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L'assistenza religiosa cattolica negli ospedali è sotto attacco, in Toscana e non solo. Ma a chi è che da fastidio la presenza dei sacerdoti nelle corsie? Primo, il consigliere regionale socialista Pieraldo Ciucchi, appartente al gruppo misto. In un’interrogazione ha chiesto di chiudere la convenzione tra Regione Toscana e Conferenza episcopale toscana per la disciplina del servizio di assistenza religiosa cattolica nelle strutture di ricovero delle Asl per un «principio di equità e laicità». Poi è stata la volta della Federazione della Sinistra e dei Verdi. Che per bocca del capogruppo Monica Sgerri e del consigliere Mauro Romanelli ha prima chiesto numeri e costi dell’assistenza religiosa. E poi ha convocato una conferenza stampa per chiedere il «blocco immediato» della convenzione perché, a loro avviso, troppo onerosa per la Regione e, in secondo luogo, per istituire un servizio volontario aperto anche ad altre religioni. Come se non bastasse, alcuni deputati Radicali hanno presentato un’interrogazione al Parlamento italiano.
E l’azione si sta allargando anche ad alcuni consigli comunali. Insomma, si tratta di una vera e propria strategia. Animata sì da piccoli gruppi politici, ma che mira a mettere in discussione questo servizio.
Una prima risposta è arrivata dalla Conferenza Episcopale Toscana. Nel comunicato dell’ultima assemblea i Vescovi Toscani hanno ribadito «l’importanza di questa presenza stabilita da una legge dello Stato e il sostegno a coloro che a vario titolo garantiscono una vicinanza e un conforto spirituale ai malati e ai sofferenti».
Ma questa materia come è regolata? A spiegarlo è padre Renato Ghilardi, incaricato regionale per la Cet della pastorale sanitaria. Padre Ghilardi ha seguito direttamente l’iter della convenzione fin dalla sua origine. «Nell’attuale protocollo deliberato dalla Giunta regionale il 3 dicembre 2007 e sottoscritto dalla Regione e dalla Cet il 1° aprile 2008 – spiega il religioso – si definiscono diritti e doveri degli assistenti religiosi che sono assunti a ruolo o a convenzione e viene data più certezza rispetto al passato in materia di locali per le funzioni del culto cattolico. Il protocollo di intesa scaturisce dalla normativa statale e regionale in materia e trova supporto anche nella legge 21 del 1985 che ratifica l’accordo tra Repubblica italiana e Santa Sede, accordo che ha modificato il Concordato del 1929». Nel Concordato del 1984, all’art. 11, è detto che i pazienti ricoverati in ospedale hanno «diritto alla libertà di culto e che alla loro assistenza spirituale provvedono ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti, su designazione delle autorità ecclesiastiche». La formale istituzionalizzazione del servizio di assistenza, tuttavia, proviene dalla legge 833/78 sulla riforma della sanità in Italia.
Da sottolineare, secondo padre Ghilardi, che la Toscana è stata la prima regione in Italia a concordare ed approvare un protocollo per l’assistenza religiosa: questo documento porta la data del 16 dicembre 1987. «In Toscana – spiega – il protocollo è stato via via rinnovato. Le altre Regioni e Conferenze episcopali hanno stipulato successivamente anologhi protocolli».
La convenzione prevede che l’assistente religioso sia indicato dal Vescovo e poi nominato dalla Asl. In Toscana sono una settantina, «quasi tutti incaricati dell’assistenza religiosa in regime convenzionale» sottolinea padre Ghilardi. E sono «totalmente dediti ai malati ai quali portano il conforto della fede, ogni giorno, 24 ore su 24, essendo obbligati a rendersi reperibili in ogni momento».
I servizi sono vari. Prima di tutto l’«assistenza spirituale e religiosa dei malati attraverso la visita nei reparti che comprende innanzitutto l’accompagnamento vissuto mediante la relazione di aiuto, i momenti di preghiera personale e comunitaria, la proposta e la celebrazione dei sacramenti della Riconciliazione, dell’Eucaristia e dell’Unzione degli infermi». Poi, continua padre Ghilardi, c’è il sostegno ai familiari dei malati sia con l’aiuto umano che spirituale. Infine c’è la collaborazione e il sostegno con il personale sanitario medico e infermieristico che opera nell’ospedale.
E i malati apprezzano questo tipo di servizio. «In trenta anni di lavoro negli ospedali – sottolinea padre Ghilardi, anche lui attualmente assistente religioso nell’Azienda sanitaria di Firenze – in un solo caso mi è capitato di aver trovato un rifiuto della relazione. Rifiuto che poi, in seguito, si è trasformato in accoglienza e amicizia. In ospedale è importante aiutare il malato a sentirsi ancora una persona in un ambiente che lo interpella ormai in maniera parziale solo per i bisogni del suo corpo malato, ma non tiene conto delle esigenze del suo spirito. E poi si tratta di ridargli fiducia e speranza. Questa è la nostra opera che ogni giorno cerchiamo di portare avanti. Spesso ci troviamo anche a dare risposte a situazioni di estrema povertà: molte volte abbiamo procurato vestiti ai ricoverati e abbiamo dato un aiuto anche a parenti bisognosi dei malati».
Ovviamente, in Consiglio regionale non mancano le prese di posizione a favore dell’assistenza religiosa negli ospedali. I cattolici del Pdl, del Pd e l’Udc hanno confermato che si tratta di un servizio fondamentale. «Ci sembra pretestuoso – ha detto in particolare il capogruppo Udc Giuseppe Del Carlo – il perdurare della pseudo-denuncia contro il presunto scandolo dei sacerdoti in corsia. Puntare il dito contro quelle poche persone che ogni giorno portano conforto spirituale e non solo ai pazienti negli ospedali toscani ci sembra una provocazione evitabile. I mali e gli sprechi della sanità sono ben altri».
Il presidente Enrico Rossi risponderà ufficialmente in aula. Intanto però ha già dichiarato che «sull’assistenza religiosa ai malati rispetteremo le convenzioni e gli accordi che la Regione firma con la Conferenza episcopale toscana fin dal 1985». «La stragrande maggioranza dei toscani – ha concluso il presidente – è cattolica e l’assistenza religiosa dev’essere garantita, in coerenza con il Concordato. Voglio anche ricordare che non abbiamo mai negato l’accesso alle altre confessioni».
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