Alla fine tutti si abbracciano. Dopo aver lasciato la parola ai figli, le mamme ne ricevono l'abbraccio, lo restituiscono e li vedi che sì, non fingono, sono davvero felici. Eppure secondo certi luoghi comuni, tanto logori quanto tenaci, non potrebbero né dovrebbero esserlo. Perché quei figli hanno la sindrome di Down. E quindi dovrebbero essere prigionieri di una sorta di semivita grigia e poco consapevole, peso a se stessi e ai loro sciagurati genitori. Invece quei genitori li vedi orgogliosi dei figli. Figli che capiscono, ragionano, parlano. Si esprimono molto meglio di tanti loro coetanei inespressivi. Per rispondere a una lettera che pone un problema molto importante.
La lettera è vera. L'ha scritta quattro mesi fa una mamma in attesa di un bambino con la sindrome di Down, destinatario CoorDown (Coordinamento nazionale Associazioni delle persone con la sindrome di Down), una onlus capofila di un progetto internazionale di cui fanno parte dieci associazioni di nove paesi diversi: Italia, Francia, Spagna, Croazia, Germania, Inghilterra, Russia, Usa e Nuova Zelanda. «Ho paura » confida la mamma. E chi non ne avrebbe al posto suo? È quella umanissima paura - di non farcela, e di mettere al mondo un figlio condannato all'infelicità - che spinge molte future mamme a interrompere la gravidanza, in molti casi condannando se stesse a un'infelicità ingombra di rimorsi. In occasione del 21 marzo, Giornata mondiale sulla sindrome di Down, CoorDown ha messo in rete uno spot di poco più di due minuti con la risposta dei ragazzi Down. Che dicono: tuo figlio, cara futura mamma, potrà fare un sacco di cose. Ne elencano alcune parlando in italiano, spagnolo e francese, perché sono ragazzi di tutto il mondo. Ma la risposta più esauriente è l'abbraccio finale.
Uno spot efficacissimo perché riesce a commuovere, fino alle lacrime, senza ricorrere ad alcun artificio retorico, ad alcun trucchetto del mestiere, ma semplicemente mostrando la realtà e dicendo la verità. Lo spot è riuscito perché quei ragazzi sono veri, e vere sono le loro mamme.
Ma le notizie davvero importanti sono altre. Primo fatto clamoroso: dal 31 marzo a ieri, lo spot "Dear Future Mom" ha fatto registrare sulle rete più di 5 milioni 200mila contatti. Un successo strepitoso. Una campagna del genere varrebbe un milione di euro, se non fosse stata realizzata a costo zero. Le menti sono due, Luca Pannese e Luca Lorenzini, creativi della Saatchi & Saatchi Italia, che hanno lavorato gratis chiedendo soltanto all'azienda di potersi servire dei suoi strumenti, cosa che l'agenzia, diretta da Giuseppe Caiazza, ha volentieri concesso. Ma tutti, a cominciare dalla produzione ( The Family), hanno fatto volontariato. Un ottimo risultato? Nessuno stupore. CoorDown e Saatchi collaborano dal 2012 e le prime due campagne sono state pluripremiate.
Rimane l'ultima notizia, la più importante. Sì, lo spot è riuscito perché vero; l'iniziativa è meritoria; i contatti sono stati un'enormità; ma ad oscurare i tanti successi, in fondo effimeri, è questo messaggio giunto il 28 maggio a CoorDown da Leticia Velasquez. Lo riportiamo in lingua originale: «Today this film convinced a father and mother to give birth to their son next fall». Dopo aver visto lo spot, due genitori hanno deciso: il loro figlio nascerà nell'autunno prossimo. Ne basta uno, di piccolo Down salvato perché amato, per poter dire: questa campagna è pienamente riuscita.
Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare il video (che è stato visto da oltre 5 milioni di persone) di cui si parla nell'articolo.
Il video è stato anche trasmesso in televisione, ma l'autorità radiotelevisiva francese ha emesso un avvertimento di allarme, sostenendo che il video "disturba la coscienza delle donne che, in conformità con la legge, hanno fatto scelte di vita personali diverse". Ai tre canali televisivi che hanno trasmesso il video è stata inviata una lettera in cui si intima di non trasmetterlo più nelle fasce orarie riservate ai "messaggi di interesse generale", con conseguente ordine di censura effettiva. Una minaccia di censura che ha prodotto l'autocensura. La Corte Europea dei Diritti Umani ha successivamente dato ragione al governo francese: bambini e adulti affetti dalla Sindrome di Down non possono sorridere, né apparire felici. Lo stabilisce il governo.
https://www.youtube.com/watch?v=xNndLBZpToc