BastaBugie n�27 del 02 maggio 2008 | |
LO “SCANDALO” DEL CORPO DI PADRE PIO… 24.04.2008 Autore: Antonio Socci Qua sotto vi dico cosa penso dell’esposizione del corpo di Padre Pio che tante polemiche ha suscitato. Ma prima vi lascio una perla del Padre: “Lo Spirito di Dio è spirito di pace… Egli ci fa sentire un dolore tranquillo, umile e fiducioso dovuto precisamente alla Sua Misericordia… Invece lo spirito del Male esaspera… e ci fa provare una specie di ira contro di noi: mentre proprio nei nostri confronti dovremmo esercitare la carità più grande” La nostra mentalità naturale – oggi dominante – è quella degli antichi gnostici: lo schifo della corporeità. Il terrore e la disperazione della morte. Abbiamo allestito una colossale macchina sociale per esorcizzare il corpo e i suoi processi biologici, perché mostrano il suo continuo disfacimento. Abbiamo orrore di tutti i segni della decadenza fisica, ci repellono gli umori e gli odori del corpo, l’imbiancarsi dei capelli, la loro caduta o le rughe perché questo inesorabile decadere della carne prefigura la morte. Il lento putrefarsi del corpo ha bisogno di continui lavori di restauro e manutenzione. Non a caso il fatturato dell’industria cosmetica è in costante crescita. Un vero boom. L’uso di deodoranti, creme e altre diavolerie serve proprio a costruirci un corpo virtuale come quello che andiamo a modellarci con la “plastica” (facciale o meno) o in palestra o su “Second Life”. Ciò che chiamiamo bello è in realtà una “immagine” che nasconde, perché è costruita per fermare l’istante ed esorcizzare la natura materiale delle cose che consuma e disfa. L’arte è nata così, anticamente, in Egitto e in Grecia. Oggi basta considerare il “culto della bellezza femminile” a cui si dedica una colossale industria mediatica maschile con cui – come scrive Camille Paglia – “l’uomo si è sforzato di fissare e stabilizzare il pauroso divenire naturale… La bellezza arresta e raggela il flusso turbolento della natura” perché ferma (almeno in apparenza, come immagine) lo sfacelo della materia. Nella nostra epoca cancelliamo tutto ciò che ci ricorda la decadenza fisica e la malattia. “La vita moderna, con i suoi ospedali e i suoi articoli igienici”, scrive la Paglia “tiene a distanza e sterilizza questi primordiali misteri proprio come ha fatto con la morte, un tempo pietosa incombenza domestica”. Un tempo, cioè quando si era cristiani. Il cristianesimo infatti è entrato in questa nostra mentalità naturale come un ciclone. La Chiesa ha letteralmente inventato gli ospedali e li ha costruiti al centro delle città, spesso davanti alle cattedrali, non ai margini dell’abitato come si usa fare oggi. Il malato che era schifato e abbandonato nell’antichità greca e romana, è diventato in tempi cristiani venerato “come Gesù crocifisso”, accudito, curato, amato pietosamente fin nelle sue piaghe che naturalmente ci repellono. Citavamo all’inizio La Pira e Guardini: in effetti “sono i cristiani i veri materialisti”. Non potrebbe essere altrimenti, perché sono gli unici a poter abbracciare tutta la realtà, anche la sua dolente carnalità, senza l’angoscia e la malinconia del disfacimento fisico e della morte. Perché il cristianesimo è la notizia di Dio che “si è fatto carne”, uomo come noi. L’uomo-Dio si è piegato teneramente su tutte le ferite umane e le ha guarite, ha preso su di sé, sulla sua stessa carne, tutta la violenza e la sofferenza del mondo, facendosi macellare e morendo. Infine è risorto nella carne, mostrando, facendo toccare con mano il suo stesso corpo divinizzato come è destinato a diventare il nostro. Ha rivelato agli esseri umani: “Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati”. E così ha confessato il folle amore che l’Onnipotente ha per ogni sua creatura. La nostra mentalità pagana ha orrore del corpo, invece Dio lo ama, tanto più quando è ferito, sofferente e debole. Se Dio ha contato perfino i nostri capelli è perché ci guarda come un innamorato. Che