NIENTE SCUSE: IL DECLASSAMENTO DELL'ITALIA E' L'OVVIA CONSEGUENZA DELLA POLITICA DI MARIO MONTI
Con un governo di tecnici presuntuosi e incapaci, cos'altro potrebbero fare le agenzie di rating come Moody's se non toglierci la loro fiducia?
Autore: Caelsius Mars
Ennesimo declassamento dell'Italia, stavolta addirittura scivolata in serie B in una posizione assai più prossima alla soglia della serie C che a quella della seria A. Subito il partito trasversale delle comari in gramaglie s'è abbandonato alle solite lamentazioni da lugubri upupe, come direbbe il Foscolo, abbandonandosi all'implorante vittimismo col quale accusiamo gli altri di "essere schierati con biechi speculatori e di assumere ingiustificati, quanto interessati atteggiamenti persecutori nei nostri confronti". Ingiustificati? Persecutori? Vediamo. Dopo l'ultimo declassamento i conti pubblici sono peggiorati e di molto, l'indebitamento è cresciuto del 5%, le riforme sono rimaste sulla penna di Monti perché rese inefficaci ed edulcorate dalla destra, dal centro, dalla sinistra, dall'opposizione, dai sindacati, dalla Confindustria, dal Vaticano, dalla stampa di regime, dalle lobby, dagli economisti inesperti dell'Ue, dai piagnistei delle categorie, addirittura dalle e-mail dei cittadini. Nessun vizio o privilegio è stato eliminato, sulle province giochiamo a tombola con i numeri, i contributi pubblici a questo e quello rimangono, addirittura adesso i parlamentari si accoppiano di fatto per contrarre assicurazioni sulla vita a favore dei loro amichetti, ai quali sperano – ci siamo vicini ormai – di lasciare in regime di reversibilità, una volta schiattati, una parte consistente dei loro dorati vitalizi, cosicché il numero dei deputati diretti o prodotti dalla reversibilità da mantenere si ennuplicherà di 10, 100, 1000 volte, altro che riduzione dei costi della politica. E Monti zitto a guardare. Con la riforma delle pensioni ha eliminato due milioni di posti di lavoro per i giovani di questa e della prossima generazione, ha costretto 2 milioni di ex-pensionandi a due, tre, quattro, cinque anni di ulteriori lavori forzati, senza dire che sugli esodati lui ed i suoi hanno fatto un errore di calcolo del 500 %. Alla pseudo-riforma del lavoro, che ha schifato stampa e politici di mezzo mondo, anzi di tutto il mondo con le solite eccezioni di Repubblica, Corsera e Sole 24Ore, adesso devono mettere mano sindacati, partiti e Confindustria e lo sa il Cielo cosa ne verrà fuori. E Monti zitto. Con la Spending Review invece di eliminare sprechi e tagliare rami secchi ha fatto i soliti inconsulti tagli lineari, creando situazioni grottesche, se non fossero drammatiche, come quella della Ricerca, in cui lascia invariata la struttura e le spese incomprimibili, cioè consistenza dell'organico e stipendi, ma taglia sui costi per la conduzione degli esperimenti, cioè materiali, consumabili ed attrezzature. Ma se i ricercatori non possono sperimentare perché gli togliamo i mezzi per farlo, a cosa servono? Son soldi buttati, tanto valeva chiudere baracca e burattini e buonanotte. Adesso ci devono rimettere mano dopo essersi coperti di ridicolo agli occhi del mondo nel momento in cui condividevamo la gloria per la scoperta del bosone. Monti voleva tassare persino gli animali, cioè i loro padroni, poi qualcuno ha fatto notare la inammissibile stupidità di quella iniziativa ed ha soprasseduto. Per rilanciare l'occupazione gli si chiedeva flessibilità in uscita e l'abbassamento delle barriere d'accesso. Lui e Fornero hanno fatto il contrario. Con la disoccupazione che aumenta, con la spesa pubblica che aumenta – adesso cercano 6 miliardi per tappare il buco degli esodati, mentre i 20 miliardi di buco all'INPS lo hanno rinviato al futuro spalmandolo sui conti dei governi che verranno – con l'approvazione del Fiscal Compact che comporta un ulteriore aggravio del bilancio di 45 miliardi l'anno per i prossimi vent'anni per abbattere la metà del nostro indebitamento, una voragine che va ad aggiungersi a quella già esistente, con il Pil che crolla, senza il varo di nessuna misura per la ripresa o la crescita che dir si voglia, cioè pieni di debiti, di inefficienze