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Ne I primi 1000 giorni d'oro il professor Carlo Bellieni - docente di pediatria e neonatologia all'Università di Siena e studioso di chiara fama con oltre 300 pubblicazioni scientifiche al suo attivo - offre una chiave di lettura della gravidanza e dei primi due anni di vita del neonato, così decisivi per i suoi passi futuri. ProVita e Famiglia lo ha intervistato per condividere con i genitori che hanno tanto a cuore i figli le sue preziose indicazioni di puericultura.
La mamma è per il bambino come il mare per un'isola, scrive all'inizio del suo volume. Prof. Bellieni, quanto è importante la relazione simbiotica madre-figlio sin dal momento del concepimento?
«Mamma e bambino sono una diade, una coppia organicamente strutturata, importante per la salute reciproca e inseparabile almeno per i primi due anni di vita. Freud stesso alludeva all'esperienza del sonno come ritorno inconscio alla sicurezza del grembo materno. "Il sonno è una riattivazione dell'esistenza intrauterina, che soddisfa le condizioni di riposo, calore ed esclusione dello stimolo; infatti, nel sonno molte persone riprendono la postura fetale". La simbiosi del figlio con la madre è decisiva nella prima fase di crescita del neonato, come ha giustamente osservato Bowlby. Succhiando il neonato assume il latte e al tempo stesso ne attiva la fuoriuscita agendo sugli ormoni della mamma che, a loro volta, attivano il senso di protezione della mamma. La madre deve essere per il figlio un "porto sicuro". L'attaccamento madre-neonato influisce addirittura sull'attaccamento che lo stesso figlio avrà a sua volta un giorno con fidanzata, moglie e figli. La mamma deve però anche gradualmente 'lasciar andar' il figlio, dandogli così modo di affezionarsi a un gioco, una palla che la sostituisce per alcuni istanti mentre ella si allontana da lui».
Cosa accade di sorprendente nella madre e nel figlio in grembo durante la gravidanza?
«La vita nella sua alba è fragile sì e nel contempo esplosiva, se si pensa che nell'embrione tutto si sviluppa a partire da cellule staminali, ossia cellule-tronco, da cui si dipanano cellule-figlie quali rami, foglie, fiori e frutti, per rimanere in tale similitudine. Per quanto riguarda la madre, si è osservato che - oltre agli aumenti di volume plasmatico, gittata cardiaca, metabolismo e consumo di ossigeno - il cervello della donna incinta cambia in modo sorprendente, ossia si riduce la materia grigia nelle aree coinvolte nell'elaborazione e nella risposta ai segnali sociali per rispondere in modo più efficiente nelle aree legate ai bisogni del proprio figlio. Dal feto le arrivano invece cellule che la rigenerano letteralmente e che la madre tradurrà in ormoni, cellule nervose e benessere, poiché alcune di queste cellule, per effetto del chimerismo, fungono addirittura da particolare protezione contro i tumori. Insomma il cervello materno si ristruttura plasticamente, anche grazie all'apporto benefico del figlio in grembo. E in effetti c'è di che stupirsi anche per il fatto che l'embrione, pur essendo di fatto un 'corpo estraneo' nel corpo della madre, non viene attaccato alla stregua di virus e batteri, ma al contrario viene protetto dal corpo della stessa».
I sensi del bambino cominciano a strutturarsi nel grembo materno. Può spiegarci meglio come ciò accade?
«Non pensate solo al bambino, pensate anche al gattino o al cagnolino che nascono in una radura o in un bosco. Se non avessero già imparato prima di nascere a riconoscere l'odore del latte della mamma, non saprebbero cosa cercare appena nati. L'utero e tutto il corpo della mamma filtrano i rumori, i sapori, gli odori e offrono al feto quello che serve per svilupparsi, per iniziare a conoscere, per affezionarsi. Per quanto non conosce cosa fa rumore, non sa che c'è una mamma che parla, tutto riceve, percepisce e immagazina. Per quanto riguarda la memoria gustativa accade lo stesso: i nostri gusti alimentari cominciano a formarsi nel pancione. Chiesi a un gruppo di signore di mangiare molte carote durante tutta la gravidanza. E in effetti i loro figli preferivano nettamente essere svezzati con pappe a base di carote. Allo stesso modo accade per la memoria uditiva: il calore, il movimento ritmico dell'auto, ma anche le pareti del seggiolino, i rumori lontani aiutano generalmente un neonato ad addormentarsi più facilmente perché gli ricordano i suoi movimenti in grembo. E in effetti ho avuto modo di riscontrare che i figli di madri che hanno trascorso molto tempo a letto a causa di una gravidanza a rischio soffrivano mal d'auto più degli altri».