vuole sottrarci alla morte. Nessun amante di questo mondo ha mai potuto promettere alla sua amata che niente di lei, neanche un capello, sarebbe mai perito. Così invece ha fatto l’Uomo-Dio. E dunque, attraverso Gesù, tutto ci sarà restituito (per sempre) di noi e delle persone che amiamo. Dante, nella Divina Commedia, ha questa intuizione geniale: che le anime sono felicissime in Paradiso e non mancano di nulla, ma hanno “il disìo d’i corpi morti/ forse non pur per lor, ma per le mamme,/ per li padri e per li altri che fuor cari” (Par XIV, 63-65). E’ l’idea che la felicità sarà perfetta e totale in Paradiso non tanto per la resurrezione dei propri corpi, ma per la resurrezione delle persone che amammo. Ci sarà restituito tutto, perfino il loro sorriso perduto e il loro sguardo. E trasfigurati in una eterna giovinezza come quella che è evidente in Maria quando appare ai veggenti (da Lourdes a Medjugorje) che, fra l’altro, la descrivono bellissima. La Madonna è infatti la prima dopo Gesù ad essere entrata nella gloria col suo stesso corpo. Il dogma dell’Assunzione ha questo significato: che tutto il nostro corpo è sacro. Ed è destinato all’eternità. Alla divinizzazione. I “gesti” con cui Gesù ci abbraccia, ci sostiene e ci trasfigura sulla terra – cioè i sacramenti – sono tutti legati a segni fisici. Trasformano anche il corpo. Niente come il cristianesimo esalta l’uomo, fin nella sua povera corporeità. Con l’Eucaristia, fatta per struggersi in un cuore umano, entra nel cristiano la stessa Trinità: “per questo divino e ineffabile contatto”, dice il teologo, “l’anima e anche il corpo del cristiano diventano più sacri della pisside e delle stesse specie sacramentali” (Royo Marin). Per questo non stupisce che la Chiesa, nella liturgia funebre, incensi il corpo dell’uomo che appartiene al corpo stesso di Cristo. E non stupisce che il corpo dei santi sia particolarmente venerato. Infatti in molti casi Dio si degna di fare miracoli proprio attraverso le reliquie dei santi. Padre Pio oltretutto portò nel suo stesso corpo i segni prodigiosi della crocifissione di Gesù, e per 50 anni, contro ogni legge naturale e biologica. La sua carne e il suo sangue emanavano il profumo di Cristo. Così il corpo dei santi trasforma tutta la terra in altare e prepara la festa della resurrezione finale. Ricordate Alioscia Karamazov? Rifiutando il padre biologico, descritto da Dostoevskij come fisicamente e moralmente brutto, il giovane scelse un padre spirituale dentro la vita monastica: lo starec Zosima. Ma fu sconvolgente per lui, alla morte del monaco, percepire, dopo poche ore, i segni della sua decomposizione fisica. Finché comprese, nel pianto, che quella era l’ultima lezione che gli dava lo starec. Capì che il corpo dei cristiani è il seme della prossima resurrezione e, disteso, abbracciò amorosamente la terra. Che “geme per le doglie del parto”. Finché vedremo la bellezza di “cieli nuovi e terra nuova” dove la giustizia ha stabile dimora e non c’è più il pianto. E’ l’unica giustizia possibile. Il filosofo della Scuola di Francoforte, Theodor Adorno, pur marxista, osservò che una vera giustizia richiederebbe un mondo “in cui non solo la sofferenza presente fosse annullata, ma anche fosse revocato ciò che è irrevo cabilmente passato”. Concluse che dunque ci vorrebbe “la resurrezione della carne”. E’ precisamente questa giustizia che la Chiesa annuncia, anche con la venerazione del corpo dei santi. Annuncia la risurrezione. Duemila anni fa gli intellettuali di Atene – dopo aver ascoltato con interesse Paolo – si misero di colpo a irriderlo appena annunciò la risurrezione dei morti. Come se fosse un ciarlatano o un matto. Il cristianesimo è questa rivoluzione (la sola!), una “notizia da pazzi”, non una minestrina di regole di buona educazione e di buoni sentimenti. Infatti si parlò di follia ieri sull’Areopago come oggi sulle colonne del Corriere della sera. |
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