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OMELIA XXVI DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Mc 9,38-43.45.47-48)
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala
di Giacomo Biffi
 

Il brano evangelico che ci viene oggi proposto non è di quelli che ci presentano un fatto circostanziato o una parabola ben definita. Potrebbe essere detta una pagina “compilatoria”, che raccoglie cioè diverse frasi di Gesù, slegate tra loro e verosimilmente da lui pro nunciate in momenti e situazioni diversi.
Sono parole forti e taglienti, che meritano tutte di essere ben considerate, perché ci aiutano a entrare nella mentalità del Signore e ci richiamano alcune idee importanti per la vita cristiana. In esse Gesù ci appare, come sempre, originale e imprevedibile: più largo e comprensivo di quel che la nostra grettezza di mente si aspetterebbe, più rigido ed esigente di quel lo che la nostra faciloneria ci indurrebbe a pensare. Tre insegnamenti:

LA CHIESA DI CRISTO NON HA CONFINI GEOGRAFICI
1. A Giovanni, l’apostolo impetuoso che viene a confessare la sua intolleranza: Abbiamo visto uno che scaccia i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri, Gesù risponde: Non glielo proibite… Chi non è contro di noi, è per noi.
È interessante notare che, in un’altra occasione, aveva detto invece: Chi non è con me, è contro di me. Ma, a ben guardare, le due affermazioni non si contraddicono. Quando si tratta del rapporto personale con Cristo e col suo Vangelo – cioè quando si tratta delle intime disposizioni di ciascuno e degli orientamenti esistenziali profondi – la neutralità non è ammessa: o si appartiene a lui, perché ci si è messi decisamente alla ricerca della verità e al servizio della giustizia, o si è contro di lui. Qui bisogna scegliere.
Quando si tratta invece dell’atteggiamento esterno e dell’appartenenza formale a un’organizzazione, il Signore tiene conto più della sostanza di un comporta mento che non della etichetta e della denominazione. Viene qui disapprovata quell’angustia di spirito che c’è talvolta tra noi, per cui se uno non è del nostro gruppo o della nostra aggregazione, finisce col non essere né apprezzato né cordialmente accolto.
Più profondamente Gesù vuole insegnarci che la forza dello Spirito Santo non è coartata da nessun confine, neppure dai confini visibili della Chiesa.
Lo Spirito opera dove vuole e per mezzo di chi vuole: c’è gente che lavora efficacemente per il Regno di Dio senza che noi ce ne avvediamo, e forse senza che se ne avvedano loro stessi. Il bene può essere dappertutto e non è monopolizzato da nessuno. I confini veri della Chiesa non sono geografici, ma passano attraverso il segreto dei cuori.


IL VALORE DI OGNI NOSTRO ATTO È NELL’AMORE E NELLA FEDE CHE ESPRIME
2. La seconda frase di Gesù ci dice che anche il gesto più semplice e apparentemente senza valore diventa preziosissimo se è compiuto con un’alta finalità e come espressione sincera di un giusto amore.
Che c’è di più piccolo e insignificante di un bicchier d’acqua? Ma se la cortesia di dare un bicchier d’acqua è compiuta nel mio nome – dice il Signore – diventa meritevole di una grande ricompensa. Se un favore esiguo e senza importanza è reso a voi – continua il Signore – perché siete di Cristo, allora acquista il pregio di un atto d’amore verso il Re dell’universo e il Salvatore degli uomini.
Come si vede, non è l’entità di un’opera a determina re la rilevanza in faccia a Dio, ma la fede e l’affetto che con essa si intendono esprimere.
Questo principio evangelico ci ricorda anche che un cristiano non può accontentarsi di ricercare ciò che è buono e giusto, come la fraternità, la solidarietà tra gli uomini, la pura filantropia; deve anche preoccuparsi che tutte queste cose in lui nascano da un vero e personale amore per Cristo.
Dobbiamo diffidare di noi stessi, se un nostro impegno esterno, sociale, umanitario non è quotidiana mente ispirato e sorretto da una intensa intimità e dall’abitudine a un prolungato colloquio col Signore Gesù, che è il centro e il senso della nostra vita.

RIGORE E FERMEZZA PER NON COMPROMETTERE LA PROPRIA FEDE
3. Se la tua mano ti scandalizza, tagliala. Questa frase, evidentemente paradossale, non va presa alla lettera; però va presa sul serio. Essa ci dice quanto grande sia il rigore dei principi e la fermezza del comportamento, che Gesù ci richiede. Nel Vangelo di Matteo questa parola aspra e precisa si trova anche nel Discorso della montagna, là dove il Signore dà la sua norma di vita a proposito del matrimonio e della castità.
Dobbiamo riconoscere che questa espressione evangelica scende come una sferzata sulle concezioni della morale corrente, tutte improntate al lasciar correre, al “tutto è lecito, basta non recar danno agli altri”.
Che il mondo – che rifiuta il messaggio di Cristo – arrivi in questo campo alle aberrazioni più grandi e più imprevedibili, non ci meraviglia. L’aveva già notato san Paolo nel primo capitolo della Lettera ai Romani.
Ciò che meraviglia – ed è inaccettabile – è che ci siano quelli che nella loro vita vogliono mettere insieme la professione cristiana e la morale permissiva, l’adesione a Cristo e la giustificazione di tutte le trasgressioni.
Anche qui siamo chiamati a operare le nostre scelte. Che se pur non riusciamo a vivere in perfetta conformità con gli insegnamenti del Vangelo, almeno dobbiamo stare attenti a non mortificarne gli ideali.
Domandiamo come dono al Padre dei cieli, dopo questa riflessione, di riprodurre in noi il più perfetta mente possibile sia lo spirito di comprensione verso tutti, sia la più ferma risposta alle esigenze di novità di vita, indicateci dal Signore.

Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Fonte: Stilli come rugiada il mio dire