Quanto è importante lo sguardo sul bambino nello sviluppo della sua dimensione relazionale?
«È fondamentale, basti pensare che un bambino da come si sente guardato impara a guardare se stesso. Non perché qualcuno glielo dice, ma semplicemente per osmosi; assorbe. Il bambino impara a fare le cose ricercando lo sguardo e l'approvazione del genitore; il bambino impara a voler bene a se stesso riflettendo lo sguardo del genitore. A uno sguardo materno di affetto corrisponde un affetto verso se stesso. Tutta l'infanzia è la ricerca e la sistematizzazione di quello che si è appreso nei primi mesi di vita, cioè di piacere o di non piacere, di piacersi o di non piacersi. In tale prospettiva si colloca, per esempio, anche il gioco del nascondino, che rafforza o mette alla prova la certezza di essere desiderati. A cos'altro serve il gioco del nascondersi, magari dietro una tenda o sotto il letto, per poi ricomparire d'improvviso ai genitori (che stanno al gioco e fingono di cercare il figlio disperati) se non per verificare e simulare se davvero lui mancherebbe loro?».
Relativamente all'apprendimento, quale valore assume il gioco per la sua crescita?
«Un bambino non impara perché gli si spiega. Impara perché imita e ripete, continuando a ripetere finché non ha imparato. Il bambino ripete non per impadronirsi di quell'azione, ma per impadronirsi del simbolo di quell'azione, per superare una paura, ad esempio. Quando un bambino butta e ributta a terra un piatto dal seggiolone vuol dire che le cose scompaiono e riappaiono e che c'è qualcuno che gli vuole bene che le fa riapparire. Bisogna inoltre tener presente che il gioco non serve ad insegnare, ma a metabolizzare il vissuto, a "ingrassare" di esperienze, ad ammortizzare le paure, per essere pronto a sentirsi gettato nella vita. Perciò gli piacciono meno i giochi che non può rompere a suo piacimento. Ama dondolo, scivolo e girotondo per acquisire periodicità e ritmo; il 'nascondino' per rinsaldare la certezza di essere voluto; i giochi di gruppo coi pari o di superamento dell'ansia (esempio: s'inventa che un bicchiere è la mamma, che il bicchiere sta per cascare e che la salva all'ultimo momento). Il bambino ha infatti una razionalità che non è la nostra. Per noi vale il principio di non contraddizione per cui una bottiglia è una bottiglia; per lui è anche una pistola, un sasso, uno scoglio o il naso di papà nello spazio della fantasia, dove tutto diventa altro o è mistero. Perciò un gioco che spiega e dà regole a chi sta conoscendo il mondo secondo categorie che non sono le regole scritte non serve. Se il bambino lo prende a martellate, non spaventatevi e attenti a regalargli giochi 'troppo intelligenti'!».
Qual è invece il significato della risata e del pianto del bambino?
«All'inizio il neonato ride per imitazione, poi comincia a ridere per stupore quando, per esempio nella 'linguaccia', constata un'incongruenza innocua rispetto alla realtà. Rispetto al pianto il guaio è che, contrariamente a quanto comunemente si crede, non esiste un 'pianto da dolore', un 'pianto da fame' o un 'pianto da paura'. Di qui occorre 'contestualizzare' il pianto, ragionando e osservando. C'è un graffio, una ferita? Ha mangiato da poco, da tanto? C'è la pelle arrossata o un bernoccolo in testa? È rimasto da solo? Ha sonno? Insomma il pianto è il segno, ma la causa possiamo provare a individuarla solo con questa contestualizzazione. C'è poi da aggiungere un paradosso: qualche volta il bambino ha dolore ma non piange, anzi sta fermo. Questo succede quando qualcosa gli fa male se si muove, e lui ovviamente non si muove. Di qui l'immobilità insolita di un braccio, per esempio, deve far sospettare il dolore.
