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Parla l’ebreo Krupp, presidente della fondazione americana che ha interpellato i testimoni della Shoah: Pontefice da riabilitare.
Il nunzio ad Haiti Ferrofino, tuttora vivente, inviato più volte dal Papa a chiedere visti per l’espatrio di ricercati dal Portogallo a Santo Domingo
Pio XII va nominato «Giusto tra le Nazioni» perché fu il leader mondiale che più si diede da fare, durante la Seconda guerra mondiale, nel salvare gli ebrei perseguitati da Hitler; quindi hanno torto quanti, da Cornwell a Hitchens, bollano Papa Pacelli come filo-nazista. Gary L. Krupp, ebreo americano, presidente della Fondazione Pave the Way di New York (che nel 2005 organizzò il più affollato incontro di rabbini con un Papa, Giovanni Paolo II, mai tenuto in Vaticano, e che a giugno ha incontrato Benedetto XVI), apporta inedite rivelazioni sul ruolo di Pio XII nel sottrarre gruppi di ebrei dallo sterminio hitleriano.
Come quelli che il Pontefice fece fuggire dal 1939 al 1945 – tramite migliaia di visti – nella Repubblica Domenicana. Di questo si parlerà a Roma in un convegno promosso appunto dalla Pave the Way e previsto a Palazzo Salviati dal 15 al 17 settembre, appuntamento al quale interverranno studiosi come lo storico gesuita Peter Gumpel, monsignor Sergio Pagano prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, Martin Gilbert, biografo di Churchill e autore di I giusti. Gli eroi sconosciuti dell’Olocausto (Città Nuova) e Andrea Tornielli, vaticanista, che ha scritto il documentato Pio XII (Mondadori).
Dottor Krupp, perché ha deciso di indagare il coinvolgimento di Pio XII nell’aiutare gli ebrei durante l’Olocausto?
«Pave the Way è una fondazione indipendente che opera per eliminare l’abuso della religione a fini privati. Costruiamo relazioni con diverse confessioni religiose attraverso gesti concreti e identificando gli ostacoli che esistono tra esse. Abbiamo individuato nel papato di Pio XII uno dei temi più difficili nelle relazioni tra ebrei e cattolici; la sola strada percorribile per arrivare alla verità è la testimonianza delle persone presenti durante gli eventi di quegli anni terribili. Pave the Way ha deciso di finanziare questo progetto che ha riguardato l’incontro con persone ancora viventi, le cui testimonianze sono state videoregistrate».
Quali sono le principali «scoperte» di questa indagine?
«Io e mia moglie Meredith siamo cresciuti pensando che Pio XII fosse un collaboratore del nazismo e un antisemita. Si può immaginare il nostro shock quando abbiamo indagato direttamente quell’epoca e abbiamo scoperto la nostra disinformazione e in seguito il nostro sconcerto verso coloro ai quali era stato affidato l’incarico di effettuare tali indagini.
Personalmente, la scoperta più importante è stata l’intervista realizzata in Provenza sulle attività di monsignor Giovanni Ferrofino, oggi novantaseienne, emissario di Pio XII e segretario del nunzio monsignor Maurilio Silvani (rappresentante vaticano in Haiti dal 1939 al ’46). Monsignor Ferrofino riceveva ad Haiti due telegrammi criptati due volte all’anno da parte di Pio XII e in seguito a quei dispacci andava con il nunzio dal generale Trujillo (allora presidente della Repubblica Dominicana, ndr) per chiedergli – a nome del Papa – ogni volta 800 visti per gli ebrei che dal Portogallo stavano scappando dall’Europa a bordo di una nave. Questo accadde due volte all’anno, dal 1939 al 1945: vuol dire che almeno 11 mila ebrei potrebbero essere stati salvati, solo in riferimento a questo Paese.
Alcuni esperti vaticani, ai quali ho mostrato tale intervista, mi hanno confessato di non aver nessuna idea di questo fatto.
Monsignor Ferrofino fu spettatore in prima persona della frustrazione di Pio XII per il mancato aiuto degli Stati Uniti e di altri Paesi rispetto alla necessità di salvare gli ebrei.
Molto istruttivo è risultato anche l’incontro con Martin Gilbert a Londra: egli, da ebreo, afferma che Pio XII dovrebbe essere riconosciuto come 'Giusto tra le Nazioni' dal museo Yad Vashem per il lavoro che fece nel procurare visti di espatrio agli ebrei. Gilbert inoltre suggerisce con forza di cambiare la didascalia, che giudica 'di parte', riguardante Pio XII nel memoriale dell’Olocausto di Gerusalemme».
Nell’opinione pubblica, sui media o nella pubblicistica – basti pensare al recente «Dio non è grande» di Hitchens – resiste però l’immagine di Pio XII come il «Papa di Hitler». Ci dev’essere un altro appellativo con cui ricordare papa Pacelli?
«Posso dire che il libro di Cornwell (Il Papa di Hitler, appunto) è stato completamente smentito da esperti come il gesuita Peter Gumpel e Ronald Rychlak. È assolutamente sbagliata l’idea che Pio XII fosse antisemita e collaborasse, o avesse qualche simpatia, con la Germania nazista.
Durante il convegno di Roma intendiamo provare questo fatto sulla base delle prove raccolte e il messaggio dev’essere diffuso negli ambienti ebraici. Come ebreo, posso anche dire che, nell’opera di salvataggio di ebrei durante la Seconda guerra mondiale, Pio XII fece concretamente molto più di tutti i leader politici e religiosi messi insieme: questo dovrebbe essere conosciuto in tutto il mondo. Credo che per un ebreo sia un obbligo il riconoscimento che durante il periodo più oscuro della nostra storia furono proprio i gesti della Chiesa cattolica, sotto la diretta indicazione di Pio XII, a risultare lo sforzo più grande per ridurre al minimo le sofferenze del popolo ebraico».
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