OMELIA PER LA XXVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - B - (Mc 10,2-16)
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 4 ottobre 2009)
La prima lettura di questa domenica e il Santo Vangelo ci fanno comprendere la santità del matrimonio, così come è uscito dal Cuore di Dio. Prima di tutto, la prima lettura ci fa comprendere che il matrimonio non è una istituzione umana suscettibile di cambiamenti dettati dal volere dell’uomo, ma è di fondazione divina. Il matrimonio è stato istituito da Dio con la creazione della prima coppia, di Adamo ed Eva. Il testo della Genesi dice espressamente: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» (Gen 2,18). Inoltre dice: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 2,24). Queste parole significano che lo sposo e la sposa sono una sola cosa, sono un’unità inscindibile; esse significano inoltre che gli sposi sono tra di loro complementari: uno completa l’altra, e viceversa. Il Vangelo prosegue l’insegnamento della prima lettura. Rispondendo alle insidiose domande dei farisei, i quali cercavano di coglierlo in fallo, Gesù rispose che ai tempi di Mosè Dio permise il ripudio della moglie a causa della durezza del loro cuore, ma che all’inizio della creazione non era così. Quindi Gesù cita il brano della Genesi che abbiamo letto prima e conclude in questo modo: «Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (Mc 10,9). Sono parole molto chiare che ribadiscono che nessuna istituzione umana può sciogliere un matrimonio. A questo proposito spesso si fa molta confusione dicendo che la Sacra Rota di fatto scioglie i matrimoni. Ciò non è esatto. Né la Sacra Rota e nemmeno il Papa possono sciogliere un matrimonio. La Sacra Rota, in seguito a una accurata indagine, sulla base di testimonianze giurate, dichiara se quel matrimonio esiste o se, agli occhi di Dio, non c’è mai stato; e, in questo secondo caso non lo annulla, ma lo dichiara nullo, ovvero mai esistito. Infatti, se mancano dei requisiti che gli sposi devono avere quando si presentano davanti all’altare, quel matrimonio non esiste. Solo la morte scioglie un matrimonio validamente celebrato e, in questo caso, uno si può risposare. La famiglia è la cellula della società: se essa è malata, anche la società sarà in crisi. Ai giorni d’oggi la famiglia voluta da Dio, quella autentica, è minacciata dal divorzio e da altre forme di convivenza che si allontanano anni luce dal volere del Creatore. Per comprendere il matrimonio dobbiamo guardare alla vita di quei cristiani che si sono santificati per mezzo del vincolo coniugale. Tra questi Santi cristiani ci furono i beati Luigi Beltrame Quattrocchi e Maria Corsini, marito e moglie, lui siciliano e lei toscana, vissuti a Roma. Non è certo possibile riassumere in poche parole la loro straordinaria vicenda umana e spirituale. La loro esistenza di sposi fu un cammino di santità, un andare insieme verso Dio. Si amarono di vero cuore, mettendo Gesù al primo posto nella loro vita. Il loro segreto fu la preghiera. Ogni mattina si recavano a Messa insieme alla Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Maria Corsini ricordava che, usciti di chiesa, lo sposo le dava il “buon-giorno”, come se la giornata soltanto allora avesse il ragionevole inizio. Verso sera recitavano insieme il Santo Rosario, erano assidui all’adorazione eucaristica e la loro famiglia era consacrata al Sacro Cuore di Gesù solennemente intronizzato al posto d’onore nella sala da pranzo. Nel 1917 divennero terziari francescani e nel corso della loro vita non mancarono mai di accompagnare gli ammalati, secondo le loro possibilità, a Loreto e a Lourdes col treno dell’UNITALSI, lui come barelliere, lei come infermiera. Il loro esempio, la loro profonda vita di fede, la pratica quotidiana della preghiera in famiglia, ebbero di certo i propri effetti sui figli, che si sentirono tutti e quattro chiamati dal Signore alla vita consacrata. E ciò non senza ragione, perché «la famiglia che è aperta ai valori spirituali, che serve i fratelli nella gioia, che adempie con generosa fedeltà i suoi compiti ed è consapevole della sua quotidiana partecipazione al mistero della Croce gloriosa di Cristo, diventa il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio», come giustamente ha sostenuto il papa Giovanni Paolo II. Nel progetto di Dio il matrimonio è vocazione alla santità e offre tutti i mezzi per raggiungerla. E il segreto per vivere bene questa vocazione è dato dalla preghiera e dal saper affrontare gli inevitabili sacrifici della vita, per amore di Dio e per amore della famiglia.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 4 ottobre 2009)
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