Come è più opportuno muoversi rispetto ai suoi capricci?
«Bisogna considerare che il capriccio non avviene perché il bambino non ottiene quello che vuole, ma perché ottiene quello che non vuole. Allo stesso modo, contrariamente a quanto si pensa, il bambino si vizia quando ottiene sempre quello che non vuole. Il capriccio è in effetti una manifestazione di un desiderio cui l'adulto risponde male. Per intenderci, è come dare a un affamato un biscottino, invece di un buon pranzo; alla fine si accontenterà del biscottino ma lo cercherà cento volte al giorno. Il bambino vuole essere guardato, all'occorrenza consolato e incoraggiato, vuole sostanzialmente il tempo dal suo genitore. Ogni 'no' del bambino è una richiesta di 'tu'».
I neonati sognano?
«Innanzitutto è opportuno ricordare che generalmente durante il sonno il cervello elabora, costruisce, cresce. Anche il bambino sogna, come si può constatare dalla fase REM, e lo fa sin dal grembo materno. Egli rielabora principalmente le sensazioni, le esperienze, gli stimoli che ha provato nel corso della giornata, e forse inizia anche a trasformare in sogni i dispiaceri avuti o le belle cose che gli sono successe».
Cosa pensa rispetto alla scelta di diversi genitori di esporre precocemente i figli a tablet, smartphone e tv?
«Bisogna dire chiaramente in proposito che tali strumenti non costituiscono un alleato della mamma per distrarre il bambino, bensì delle celle anguste in cui il bambino finisce per rinchiudersi. Quindi non usare tablet, cellulari o altro a far da baby-sitter ai figli, poiché sono pervasivi e quasi ipnotici. È l'unica cattiva abitudine da impegnarsi a vietare nei bambini, in specie durante una fase così delicata della crescita in cui l'immaginazione è in aumento e l'apprendimento dipende ancora in gran parte dall'attività visiva».
Qual è infine il ruolo del padre?
«Pur constatando che siamo passati da una società additata come 'patriarcale' a una società orfana di padre, la sua figura rimane ed è fondamentale. Se infatti la madre lega il desiderio del bambino alla vita, il padre lo aggancia alla realtà, aprendo la via a una progressiva autonomia del bambino. Il padre inoltre non spiega ma mostra che per lui le cose hanno un significato, un senso, una bellezza».
Nel concludere il suo saggio, Lei afferma che la nostra società non è pronta per i bambini. Perché?
«Il bambino spaventa la società perché è irrazionale, cioè ha una maniera di ragionare che non è la maniera richiesta all'adulto consumatore. Inoltre il bambino guarda i suoi genitori e gli altri per quello che sono, senza cioè badare ai titoli (nobiliari, accademici o professionali) di una persona. Infine il bambino spaventa perché "è matto", cioè corre, mette in bocca tutto, sale sui balconi e quindi la società non ha forze per stargli dietro. Un tempo invece i bambini erano i padroni delle piazze; oggi non vanno nemmeno a scuola da soli. Scendevano in strada e giocavano in gruppo; oggi per vedere altri bambini vanno alle feste o a fare sport, cioè sempre sotto sorveglianza. Mettevano in bocca di tutto e lo sputavano, migliorando così la loro intelligenza delle cose e il loro sistema immunitario; oggi la pubblicità, per vendere, instilla un'idea che tutto sia pericoloso, sporco, da pulire, sgrassare, sterilizzare. Il bambino vuole aria fresca, vuole genitori e non "ruoli genitoriali", vuole una scuola basata sui suoi ritmi. Perciò qualcosa rinascerà solo dai piccoli nuclei familiari, dalle esperienze delle piccole scuole, dagli asili innovativi in cui qualcuno avrà avuto a cuore la persona del bambino insieme alla sua realtà sociale. Questo certo non cambierà il paradigma culturale della nostra società, ma cambierà il modo in cui alcuni bambini si sentiranno guardati e inizieranno a guardare a sé stessi e al mondo».
Nota di BastaBugie: per acquistare il libro dal titolo "I primi 1000 giorni d'oro. Puericultura per i genitori e per chi cura i bambini" del prof. Carlo Bellieni di cui si parla nell'intervista, clicca qui!
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