E' VENUTO IL MOMENTO DI DENUNCIARE LE CALUNNIE CONTRO IL PAPA
Vediamo nei dettagli il fatto emblematico dello scivolone del New York Times
Autore: Padre Raymond J. De Souza
Lo scorso 25 marzo, ha accusato il cardinale Joseph Ratzinger, l’attuale Papa Benedetto XVI, di essere intervenuto per impedire che il sacerdote Lawrence Murphy venisse processato per numerosi casi di abusi sessuali su minori. Queste affermazioni sono false. Si tratta di un’insinuazione smentita dagli stessi documenti che la sostengono. Al contrario, lontano dall’essere segno di un giornalismo responsabile, la storia raccontata dal giornale americano dimostra nei minimi dettagli che è parte di una grande campagna coordinata contro papa Benedetto XVI. Prima di analizzare la falsità sostanziale della calunnia, vale la pena prendere in considerazione le seguenti circostanze: - L’accusa del New York Times si basa su due fonti. La prima sono gli avvocati che attualmente stanno portando avanti una causa civile contro l’Arcidiocesi di Milwaukee. Jeffrey Anderson, uno dei legali, sta anche svolgendo dei processi contro la Santa Sede presso la Corte Suprema degli Stati Uniti. Quindi, in tutta questa storia Anderson ha un interesse finanziario diretto. - La seconda fonte è Rembert Weakland, arcivescovo di Milwaukee in pensione. Questo personaggio è il vescovo meno affidabile e senza ritegno di tutti gli Stati Uniti, molto conosciuto per aver gestito male, quando ancora era in carica, molti casi di abusi sessuali. Weakland è stato anche ritenuto colpevole per aver utilizzato 450mila dollari dei fondi dell’Arcidiocesi per azzittire un suo ex amante omosessuale che lo stava ricattando. Nella vicenda degli abusi sui minori da parte di padre Murphy, l’arcivescovo era il responsabile nel periodo tra il 1977 e il 1998, quando il sacerdote morì. Per molto tempo Weakland è stato amareggiato per essere caduto in disgrazia agli occhi del papa Giovanni Paolo II e del cardinale Joseph Ratzinger a causa della sua cattiva amministrazione dell’Arcidiocesi di Milwaukee, molto prima che venisse a galla la storia del pagamento del ricatto al suo amante clandestino con i soldi dei parrocchiani. L’arcivescovo Weakland, quindi, non è prima facie una fonte affidabile. - L’autrice dell’articolo del New York Times, Laurie Goodstein, ha già avuto in precedenza un legame con l’arcivescovo. L’anno scorso, subito dopo la pubblicazione della sfortunata autobiografia dell’arcivescovo, la Goodstein scrisse un peculiare e compassionevole articolo che cercava di nascondere tutte le accuse più gravi mosse contro Weakland (New York Times, 14 maggio 2009). - Lo stesso venerdì in cui il quotidiano americano pubblicava l’articolo sugli abusi, a Roma si è svolta una manifestazione. Uno potrebbe anche domandarsi come hanno fatto gli attivisti statunitensi ad essere a Roma distribuendo gli stessi documenti che quel giorno venivano citati dal New York Times. In questo caso, sembra chiaro che si tratta di una vera e proprio campagna coordinata, e non una disinteressata forma di fare giornalismo. Nonostante tutto questo, è pur sempre possibile che una cattiva fonte possa dire la verità. Ma le fonti compromesse chiaramente necessitano di un maggiore controllo. Invece di esercitare un riscontro minuzioso sulla storia, gli editori dei giornali di tutto il mondo si sono solo limitati a ripetere come un pappagallo l’articolo del New York Times. Un fatto che ci porta a un problema ancora più fondamentale: la storia non è affatto vera, come dimostrano gli stessi documenti su cui si è fondata. Il quotidiano americano ha messo a disposizione sul suo proprio sito web i documenti che dimostrerebbero il racconto. In nessuno di quei documenti viene dimostrato che il cardinale Ratzinger in persona abbia preso delle decisioni che, secondo quanto si afferma, avrebbero ostacolato il processo per abusi sessuali contro padre Murphy. Se è pur vero che le lettere sono indirizzate a Ratzinger, è altrettanto vero che le risposte provengono da un suo assistente. Ma anche lasciando da parte questo fatto, il gravamen dell’accusa – ossia che l’ufficio del cardinale Ratzinger ha impedito l’inchiesta – è totalmente falsa. I documenti infatti dimostrano che né il processo canonico né il processo penale contro padre Murphy sono stati bloccati da nessuno. In realtà, è stato solo abbandonato pochi giorni prima che padre Murphy morisse. Secondo gli stessi documenti, il cardinale Ratzinger nella vicenda non ha mai preso alcuna decisione. Siccome padre Murphy era gravemente malato e un processo canonico è un procedimento particolarmente complicato, l’arcivescovo Tarcisio Bertone – l’assistente dell’attuale Papa – suggerì di adottare tutti i mezzi possibili per rimuoverlo da ogni incarico al più presto possibile. Ripeto: l’accusa che il cardinale Ratzinger fece qualcosa di sbagliato non è dimostrata dagli stessi testi su cui si basa l’articolo. Nella documentazione, Ratzinger non prende alcuna decisione. Il suo assistente, l’arcivescovo Bertone, è d’accordo sulla necessità di svolgere un processo canonico. Quando era ormai ovvio che padre Murphy stava per morire, Bertone suggerì di togliergli quanto prima qualsiasi ministero sacerdotale. Per di più, secondo il diritto canonico vigente in quel momento, la principale responsabilità di casi di abusi sessuali ricadeva sul vescovo del luogo. Fin dal 1977, l’arcivescovo Weakland aveva la responsabilità di amministrare le punizioni a padre Murphy. Ma non ha fatto assolutamente nulla fino al 1996. E’ in quell’anno che l’ufficio del cardinale Ratzinger venne coinvolto nella faccenda. Questo dimostrerebbe quindi che il cardinale Ratzinger non fece nulla per impedire il processo locale. Secondo quanto dimostrano le sue stesse prove, il New York Times ha chiaramente raccontato male la storia. (...)
Fonte: L'Occidentale, 4 Aprile 2010
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