OMELIA PER LA XI DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - (Lc 7,36-8,3)
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 13 giugno 2010)
Siamo tutti poveri peccatori e abbiamo tutti bisogno della salvezza e del perdono di Dio. Di questo perdono parlano le letture di oggi, insegnandoci quelle che devono essere le nostre disposizioni per poter ottenere la Misericordia divina. Iniziamo con la seconda lettura. San Paolo apostolo, scrivendo ai Galati, insegna che, per essere salvati, innanzitutto dobbiamo avere fede in Dio e nel suo Figlio Unigenito che ci ha amati e ha consegnato se stesso per noi (cf Gal 2,20). In poche parole, dobbiamo avere quelle disposizioni che esprimiamo nella stupenda preghiera dell’atto di fede: «Mio Dio, poiché sei verità infallibile, credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato e la santa Chiesa ci propone a credere. Ed espressamente credo in te, unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo. E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnato e morto per noi, il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna. Conforme a questa fede voglio sempre vivere. Signore, accresci la mia fede». La fede è talmente importante che lo stesso sacramento della Riconciliazione avrà effetto in noi, donandoci il perdono di Dio, solo se crediamo alle verità fondamentali espresse da questa preghiera. La prima lettura ci insegna, invece, ad avere umiltà. Per essere perdonati da Dio, dobbiamo umilmente riconoscere i nostri errori. È quanto ha fatto Davide. Egli aveva gravemente peccato, diventando adultero e omicida. Grazie poi all’intervento del profeta Natan, egli riconobbe umilmente i propri errori e fece penitenza. Allora disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore» (2Sam 12,13). L’umiltà è così importante che nulla piace a Dio senza di essa. Essa è come una potente calamita che attira la grazia di Dio e il suo perdono. Umiltà è verità, affermava santa Teresa d’Avila, è riconoscere senza attenuanti le nostre colpe. Se uno si accusa, Dio lo scusa; se, al contrario, non fa altro che giustificarsi, egli dimostra chiaramente di essere lontano dalla verità. Sbagliano tutti quelli che dicono di non aver peccati da confessare. I peccati sono come la polvere: quanto più ci si avvicina alla luce, tanto più si vedranno. La Chiesa, inoltre, ci fa ripetere uno stupendo atto di umiltà al momento culminante della Santa Messa, prima di ricevere la Comunione. In quel momento ripetiamo l’atto di umiltà del Centurione, e diciamo: «O Signore non sono degno di partecipare alla tua Mensa, ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato». Ripetiamo queste parole con attenzione e convinzione. Passiamo ora al Vangelo. Esso ci riporta l’episodio della donna peccatrice che lava con le sue lacrime i piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli, cospargendoli di profumo. Questo episodio ci insegna la carità che noi dobbiamo avere innanzitutto nei confronti di Dio. Esistono due tipi di pentimento. C’è il pentimento imperfetto, la cosiddetta attrizione, che deriva dalla paura dei giusti castighi di Dio. Certamente questo pentimento non è l’ideale per i cristiani, ma è pur sempre una grazia ed è sufficiente per ricevere il perdono di Dio nel sacramento della Riconciliazione. Vi è poi il pentimento perfetto, che si chiama contrizione, che nasce non dal timore, ma dall’amore di Dio. Ci si pente non per paura dell’inferno, ma perché si ama Dio e ci dispiace sommamente di averlo offeso con il peccato. Questo è l’ideale per i cristiani. È certamente una grazia, grazia che dobbiamo domandare con fiducia ogni giorno nella preghiera. Quando recitiamo l’Atto di dolore diciamo: «Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi e molto più perché ho offeso te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa». Fede, umiltà e carità. Sono queste le disposizioni fondamentali per ricevere il perdono e la salvezza di Dio. Queste disposizioni le ritroviamo in un episodio che leggiamo nella vita di sant’Antonio da Padova. Si racconta che un giorno un grande peccatore andò a confessarsi dal Santo, dopo avere ascoltato una sua predica. Il pentimento del peccatore era così vivo che gli impedì di parlare per i continui singhiozzi. Sant’Antonio allora gli disse: «Va’, figlio, scrivi i tuoi peccati poi ritorna». Il penitente andò, scrisse i peccati su un foglio, tornò dal Santo e gli lesse la lista delle colpe. Quale non fu la sorpresa, però, quando alla fine della lettura si accorse che il foglio era tornato bianco, senza più traccia di scrittura. Così avviene nella nostra anima. Se accuseremo i nostri peccati con fede, umiltà e carità, la nostra anima ritornerà bianca come la neve.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 13 giugno 2010)
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