BastaBugie n�444 del 09 marzo 2016

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PREMIO OSCAR COME MIGLIOR FILM A ''IL CASO SPOTLIGHT'' CHE DIPINGE LA CHIESA COME CORRUTTRICE
I preti pedofili purtroppo esistono, ma lo scopo del film è imbavagliare la Chiesa in un momento in cui condanna il gender
Autore: Massimo Introvigne

L'Oscar al film Spotlight, la testimonianza resa a Roma in videoconferenza dal cardinale Pell di fronte a una commissione d'inchiesta del suo Paese, l'Australia, e le dimissioni di un membro della commissione vaticana sugli abusi, una ex vittima di molestie che attacca anche Papa Francesco, hanno riportato in primo piano il tema dei preti pedofili. In quello che si legge in questi giorni ci sono una verità e tre errori.

LA VERITÀ
La verità è che la Chiesa ha avuto davvero un grave problema di pedofilia nel suo clero. Certamente è esistito, e in una certa misura esiste ancora, un negazionismo che ritiene tutti, o la grande maggioranza dei preti accusati vittima di semplici calunnie: è una posizione sbagliata, come più volte ha affermato Benedetto XVI, che fa male alla Chiesa. Papa Ratzinger non ha usato mezzi termini per denunciare la piaga dei preti pedofili: «vergogna», «scandalo», «sporcizia». Certamente Benedetto XVI, seguito poi da Papa Francesco, ha criticato le statistiche esagerate che parlano di migliaia o decine di migliaia di preti pedofili mentre sono stati nel mondo qualche centinaio. Ma, amava dire l'attuale Papa Emerito, se anche i preti pedofili fossero stati solo due sarebbero stati due di troppo, e alcuni episcopati - soprattutto in Irlanda, Australia, Stati Uniti - adottando per anni la posizione negazionista e limitandosi a trasferire da una diocesi all'altra i preti sospetti hanno arrecato alla Chiesa e alla società danni incalcolabili.
Ma questa verità - che va riaffermata, a scanso di qualunque equivoco, e che il cardinale Pell ha ammesso senza infingimenti - è presentata all'opinione pubblica, da giornalisti o disinformati o maliziosi, combinata con tre errori.

PRIMO ERRORE: È COLPA DEL CELIBATO SACERDOTALE
Questa era l'opinione anche dei giornalisti di Boston celebrati da Spotlight. Ma era un'opinione sbagliata. Ci possono essere idee diverse sull'opportunità di mantenere o meno il celibato sacerdotale. Ma da qualche decennio i sociologi che hanno studiato il problema della pedofilia, e che in maggioranza non sono neppure cattolici, si affannano a spiegare che tra pedofilia e celibato non c'è nessun rapporto. Lo dimostrano due dati difficili da confutare. Il primo non è politicamente corretto e, ci fosse la legge Scalfarotto, porterebbe direttamente di fronte al giudice chi scrive e il direttore della testata. La grande maggioranza dei preti pedofili abusa di bambini, non di bambine, e mostrava tendenze omosessuali già prima di diventare pedofili. Questo non significa affatto che tutti i sacerdoti con tendenze omosessuali siano pedofili, e neppure la maggioranza di loro. Chi protesta contro questa tesi, che è semplicemente sciocca, ha ragione. Ma io non conosco nessuno studioso che la sostenga, mentre ne conosco molti che fanno semplicemente notare che gli studi sui preti pedofili mostrano che la maggioranza di loro sono omosessuali. Se sono omosessuali, togliere il celibato e permettere loro di essere ordinati dopo essersi sposati - con una donna - non risolverebbe il problema. A meno di consentire loro di «sposarsi» con altri uomini o almeno di civilunirsi - un po' di Cirinnà non si nega a nessuno -: ma questa soluzione «avanzata» per il momento non la propone nessuno.
Il secondo dato che mostra come il celibato sacerdotale non sia tra le cause della pedofilia è che ci sono, in proporzione percentuale, più pedofili tra i maestri di scuola, gli allenatori di squadre sportive giovanili e i ministri di varie denominazioni protestanti - tutte categorie dove non esiste il celibato - che tra i preti cattolici. Ce ne sono anche di più tra i padri di famiglia. Non lo dice la Chiesa Cattolica, lo spiegano tre rapporti del John Jay College, il, maggiore istituto accademico di criminologia degli Stati Uniti.

