Dopo quattro giorni senza cibo e acqua la dodicenne Andrea Lago è morta venerdì all'ospedale clinico di Santiago de Compostela. I supporti vitali che servivano per nutrire Andrea, affetta sin da piccola da una malattia neurodegenerativa che le ha bloccato progressivamente gli arti, le erano stati tolti lunedì dopo una battaglia ingaggiata lo scorso giugno dai genitori, Antonio Lago e Estela Ordonez (nella foto), convinti che la figlia dovesse morire "dignitosamente". «Non vogliamo vederla agonizzante, deperita, in pena e incapace di riconoscerci».
A giugno il parlamento della Galizia aveva approvato, all'unanimità, una legge sul fine vita, aprendo un foro nella diga. La norma, infatti, pur escludendo l'eutanasia e parlando di sedazione «senza accorciare la vita», lascia spazio ad interpretazioni ammettendo generiche «limitazioni di trattamento» in condizioni cliniche irrecuperabili. L'ospedale, nonostante le richieste dei genitori, si era opposto spiegando che «la piccola non prova alcun dolore». Il caso era poi arrivato al governo regionale della Galizia che aveva emesso un parere non vincolante in cui si richiedeva la rimozione dell'alimentazione e dell'idratazione. L'ospedale aveva mantenuto la propria posizione.
DIBATTITO STRUMENTALE
A quel punto i genitori si sono rivolti al tribunale di Santiago, che ha richiesto l'intervento di quattro esperti, per sapere se i medici stessero «prolungando inutilmente l'agonia della bambina». La tragedia è stata politicizzata e usata dal leader del partito socialista, Pedro Sànchez, che ha promesso la legalizzazione dell'eutanasia in caso di vittoria alle elezioni generali di dicembre. Al contrario, l'assessore alla Salute del governo della Galizia, Rocio Mosquera, si è schierato dalla parte dei medici spiegando che privare una persona del cibo e dell'acqua è un atto di «eutanasia attiva».
La campagna martellante dell'"Associazione Morte Dignitosa" ha puntato sul «diritto del paziente che ha la libertà di rifiutare i trattamenti», nonostante Andrea non potesse esprimersi e nonostante cibo e acqua non siano trattamenti medici. Eppure, ha insistito l'associazione, «la nuova maggioranza del prossimo parlamento spagnolo dovrà decriminalizzare l'eutanasia e il suicidio assistito». Solo il vescovo di Alcala de Henares, Juan Antonio Reig Pla, ha ricordato il documento di Benedetto XVI del 2007, in cui rispondeva ad alcune domande della Conferenza Episcopale americana, spiegando che alimentazione e idratazione fornite tramite dispositivi medici non possono essere interrotte perché sono «un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita». Citando papa Benedetto il vescovo ha poi spiegato che «un paziente in "stato vegetativo permanente" è una persona la cui dignità umana è fondamentale», che comprende «la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali».
Di fronte alla decisione dei genitori di rivolgersi al giudice, l'ospedale alla fine ha ceduto. Così, lunedì scorso, l'avvocato della coppia, Sergio Campos, ha annunciato che ad Andrea erano stati tolti cibo e acqua, mantenendo «solo un livello minimo di idratazione». Campos ha chiarito che in questo modo la bambina sarebbe morta entro «due, quattro, otto o trentotto giorni». Monsignor Reig Pla aveva invece ricordato che la vera sofferenza è questa: «Morire di fame e di sete».