Oggi, 21 marzo, ricorre come noto la Giornata mondiale della Sindrome di Down, evento istituito nel 2011 dalle Nazioni Unite con «l'obiettivo di aumentare la consapevolezza sulla sindrome di down, abbattere i pregiudizi e gli stereotipi ancora presenti nella società e promuovere una cultura della diversità inclusiva». A parte forse la ricorrenza di una terminologia impiegata anche in altri ambiti («abbattere i pregiudizi e gli stereotipi [...] cultura della diversità inclusiva»), questa Giornata mondiale, nella misura in cui vuole fare sensibilizzazione, è senza dubbio da salutare positivamente.
Il fatto è che, a maggior ragione in questo giorno, si dovrebbe ricordare - e i grandi media di certo non lo ricorderanno - anche un altro fatto: i bimbi con sindrome di Down, gli stessi che oggi si vedono nei servizi ai telegiornali e nelle immagini dei siti internet, sono da anni brutalmente decimati con l'aborto. Già nel dicembre 2020, a questo proposito, The Atlantic pubblicava un lungo servizio dal titolo inquietante: «Gli ultimi figli della Sindrome di Down». In quell'articolo, si ricordava che «i test prenatali stanno cambiando chi nasce e chi no» e «questo è solo l'inizio».
Il fatto è che, al di là dei test prenatali, ci sono pressioni fortissime anche in ambito sanitario perché questi bambini siano abortiti. Ad Emma Mellor, una donna in dolce attesa di una bimba con la trisomia 21 - mamma la cui testimonianza è stata raccolta dalla Bbc - i dottori hanno proposto l'aborto. E non una, ma addirittura 15 volte. «Anche se avevamo chiarito che non era una opzione per noi», ricorda la Mellor, «sembravano davvero insistere». Ora, quello di questa mamma è forse un caso isolato? Davvero dietro gli aborti dei bambini con sindrome di Down sono solo il frutto di scelte genitoriali? Il dubbio viene.
Quello che è sicuro è che gli aborti di questi bimbi sono dilaganti. Negli Usa - secondo una pubblicazione uscita su Prenatal Diagnosis oltre dieci anni fa, e quindi oggi probabilmente superata - viene abortito il 67% dei nascituri Down, percentuale che sale ulteriormente tra le madri con più alti livelli d'istruzione: e in Europa è pure peggio. In Danimarca, primo Paese europeo a istituire lo screening per la sindrome di Down, quasi tutti i bambini con diagnosi di sindrome di Down vengono abortiti (97%), esito che interessa il 77% di questi nascituri anche in Francia e oltre il 90% di loro in Italia, Germania, Regno Unito e Belgio.
Siamo insomma davanti ad un vero e proprio sterminio. Che spesso, come se non bastasse, viene disposto pure su basi sbagliate. «Quando trovano malattie rare, questi test prenatali sono generalmente sbagliati», denunciava infatti una sconvolgente inchiesta uscita a inizio 2022, a firma di Sarah Kliff e Aatish Bhatia, sulle colonne del più celebre giornale del mondo, il New York Times, a proposito, dei test Nipt - acronimo di «not invasive prenatal test» -, gli esami non invasivi che, attraverso una goccia di sangue prelevata nel primo trimestre, intercettano problemi dello sviluppo fetale.