SECONDO ERRORE: LA PEDOFILIA È STATA FAVORITA DALL'ATTEGGIAMENTO CONSERVATORE DELLA CHIESA
Anche questo è un cavallo di battaglia dei giornalisti di Boston di cui parla Spotlight: «la pedofilia è stata favorita dall'atteggiamento conservatore della Chiesa in materie come omosessualità, aborto, anticoncezionali, che ha creato un'istituzione chiusa dove i pedofili sono stati protetti». È vero esattamente il contrario. Il numero di casi di pedofilia nella Chiesa è esploso a partire dagli anni 1970, e non vale rispondere che prima i casi c'erano ma non venivano denunciati perché se il numero fosse stato così alto come alcuni sostengono - o anche solo altrettanto alto degli anni 1970 e 1980 - sarebbe stato impossibile mantenere il segreto su tutto e qualcosa o molto sarebbe trapelato. Come Benedetto XVI ha fatto notare nella sua «Lettera ai cattolici dell'Irlanda» le date non sono casuali. È stata la mentalità permissiva in tema di morale che ha portato alcuni - pochi, per fortuna - a giustificare perfino la pedofilia: cioè, è stato il progressismo. Si obietta che ci sono stati sacerdoti conservatori, come il fondatore dei Legionari di Cristo, che si sono resi colpevoli di gravissimi abusi. Ce ne sono stati sicuramente, ma non li si può trasformare in statistiche. Sempre profittando del fatto che la legge Scalfarotto non c'è ancora, sarà lecito - citando inchieste sociologiche americane - aggiungere che molti preti pedofili si sono formati in una subcultura di preti omosessuali omertosa e protettiva, quella che Papa Francesco ha chiamato «lobby gay» nella Chiesa?

TERZO ERRORE: LA CHIESA HA FATTO POCO PER COMBATTERE LA PEDOFILIA
Certamente nessuna istituzione è riuscita a eliminare completamente la pedofilia, e questo vale per tanti altri mali. Gli Stati Uniti di Obama, che in ogni consesso internazionale puntano il dito contro la Chiesa Cattolica, hanno nel loro Paese, anche escludendo dal numero i preti, percentuali di pedofili da record, talora ospitati da istituzioni dello Stato come le scuole pubbliche. Tuttavia si può dire con serena coscienza che nessuno, almeno dal pontificato di Benedetto XVI, ha fatto più della Chiesa per combattere questa piaga. Mi permetto di rinviare al libro che ho scritto con Roberto Marchesini, Pedofilia: una battaglia che la Chiesa sta vincendo (Sugarco, Milano 2014) per dati e bibliografia su come i drastici interventi di Papa Ratzinger - confermati dal suo successore, che però poco aveva da aggiungere perché l'essenziale era stato fatto da Benedetto XVI - hanno introdotto una legislazione canonica sulla pedofilia la cui severità non ha eguali in nessun Paese del mondo e hanno drasticamente ridotto il numero di casi nuovi. Arrivano a processo casi di molti anni fa, ma i casi genuinamente nuovi sono pochi, specie nei Paesi più colpiti come Stati Uniti e Irlanda, dove i vescovi applicano con particolare rigore le disposizioni vaticane.

RICORDIAMO SEMPRE LA VERITÀ
I preti pedofili purtroppo esistono, non sono un'invenzione dei nemici della Chiesa. Ma questa verità, per tragica che sia, non deve diventare un grimaldello per aprire la porta ai tre errori. Che qualcuno diffonde a piene mani con lo scopo, neppure troppo celato, di imbavagliare la Chiesa in un momento in cui parla, e dà fastidio, delle «colonizzazioni ideologiche» del gender e delle «colonizzazioni economiche» dei poteri forti e della loro «economia che uccide».

Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo sottostante dal titolo "Spotlight, un film ideologico" sottolinea che è un film a tesi che mira a dimostrare come la Chiesa sia un'istituzione corruttrice. E nel farlo, le forzature abbondano.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La nuova Bussola Quotidiana il 01-03-2016:
E l'Oscar per il miglior film 2016 va a: Il caso Spotlight. C'era da aspettarselo, vista anche l'affluenza straordinaria del pubblico in sala e l'innegabile qualità del lungometraggio. L'attenzione viene riportata a uno dei momenti più duri nella storia recente della Chiesa, quello in cui si scoprì la dimensione del crimine degli abusi sessuali nella diocesi di Boston. E da lì, a cascata, anche in tante altre città americane. Accolto bene dalla critica, anche dalla stampa cattolica, il film è una ricostruzione fedele degli eventi a cavallo fra il 2001 e il 2002. La storia dell'inchiesta giornalistica del Boston Globe che, partendo da un singolo caso sospetto, ha smascherato anche il cardinal Law, colpevole di aver coperto decine di preti colpevoli di abusi sessuali.

