei di cui ci parla il brano evangelico: Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Sapevano tutto, erano al corrente di tutti i particolari, ma non conoscevano niente, perché non si sentivano personalmente coinvolti e trasforma ti da questo conoscere.
Così, per esempio, si può essere al corrente di tutti gli avvenimenti e i pettegolezzi ecclesiastici, e non avere nessuna conoscenza vitale e trasformante né di Gesù né della Chiesa, la sua sposa bellissima, antica e sempre giovane, fatta di uomini peccatori come siamo tutti noi, ma in se stessa senza macchia e senza rughe.
Così, si possono studiare gli evangeli, e tutte le loro interpretazioni, e tutte le questioni sottili suscitate dall’evento cristiano, ma avere il cuore senza speranza, senza gioia, senza amore. Anche il demonio conosce tutte le Sacre Scritture e tutta la dottrina teologica a questo modo.
Si può percorrere con acutezza e competenza tutti i decreti del concilio, ma avere l’animo gonfio di ama rezza, di zelo acre e senza benevolenza, e qualche volta perfino di odio.
È tutta conoscenza inutile, che può anche diventare dannosa.
LA CONOSCENZA CHE TRASFORMA
Ma c’è anche una conoscenza di Cristo, crocifisso e risorto, che dà la vita e la salvezza.
Questa conoscenza sta nel riconoscerlo come l’invia to dal Padre; sta nell’accoglierlo non soltanto come un uomo, sai pure il più grande, il più giusto, il più buono, che viene dalla terra ed è uguale a noi, ma anche come il Pane disceso dal cielo, che è venuto per darci la forza di guardare in alto e non perdere di vista il nostro vero destino, che non è qui ma nella casa del Padre; sta nel credere in lui, cioè nell’accetta re con semplicità di cuore la sua iniziativa di salvezza, la sua legge d’amore, il suo messaggio di speranza, senza pretendere di sovrapporre al suo disegno i nostri calcoli, i nostri progetti, i nostri punti di vista: Chi crede ha la vita eterna.
Questa conoscenza di Gesù non è inerte ma trasformante: tende a cambiare prima di tutto noi stessi, e poi, attraverso noi, a cambiare il mondo e le sue in giuste strutture. È una conoscenza che conduce al pentimento, cioè al rammarico per quello che noi siamo e facciamo, e alla misericordia, cioè alla comprensione per quello che sono e che fanno gli altri: Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece bene voli gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda…
È una conoscenza che è un dono di Dio: Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato. Chiediamolo dunque al Padre in questa celebrazione.
Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.
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