e nell'impossibilità di produrre ricchezza come faremo a far fronte a tutti questi impegni, ad onorare tutti questi debiti? E' questo che si chiedono i mercati, è a questo che guardano con grande attenzione, non alle chiacchiere propagandistiche di Monti e della stampa di regime. E cosa di questa Italia dovrebbe attrarre gli investitori ed il varo di nuove iniziative industriali, tamponando l'emorragia di chiusure, di vendite - l'ultima la maison Valentino - e di delocalizzazioni in atto? Moody's rappresenta gli interessi degli investitori, che mai è stato così basso come in questo momento nei confronti dell'Italia. Monti questo lo sapeva ed ha messo le mani avanti. Ricordate le sue maliziose parole di ieri? "l'Italia ha intrapreso un percorso di guerra durissimo contro i diffusi pregiudizi, contro le eredità del debito pubblico, contro le sottovalutazioni da parte di noi stessi, contro gli effetti delle decisioni prese in passato e i vizi strutturali della nostra economia". Così si era espresso il premier messo sull'avviso della bastonata in arrivo. Se si ritengono ingiustamente penalizzati da una congiura internazionale Monti e l'Italia hanno un mezzo semplicissimo per sottrarsi all'avidità degli speculatori arabi, russi e cinesi: rinunciare alle aste dei Btp, rifiutandosi di pagare interessi del 7% sui Btp. Ma non lo possiamo fare, perché ci servono sempre nuovi prestiti per pagare i prestiti in scadenza, ed è questo che ci lega mani e piedi alla speculazione. Quindi prendersela con investitori che tutelano i propri interessi è da stupidi incapaci. Sentite invece come Moody's dà ragione della sua severa decisione: "L'Italia sperimenterà un ulteriore netto incremento dei costi di finanziamento del debito (lo spread, ndr). Le cause sono un aumento della fragilità della fiducia nel mercato, il rischio contagio da Grecia e Spagna e i segni di un'erosione degli investimenti stranieri (calati del 40% col governo Monti, altro che grande credito internazionale, ndr). In Italia anche il clima politico, specialmente con l'avvicinarsi del voto della prossima primavera, è fonte di un aumento dei rischi, anche se il taglio del rating dei bond italiani è dovuto soprattutto al deterioramento della situazione dell'economia, nonostante le misure e le riforme decise dal governo (che evidentemente non convincono e non risultano efficaci, ndr). Con il Paese in recessione (arrivata con Monti, prima si cresceva poco, ma non si recedeva, ndr), aumenta il peso dell'austerity e delle riforme sulla popolazione italiana (si riferisce alla ricetta Monti di più tasse, meno lavoro, meno consumi, ndr). Questo porta le forze politiche a frenare, in qualche modo, l'azione del governo. Quest'ultimo ha messo in campo un programma di riforme che ha davvero le potenzialità per migliorare notevolmente la crescita e le prospettive di bilancio". Si parla quindi con malcelato rammarico di potenzialità inespresse delle riforme, che se bene attuate avrebbero potuto avviare un processo di recupero di risorse e di rilancio dell'economia e dell'occupazione, del potere d'acquisto, della ricchezza e della possibilità di rientro del debito. Insomma per Moody's le parole son quelle, ma è la musica, cioè Monti, a non andare. Infatti, la relazione tecnica dell'agenzia di rating conclude che "malgrado tutte queste buone intenzioni la recessione incombe e raggiungere gli obiettivi di risanamento dei conti resta una enorme sfida, malgrado lo slittamento di due anni del pareggio di bilancio". Con un governo di presuntuosi incapaci, con politici attaccati alle loro poltrone ed ai loro privilegi, con un Paese abbandonato in balìa della recessione, cos'altro potrebbero fare i mercati se non toglierci la loro fiducia? E' quello che ha fatto Moody's: "Italy's rating Baa2, with negative outlook"; traduzione: serie B con minaccia di ulteriore retrocessione a breve. Però Monti è fiducioso, anche perché gode di "grande prestigio internazionale" ed i mercati di lui si fidano. Si vede; per questo gli chiedono un interesse che sta per raggiungere il 10% con spread oltre quota 600.
Fonte: Qelsi, 13/07/2012
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