UNA STORIA IMPARZIALE? SICURAMENTE NO
Ma è una storia imparziale? Sicuramente no. E' un film a tesi.
Nelle recensioni, anche positive, pubblicate sulla stampa cattolica si notano le omissioni del film. Alessandro Zaccuri di Avvenire, ad esempio, constata come, al temine della pellicola, le dimissioni e il trasferimento del cardinal Law vengano descritte come una sorta di "promozione" da parte del Vaticano, mentre non la fu affatto. Leggiamo, prima dei titoli di coda, il lunghissimo elenco degli scandali sessuali nella Chiesa in tutto il mondo, ma nemmeno una parola viene spesa per la politica di "tolleranza zero", adottata dalla Chiesa statunitense dopo la conferenza di Dallas del 2003. Tantomeno si accenna alle linee guida pubblicate nel 2011 (durante il pontificato di Benedetto XVI) dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per aiutare le parrocchie a prevenire e affrontare il problema. Manca il seguito della storia, insomma. Anche di come il cardinal Sean O'Malley, con sensibilità, tenacia e metodo, abbia ricostruito la comunità cattolica di Boston dopo lo shock del 2002.

SOLO UN DETTAGLIO?
Curiosamente, come constata Luigi Amicone su Tempi, c'è anche un'altra omissione: la percentuale di abusi su minori maschi. In un dialogo buttato lì all'inizio dell'inchiesta, il film ci informa che "maschi e femmine sono entrambi vittime, indifferentemente". Invece, secondo il rapporto del John Jay College sulla pedofilia nella Chiesa negli Usa, l'81% degli abusi riguarda maschi con maschi. Forse questo dettaglio è stato omesso per non subire l'accusa di omofobia?
Più che le omissioni, però, quel che colpisce del film è la volontà esplicita di mostrare la pedofilia come un problema sistemico della Chiesa. Come se fosse la Chiesa stessa, con le sue regole, a facilitarne la diffusione. Ciò è evidente sin dai primi dialoghi con le vittime degli abusi. Come nel caso del sopravvissuto che si stupisce nel vedere ancora un parco giochi per bambini di fronte a una basilica. E' evidente anche l'insistenza con cui il direttore del Globe, Marty Baron, parli di "sistema" da scoperchiare, non solo un caso, una mela marcia, per quanto eclatante sia. Il tema è affrontato in termini scientifici nei dialoghi con lo psicoterapeuta ed ex prete Richard Sipe, vero protagonista del film anche se invisibile (si sente soltanto la sua voce, in lunghe interviste telefoniche). E' Sipe, infatti, che dà ai giornalisti del Globe la dritta, o meglio la chiave interpretativa, per scoperchiare lo scandalo.
Lo psicoterapeuta dice loro che, secondo i suoi calcoli, il 50% dei preti non rispetta il voto di castità. E questo genera "un clima generale di segretezza" nel quale i pedofili sguazzerebbero. Secondo Sipe, i pedofili sono il 6% dei preti, di tutti i preti. I redattori del team d'inchiesta Spotlight trovano 87 casi di sospetti pedofili a Boston, corrispondenti a circa il 6% dei preti della diocesi. Convalidata la tesi dell'analista, i reporter Michael Rezendes e Sacha Pfeiffer (unica donna del team investigativo), se prima erano già poco praticanti, adesso smettono definitivamente di andare a messa. Morale del film? Che tu sia credente o meno, almeno tieni la Chiesa lontana dalla portata dei bambini.

CIRCA 1 CASO ALL'ANNO IN TUTTI GLI STATI UNITI
Ma è vero quel che dice Sipe? Nel suo saggio The New Anthi-Catholicism, Philip Jenkins ci informa che lo studio di Sipe sia ampiamente deformato dalla sua area di osservazione. Lo psicoterapeuta, infatti, ha scelto il campione statistico fra sacerdoti già in cura per problemi psichiatrici o psicologici. Il 6% di pedofilia e, in generale, il 50% di violazione del voto di castità sono dunque riferiti a persone con disturbi già gravi, un tipo di popolazione in cui ci si deve attendere una più alta proporzione di problemi comportamentali. Sulla percentuale reale di casi di pedofilia, ha già scritto più volte Massimo Introvigne. [...] Non si parla affatto del 6% dei preti, ma di una media di circa 1 caso all'anno, in tutti gli Stati Uniti, in cui un prete è stato condannato per pedofilia. Né si può affermare che la Chiesa sia un ambiente particolarmente favorevole alla pedofilia, poiché il 90% degli abusi sono commessi da persone sposate, come dimostrano i dati raccolti da Jenkins.
Sicuramente anche un solo caso è uno scandalo e deve far riflettere. E' giusta la condanna, ma dipingere la Chiesa come un'istituzione corruttrice è un'altra cosa.

Titolo originale: Una verità e tre errori sulla pedofilia nella Chiesa
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 01/03/2016

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